Michael Hudson*
Sono appena ritornato da
Rimini, in Italia, dove ho sperimentato uno degli spettacoli più
sorprendenti della mia carriera accademica. Quattro associati
dell’Università del Missouri di Kansas City (Umkc) sono stati invitati a
tenere una conferenza di tre giorni sulla Teoria monetaria moderna
(Mmt), per spiegare perché oggi l’Europa ha così tanti problemi
monetari, e per mostrare che esiste un’alternativa rispetto
all’austerità imposta al 99% e che l’enorme e violento rastrellamento
della ricchezza da parte dell’1% non è una legge di natura.
Stephanie Kelton (prossima direttrice del Dipartimento di Economia dell’Umkc e redattrice del blog economico, New Economic Perspectives),
il criminologo e professore di legge Bill Black, il banchiere di
investimento Marshall Auerback oltre a me (insieme a un economista
francese, Alain Parquez) abbiamo fatto ingresso venerdì sera nel
palazzetto dello sport. Abbiamo camminato in lungo e in largo, anche
oltre nel corridoio centrale, in mezzo a un folto pubblico, la cui
presenza è stata di 2100 persone. Quando sono stati pronunciati i nostri
nomi, è stato come entrare alla serata degli Oscar. Alcuni ci ha
riferito di aver letto per intero i nostri blog economici. Stephanie ha
detto di aver capito cosa possono aver provato i Beatles. C’è stato un
applauso prolungato, e questo per un incontro intellettuale, non per un
avvenimento sportivo.
Con una differenza, ovviamente: non c’erano i
nostri avversari. Erano presenti molti rappresentanti della stampa, ma
gli euro-tecnocrati al potere (i lobbisti di banca che determinano le
politiche economiche europee) sperano che quanto meno si discuta delle
possibili alternative all’austerità, tanto più facile sarà realizzare la
loro brutale morsa finanziaria.
Tutti i membri del pubblico
avevano contribuito a racimolare i fondi per farci volare dagli Stati
Uniti (e dalla Francia per Alain) e per ospitarci al Grande Hotel di
Federico Fellini sulla spiaggia di Rimini. La conferenza è stata
organizzata dal giornalista Paolo Barnard che ha studiato la Mmt con
Randall Wray e che ha compreso come ci fosse una grande richiesta in
Italia per una discussione culturale di massa su quello che sta
determinando le condizioni di vita in Europa, e sull’emergente élite
finanziaria che spera di utilizzare questa crisi come un’opportunità per
diventare una nuova signoria finanziaria per costruire feudi, per
privatizzare i beni pubblici svenduti dai governi che non hanno una
banca centrale per finanziare i deficit, obbligati a seguire gli
obbligazionisti e gli eurocrati provenienti dal campo neoliberista.
Paolo
e il suo enorme gruppo di supporto di traduttori e collaboratori ha
fornito un’opportunità di sentire un approccio ala teoria monetaria e
fiscale che fino a poco tempo fa era praticamente ignorata negli Stati
Uniti. Solo una settimana fa il Washington Post ha pubblicato una recensione della Mmt, seguita da una lunga discussione sul Financial Times.
Ma la teoria rimane confinata principalmente al dipartimento di
economia dell’Umkc e al Levy Institute al Bard College, a cui noi siamo
in gran parte associati.
Il vettore principale della nostra
argomentazione è che i governi possono creare soldi, così come le banche
commerciali creano elettronicamente il credito sulle tastiere dei loro
computer (creando un credito su un conto corrente dei mutuatari per
ricevere in cambio le rate di pagamento e gli interessi). Non c’è alcun
bisogno di prendere in prestito dalle banche, dato che le tastiere dei
computer possono offrire la creazione di credito pressoché gratuito per
finanziare la spesa.
La differenza, chiaramente, è che i governi
spendono i fondi (almeno in linea di principio) per promuovere la
crescita a lungo termine e il lavoro, per investire nelle infrastrutture
pubbliche, per la ricerca e sviluppo, per fornire le cure sanitarie e
altre funzioni economiche basilari. Le banche hanno una necessità
temporale più a breve termine. Prestano fondi in cambio di collaterali.
