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08/03/2024

8 marzo. Non in nostro nome

L’8 marzo è, da sempre, un giorno di festa e di orgoglio delle donne di tutto il mondo. Ma anche una giornata di lotta e mobilitazione per le donne delle periferie, le lavoratrici precarie, le studentesse e migranti che, come noi, devono lottare quotidianamente per conquistare ciò che ci spetta.

Ci troviamo, infatti, davanti a un mondo in cui vige la legge del più forte, dove chi non ha la fortuna di nascere in un contesto privilegiato è sempre più penalizzato e dove le donne e le ragazze delle periferie trovano il doppio degli ostacoli sulla loro strada verso la propria emancipazione e indipendenza economica. Nel frattempo, a destra e a manca ci appioppano esempi di donne che “ce l’hanno fatta” (ad esempio Meloni e Schlein), ma che evidentemente non ci rappresentano.

E che non potranno mai rappresentare chi deve lottare ogni giorno contro lo smantellamento del welfare (dalla sanità agli asili, dai CAV ai consultori), del sistema scolastico e universitario e di una sempre maggiore precarizzazione nel mondo del lavoro femminile che impedisce troppo spesso alle donne di raggiungere una propria autonomia e che in molti casi le costringe in situazioni di violenza.

È per questo che anche in questo 8 marzo continuiamo a portare avanti le nostre rivendicazioni e decidiamo di scioperare accanto alle studentesse e alle lavoratrici precarie e sfruttate che lottano coraggiosamente per migliori condizioni di vita e di lavoro.

Siamo infatti consapevoli che solo organizzandosi le donne e soggettività non conformi potranno riconquistare ciò che gli spetta: salario minimo e condizioni di lavoro dignitose, educazione alla sessualità e all’affettività a scuola, reddito per chi ne ha bisogno, taxi notturni pubblici e gratuiti per le ragazze dei quartieri popolari, aumento dei consultori e loro presenza in ogni scuola, contraccezione gratuita, potenziamento dei centri anti-violenza, sanità pubblica diffusa sul territorio, efficienza di servizi e trasporti, aborto libero, sicuro e gratuito, tutele da discriminazioni e violenze sul lavoro.

Quest’anno, però, l’8 marzo è per noi qualcosa di diverso. Perché in questo momento in Palestina è in atto un genocidio, a opera dello stato coloniale di Israele, che vede decine di migliaia di persone uccise, violentate, torturate e deportate dalle loro case.

Uno sterminio operato in un regime di apartheid che va avanti da 75 anni e che è accettato, con indifferenza, dalle cosiddette “democrazie” del nord del Mondo (le stesse in cui ancora si fa fatica ad arrivare a fine mese e in cui le donne vengono ammazzate ogni giorno solo per il fatto di essere tali).

Paesi in cui si cerca – anche da parte di un certo femminismo “bianco” e coloniale – di giustificare un genocidio rappresentando Israele come unico “faro di civiltà” nel “barbaro” Medioriente, fomentando l’islamofobia e operando un ipocrita pink/rainbowashing tramite la strumentalizzazione delle battaglie per la liberazione o la contro violenza sulle donne e di genere.

Un meccanismo che va di pari passo con la strumentale vittimizzazione delle donne migranti, ed in particolare mussulmane, nei nostri paesi che si ergono a liberatori e emancipatori per poi relegarle a essere la forza lavoro sottopagata (o non pagata) nell’ambito della cura e della riproduzione sociale.

La giornata internazionale delle donne sarà quindi per noi una giornata per ribadire – come stiamo facendo da qualche settimana tramite un appello pubblico – che non permetteremo che giustifichino il genocidio in Palestina “in nostro nome”. Al contrario, per noi la resistenza del popolo palestinese è un coraggioso simbolo della volontà di ribellione verso il sistema di oppressione su cui si basa la società occidentale, dentro e fuori i suoi confini, e che deve essere un esempio per tutte e tutti noi.

Per questo 8 marzo, quindi, vogliamo che le nostre lotte per la liberazione femminile e di genere siano il megafono della lotta del popolo palestinese, contro il suo sterminio da parte di Israele. E porteremo la resistenza palestinese, che da sempre ha visto come protagoniste anche le donne, per le strade dei nostri quartieri popolari, nelle scuole, nelle università, durante gli scioperi e in occasione della manifestazione chiamata da Non Una Di Meno di venerdì.

Perché non saremo libere fino a che la Palestina non sarà libera.

NON IN NOSTRO NOME! STOP AL GENOCIDIO!

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