NEW YORK - Dalle prime tende piantate a Zuccotti Park lo scorso 17
settembre sono passati poco più di tre mesi, che sul bilancio del 2011
hanno avuto però un impatto considerevole. Nato nel cuore del distretto
finanziario newyorkese per contestare il sistema politico ed economico
americano, lo spirito del movimento si è rapidamente diffuso in tutti
gli Stati Uniti, facendo esplodere la rabbia e l'insoddisfazione della
popolazione nelle grandi città e nelle piccole comunità. A spingere le
persone a riempire le piazze d'America sono state l'esasperazione
causata dall'enorme disuguaglianza economica che divide il paese, lo
sdegno per l'intromissione delle aziende sulle scelte politiche del
paese e la rabbia per aver visto i colpevoli di una crisi economica
globale devastante restare impuniti. «Questa è la fine di un lungo
processo, non solo il risultato della crisi economica», racconta al
manifesto Richard Wolff, noto economista della New School di New York e
professore emerito della University of Massachusetts, in un caffè
dietro Union Square.
«Quello che abbiamo con Occupy Wall Street
è il prodotto di almeno trenta o quaranta anni di evoluzione. Quaranta
anni fa il divario fra ricchi e poveri era molto minore negli Stati
Uniti rispetto all'Europa. Ora qua è il maggiore in assoluto. Con la
crisi del 2007 è cambiato qualcosa psicologicamente, la gente ha visto
che anche i ricchi incontravano difficoltà, un'immagine che ha
offuscato l'idea americana che con il duro lavoro tutti un giorno
potranno essere ricchi. Il sistema invece non funziona più, neanche per
i ricchi, che dopo aver detto per trent'anni di non aver bisogno del
governo ora fanno affidamento sullo Stato per salvarsi. Questo è molto
difficile da accettare per gli americani, che vedono il governo aiutare
le banche ma non la massa delle persone, e si sentono presi in giro».
Oltre a insegnare economia marxiana e a tenere un corso sulla crisi
economica, il professor Wolff è uno degli ispiratori del movimento
Occupy Wall Street, per cui ha scritto articoli e tenuto discorsi in
accampamenti in tutta America, dal Maine alla California. «Due mesi fa
ho parlato all'Università del Maine, che si trova nel villaggio di
Orono, un sobborgo di Bangor», ricorda. «Dopo lo speech siamo stati nel
centro di Bangor e c'era un accampamento di Occupy. Se in una piccola
cittadina del nord di 40.000 persone è presente il movimento allora ne
comprendi l'eco, l'interesse. Occupy Wall Street rappresenta la risposta
a quarant'anni di evoluzione, di disuguaglianza, di crollo del sogno
americano».
Il movimento si è sviluppato su internet durante
l'estate, ideato dalla rivista anticonsumista canadese Adbuster e
rilanciato dall'influente collettivo di hacker Anonymous, che hanno
incoraggiato i propri lettori ad innalzare pacifiche barricate contro
Wall Street. «Quello che è cominciato a Zuccotti Park è stato provato
almeno una volta all'anno negli ultimi venti. Ne ho fatto parte anche
io», spiega il professor Wolff. «Poi qualcuno se ne è uscito con l'idea
di montare tende a Zuccotti Park e questa volta il seme ha attecchito.
Il merito era del suolo, delle condizioni, che hanno contribuito a
produrre il successo di Zuccotti Park. Per questo motivo il movimento è
cresciuto così rapidamente, toccando in due mesi trecento città in
tutta America». Queste condizioni, spiega il professor Wolff, sono da
ricercare nel «salario reale, che è rimasto invariato dal 1978. In
trent'anni non è cambiato nulla e gli americani hanno risposto
lavorando di più, il 20% delle ore in più rispetto all'Europa, secondo i
dati dell'Ocse. Inoltre i lavoratori americani sono stati i pionieri
del debito, accumulandone più che in qualsiasi altro paese. Questa è
un'economia matura, senza crescita. Gli americani sono stati gettati
nell'acqua gelida del declino economico senza preparazione psicologica.
I ragazzi oggi non credono che riusciranno ad avere la stessa qualità
della vita dei propri genitori, ed è la prima volta nella storia
americana. Gli immigrati venivano qua per trovare una vita migliore, ma
non è più così dagli anni settanta e c'è voluto parecchio per farlo
entrare in testa agli americani, che ora sono furiosi».