Circa l’80 per cento dei prestiti delle banche sono mutui per l’acquisto
di beni immobili. Gli altri prestiti sono fatti per finanziare
investimenti a leva e per rilevamenti societari. Ma la gran parte dei
nuovi investimenti in capitale fisso da parte delle grandi aziende viene
finanziato con i profitti già incamerati.
Sfortunatamente, il
flusso degli introiti viene ora sempre più deviato dal settore
finanziario, non solo per pagare gli interessi e le penali alle banche,
ma anche gli acquisti di azioni per sostenerne le quotazioni, per
rivalutare anche le stock option che vengono elargite ai direttori delle
società finanziarizzate. Per quanto riguarda la borsa – che gli esempi
da manuale ancora descrivono come la raccolta dei fondi per i nuovi
investimenti di capitale – è stata trasformata in un veicolo per
rilevare aziende a credito (ad esempio, con obbligazioni spazzatura che
hanno alti tassi di interesse) e per sostenere la ricchezza con il
debito. Visto che i pagamenti per gli pagamenti sono deducibili dalle
imposte – come se fossero un costo necessario per fare impresa -, le
imposte versate dalle grandi aziende subiscono un abbattimento. E quello
che viene raccolto dagli esattori delle tasse viene messo a
disposizione per pagare i banchieri e gli obbligazionisti che si fanno
ricchi appesantendo l’economia con il debito.
Benvenuti
nell’economia post-industriale finanziarizzata. Il capitalismo
industriale è passato attraverso una serie di fasi di capitalismo
finanziario, dall’Economia delle Bolle alla fase del Negative Equity, al
periodo dei sequestri degli immobili per ipoteca, allo sgonfiamento del
debito, all’austerità, e a quello che in Europa sembra essere uno
schiavismo del debito, soprattutto per i paesi PIIGS, Portogallo,
Irlanda, Italia, Grecia e Spagna. (I paesi baltici di Lettonia, Estonia e
Lituania sono già talmente gravati dal debito che le loro popolazioni
stanno emigrando per trovare lavoro e per evitare di affogare nei mutui
per l’acquisto di immobili. Lo stesso è successo all’Islanda da quando i
sotterfugi bancari provocarono il suo collasso nel 2008.)
Perché
gli economisti non descrivono questo fenomeno? La risposta è data da una
combinazione di ideologia politica e di analisi fatta con i paraocchi.
Appena terminata la conferenza di Rimini nella sera di domenica, ad
esempio l’articolo di lunedì 27 febbraio del Times a firma di Paul
Krugman, “What Ails Europe?” (Cosa addolora l’Europa?, ndt) ha valutato i
problemi dell’euro sono nell’inabilità dei vari paesi di poter
svalutare le proprie monete. Ha giustamente criticato la linea del
partito Repubblicano, che attribuisce la colpa dei problemi
dell’eurozona alla spesa sociale, dando poi la colpa di tutto ai deficit
di bilancio.
Quello di cui non ha parlato è la camicia di forza
della Banca Centrale Europea incapace di monetizzare il passivo, e ciò è
dovuto da una politica economica fallimentare scritta nella
Costituzione dell’Ue.
“Se le nazioni periferiche avessero ancora
una propria valuta, potrebbero e utilizzerebbero la svalutazione per
ripristinare rapidamente la competitività. Ma non lo fanno, e ciò
significa che dovranno subire un lungo periodo di disoccupazione di
massa e una flessione lenta e continua. Le loro crisi debitorie sono
principalmente un sottoprodotto di questa infausta prospettiva, perché
le economie depresse portano a deficit di bilancio e una flessione
aumenta il peso del debito”.
Il deprezzamento abbasserebbe il
costo del lavoro e aumenterebbe il prezzo delle merci importate.
