Il sì nordcoreano a una moratoria sul nucleare in cambio di aiuti
alimentari è stato accolto con soddisfazione, ma con molta cautela dalla
comunità internazionale. “Un modesto primo passo nella giusta
direzione”, secondo il segretario di Stato americano, Hillary Clinton. La decisione è il primo importante segno della strategia del neanche trentenne Kim Jong-un, terzogenito di Kim Jong-il,
succeduto al padre morto a dicembre. Allenta inoltre la tensione e i
timori sulla sua leadership, dandole lustro nell’anno in cui il regime
celebra il centenario della nascita di Kim Il-sung,
nonno del dittatore e fondatore dello Repubblica democratica popolare
nel 1948. “Con l’obiettivo di preservare un’atmosfera positiva nelle
relazioni tra nordcoreani e statunitensi”, si legge nel comunicato
pubblicato dall’agenzia ufficiale KNCA, il governo di
Pyongyang ha acconsentito a sospendere temporaneamente i test nucleari e
il programma di arricchimento dell’uranio; a fermare il lancio di
missili a lungo raggio e a permettere le ispezioni degli esperti
dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) nell’impianto di Nyongbyon. Osservatori come l’ex negoziatore statunitense Christopher Hill, sottolineano che l’annuncio può essere sostenuto dai militari e il ruolo sicuramente giocato da Jang Sung-taek, cognato di Kim Jong-il, indicato assieme alla moglie come reggente accanto al nuovo leader.
L’intesa è il risultato degli incontri tra i rappresentati nordcoreani e statunitensi a Pechino
lo scorso fine settimana, terza tornata dei colloqui ripresi a luglio
dell’anno scorso, che tuttavia sembravano non aver dato risultati
concreti. Secondo i patti, in cambio della moratoria gli Stati Uniti
garantiranno al regime 240mila tonnellate in aiuti
alimentari, cui in futuro si aggiungeranno ulteriori sostegni a patto
che non ci siano ripensamenti nelle posizioni del regime. I rifornimenti
saranno consegnati con cargo mensili entro l’anno prossimo e la
distribuzione sarà controllata affinché gli alimenti arrivino a chi ne
ha realmente bisogno, soprattutto donne e bambini, prime vittime della
malnutrizione cronica che affligge il Paese. Aiuti indispensabili per la
disastrata economia nordcoreana. Al punto che, ha riferito il DailyNk
– tra le fonti più attendibili per capire cosa succede a Nord del
38esimo parallelo – il governo pare intenzionato a concedere permessi ai
cittadini per uscire dal Paese e andare in Cina a trovare i parenti a
condizione che tornino con derrate alimentari entro quaranta giorni.
“L’accordo riflette l’impegno spalla a spalla di Seoul e Washington
per risolvere la questione nucleare che sembrava giunta a un punto
morto”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri sudcoreano, Cho Byung-jae.
A Sud della zona demilitarizzata, che dal 1953 taglia in due la
penisola coreana, l’annuncio è stato salutato come la “prima porta
aperta” per la ripresa dei colloqui a sei (che coinvolgono le Coree, Usa, Giappone, Russia e Cina),
disertati da Pyongyang dal 2009 dopo la decisione l’anno prima di
cacciare gli ispettori Aiea. L’opposizione liberale, che si prepara alle
parlamentari di aprile e alle presidenziali di dicembre, ha invece
accolto la decisione con la richiesta di porre fine a tensioni che
riportano alla guerra fredda e ha puntato il dito contro il governo
conservatore di Lee Myung-bak, accusato per la politica
di intransigenza portata avanti durante il suo mandato che avrebbe
vanificato gli sforzi per la riappacificazione del suo predecessore Kim Dae-jung.
Soddisfazione arriva dalla Cina e dalla Russia. “Lavoriamo affinché si
giunga a una ripresa dei colloqui a sei e per la stabilità della
penisola coreana e dell’Asia nordorientale”, ha spiegato il portavoce
del ministero degli Esteri di Pechino, Hong Lei. Di speranza di cambiamento nel clima internazionale che circonda la Corea del Nord parla invece il Global Times.
Per il tabloid nazionalista legato al Partito comunista cinese “non
esistono Paesi “completamente malvagi”, pertanto il resto del mondo deve
cercare di capire il governo di Pyongyang e instaurare normali
relazioni senza farlo sentire accerchiato. “Accogliamo con favore la
decisione”, è invece il commento di Mosca, trascorsi due giorni dalle
frasi del premier Vladimir Putin che metteva in guardia
la comunità internazionale dal provocare il regime con cui, occorre
ricordare, la Russia sta cercando di ricostruire un’asse. Più scettico
il Giappone. Sebbene si stia assistendo a un
“miglioramento graduale”, la decisione di riprende i colloqui a sei, o
anche quelli bilaterali, è ancora “prematura”, ha detto il ministro
degli Esteri nipponico, Koichiro Gemba. Dubbi condivisi
da molti analisti secondo cui le ispezioni all’impianto di Yongbyon non
escludono che anche in altre strutture si continui il processo di
arricchimento dell’uranio e ricordano come già in passato il regime
abbia disatteso gli impegni presi, schierandosi a parole a favore della
non proliferazione nucleare, ma continuando poi impunemente a effettuare
lanci missilistici.
Fonte.
Poca diplomazia e tanta, troppa fame.
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