Primo
assunto da cui partire è: non è vero che l’alta velocità porti sviluppo
in periferia. Anzi, ad arricchirsi sono i nodi ferroviari, come
dimostrano gli esempi lontani, ma simili, di Parigi e Tokyo:
In
effetti, nelle economie più sviluppate i treni ad alta velocità non
riescono a colmare i divari fra le regioni e, talvolta, li aggravano.
Migliori collegamenti rafforzano i vantaggi di una città ricca situata
nel punto centrale della rete: le ditte in regioni prosperose possono
raggiungere un’area più grande, finendo per danneggiare le prospettive
dei luoghi più poveri.
Anche in
Giappone, dove corre la linea ad alta velocità di maggior successo
commerciale, Tokyo continua a crescere più rapidamente di Osaka. Le
nuove linee ferroviarie spagnole hanno ingrossato le imprese di Madrid a
discapito di quelle di Siviglia. La tendenza in Francia è quella di
trasferire le sedi centrali a Parigi a svantaggio di altre località.
Per
non parlare del danno incalcolabile che viene portato alle zone che
vengono saltate dalla TAV in nome di una maggiore rapidità di
collegamenti:
Anche se qualche città
ne trae benefici, i restanti luoghi al di là della rete ferroviaria ne
soffrono: la velocità è raggiunta parzialmente, al costo di ridurre le
fermate, cosicché aree già ben servite dai servizi esistenti si trovano
nuove linee che le escludono. Zone della Gran Bretagna, per esempio,
temono che una nuova cerniera di ferrovia creerà città di secondo
livello fornite da un minor numero di treni più lenti.
Inoltre,
se il circolo delle merci lungo l’Alta Velocità ferroviaria potrebbe
non portare grandi vantaggi economici globali, il servizio dato ai
viaggiatori risulta in media troppo gravoso e poco concorrenziale. In
pratica, conclude l’Economist, si finisce per far viaggiare dei treni
passeggeri vuoti, pagati dalle tasche dei contribuenti e dove solo pochi
ricchi possono accedervi (per risparmiare i soldi dell’aereo). Una prospettiva non proprio edificante.
Infine,
il giornale britannico getta la maschera ed assume il viso del No Tav
più militante: la soluzione più razionale sarebbe lo sviluppo delle reti
già esistenti. E fa davvero impressione leggere argomenti – solitamente
bollati come retorica Nimby dalla stampa nostrana – in bocca da uno dei
più osannati giornali liberal mondiali:
Allo
stato attuale, per la maggior parte dei posti, i benefici marginali di
queste fantastiche conquiste dell’ingegneria, tradotti in termini di
tempi di percorrenza ridotti, vengono soppressi dai costi elevati. E i
costi di finanziamento riducono i fondi che potrebbero essere
disponibili per schemi più semplici, ma più efficienti.
L’aggiornamento
delle linee esistenti, delle reti più lente, soprattutto nei paesi più
piccoli, spesso ha maggior senso. La capacità può essere aumentata con
treni più lunghi e piattaforme estese. Alcune spaziose carrozze di prima
classe possono essere convertite in quelle più compresse di seconda
classe; una politica dei prezzi può razionare la domanda più
efficacemente nelle ore di punta. Un sistema segnaletico migliore può
aumentare la velocità media dei viaggi. I treni non ad alta velocità in
Gran Bretagna, ad esempio, sono già più veloci degli equivalenti di
molti altri paesi. Alcuni treni che attualmente viaggiano a 125 miglia
all’ora potrebbero andare più veloci se la segnaletica venisse
aggiornata – probabilmente per i politici è più allettante inaugurare un
nuovo futuristico servizio che togliere la copertura ad un nuovo
pannello di segnaletica!
Davvero una serie di argomenti su cui molti pro-Tav dovrebbero riflettere bene.
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