Questa
rabbia ha portato all'occupazione di Zuccotti Park e di altre centinaia
di piazze. Un gruppo eterogeneo di migliaia di persone si è unito per
contestare l'avidità dell'America delle aziende, scandendo il coro "we
are the 99%". «Improvvisamente il mondo intero è stato ripensato in
termini di 1% e 99%. Il movimento è passato da un pugno di persone alla
prima pagina del New York Times e questo significa che c'è una
risposta di massa. Ogni giorno c'è un articolo sul 99%, tutti pensano
così. Il movimento sta cambiando tutto», afferma il professor Wolff,
che si dichiara un esponente della sinistra americana e ammette di
vivere il momento migliore della propria vita. «Per capire il movimento
di Occupy bisogna capire che è la prima volta in trenta o quaranta
anni che emerge una sinistra organizzata, che comincia a trovare due
cose: una buona audience, con la popolazione intenzionata ad accettarne
l'esistenza, e una forma organizzativa. Per il capitalismo in questo
paese è una combinazione molto pericolosa. Questo è Occupy Wall Street,
un movimento che mostra organizzazione, anche se è molto orgoglioso di
non essere organizzato. Questo paese ha bisogno di credere che non
esista una sinistra, che invece c'è ed è anche grande. Dal momento che
si finge che non esista, la sinistra è libera di muoversi ed è ora
nelle condizioni migliori degli ultimi 50 anni. Siamo alla fine del
declino e ora comincia la ricostruzione».
Il diffuso sostegno
popolare ottenuto dagli indignati si è però spesso scontrato con le
autorità cittadine. I manifestanti hanno puntato molto sulla forma
pacifica di questa protesta per non distogliere l'attenzione dagli
obiettivi del movimento. «Ma non sarà sempre così», incalza il
professor Wolff, «la violenza qua è iniziata dallo Stato e continuerà,
visto che il governo non ha modo di confrontarsi con le condizioni che
hanno prodotto Occupy Wall Street. L'unica arma del governo è la
repressione. Qua a New York lo sgombero è stato un atto di violenza da
parte del sindaco Michael Bloomberg. I manifestanti non creavano
problemi ma sono stati sfrattati con violenza e l'immagine che rimarrà
agli americani è quella dei bulldozer del governo che distruggevano la
biblioteca dell'accampamento. A Zuccotti Park le persone parlano
apertamente di pace e vengono attaccate dalla polizia. Ovviamente si
arrabbiano. La polizia lo sa e cerca di provocare. Oltre alla
repressione ora si cercherà di sviluppare un movimento di destra, per
indirizzare questa rabbia da qualche altra parte. Diranno che ci
proteggono dagli immigrati che vengono in particolare dall'America
Latina, come in Italia succede con albanesi e marocchini».
La
forza di Occupy Wall Street «è l'originalità, l'energia, l'entusiasmo»,
continua il professor Wolff, convinto che il movimento «stia cambiando
il panorama politico americano. Quando ho parlato a Zuccotti Park
all'inizio di ottobre non avevo mai visto nulla di simile prima.
Durante la preparazione del discorso abbiamo discusso di un megafono,
ma mi hanno detto che la polizia non li permetteva. Poi mi hanno
spiegato il microfono umano. Ero in cima agli scalini, con tutte le
persone di fronte. Se sei un professore hai sempre di fronte gli
studenti, ma il problema è la distanza fra te e loro. Dovevo dire non
più di sei o sette parole alla volta, poi la gente davanti le ripeteva, e
le parole andavano dietro, alle persone in fondo. Avevo molta più
attenzione di quanta ne avessi mai avuta prima, perché tutti si
sforzavano di sentire le parole e volevano capirne il significato,
perché avevano il compito di riferirle alle persone dietro di loro».
Durante questi tre mesi di proteste si è parlato spesso dell'impatto
che il movimento potrebbe avere sulle elezioni presidenziali del
prossimo novembre, con i democratici che avrebbero potuto cavalcare
l'entusiasmo di Occupy Wall Street. «Quando nella seconda metà di
ottobre il movimento è divenuto popolare, il partito democratico ha
mandato persone da Washington, in particolare lo speaker della Camera
Nancy Pelosi, per cercare di portare i dimostranti di Occupy con Obama,
che non ha più l'esercito di volontari di tre anni fa», rivela il
professor Wolff. «Il partito cercava persone e a Washington pensavano
di reclutare i manifestanti. Il movimento però li ha rimandati a casa,
spiegando di non essere con Obama. I tentativi sono durati per diverse
settimane, si sono incontrati con tutti i leader, ma niente. Qualcuno
tornerà con Obama, ma non troppi, e lui potrebbe anche perdere per
questo motivo». Le parole del professor Wolff fanno luce anche su uno
dei segreti di Occupy. «Ci sono leader riconosciuti», ammette, «ma
preferisco non farne i nomi. C'è una profonda diffidenza verso i
leader, è molto difficile per gli americani comprendere la leadership».
Fonte.
Forse c'è speranza per gli Stati Uniti.
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