L’ammontare del debito denominato in valuta straniera salirebbe di pari
passo con la svalutazione, creando problemi a meno che il governo non
vari una legge per ridenominare tutti i debiti in valuta nazionale. Ciò
sarebbe in linea con la Prima Direttiva del finanziamento
internazionale: un debito sempre denominato nella propria valuta, come
fanno gli Stati Uniti.
Nel 1933 Franklin Roosevelt annullò la Gold
Clause nei contratti di prestito statunitensi, che permetteva alle
banche e agli altri creditori di essere pagati nel valore equivalente in
oro. Ma, con la sua solita impostazione neoclassica, Krugman ignora il
problema del debito: “Le nazioni colpite, in particolare, hanno a
disposizione solo cattive scelte: o soffrono le conseguenze della
deflazione o decidono drasticamente di uscire dall’euro, e non è
politicamente fattibile a meno che non falliscano (un punto a cui la
Grecia sembra avvicinarsi). La Germania potrebbe collaborare, invertendo
le sue politiche di austerità e accettando un’inflazione più alta, ma
non è di questo avviso”.
Ma uscire dall’euro non è sufficiente per
evitare l’austerità, i mancati pagamenti dei mutui e la deflazione del
debito se la nazione che esce conserva ancora le politiche neoliberiste
che affliggono l’euro. Supponiamo che l’economia post-euro abbia una
banca centrale che si rifiuti ancora di finanziare i passivi di
bilancio, costringendo il governo a prendere in prestito dalle banche
commerciali e dagli obbligazionisti. Supponiamo che il governo decida di
dover intervenire sul bilancio invece che potenziare l’economia con la
spesa per incrementare la crescita.
Supponiamo che il governo
tagli la spesa sociale, o che salvi le banche per le loro perdite, o che
inserisca nei propri bilanci le scommesse azzardate delle banche, come
successo in Irlanda. Oppure, cosa accadrebbe se i governi non
depennassero i mutui da pagare per gli immobili o altri debiti che le
persone non sono in grado di rimborsare, proprio come avvenuto in
Islanda? Il risultato sarà ancora una deflazione del debito, la confisca
delle proprietà, la disoccupazione, e un’ondata crescente di
emigrazione in parallelo alla contrazione dell’economia e delle
opportunità di lavoro.
Quindi, qual è l’aspetto fondamentale? È
avere una banca centrale che opera nel modo per cui sono state fondate:
per monetizzare il passivo di bilancio e per spendere fondi
nell’economia, nel modo adatto a promuovere la crescita economica e la
piena occupazione.
Questo era il messaggio della Mmt per cui
cinque di noi sono stati invitati a Rimini. Alcuni partecipanti ci hanno
spiegato di essere venuti dalla Spagna, altri dalla Francia e dalle
città di tutta Italia. E, anche se abbiamo rilasciato molte interviste
ai giornali, alla radio e alle televisioni, ci hanno detto che i media
più diffusi ci hanno ignorato perché non siamo politicamente corretti.
Questo
è lo spirito censorio dell’austerità monetaria neoliberista. Il suo
motto è Tina: “There Is No Alternative” per mantenere le cose così come
stanno. Fino a che riusciranno a reprimere le discussioni sulle migliori
alternative esistenti, hanno la speranza è che il pubblico rimanga
acquiescente anche se il tenore di vita peggiora e la ricchezza viene
risucchiata dalla vetta piramidale dell’’ per cento.
Il pubblico
ha chiesto soprattutto chiarimenti teorici da Stephanie Kelton, che ha
tenuto la conferenza di argomento economico più chiara che abbia mai
ascoltato, una presentazione euclidea della logica della Mmt. Qui c’è un video della grandezza dell’evento. Alla fine, ci siamo sentiti come star di un concerto.
La
quantità di pubblico che ha riempito il palasport per sentire le nostra
spiegazioni economiche su come dovrebbe funzionare una banca centrale
per evitare l’austerità e per promuovere, invece che per scoraggiare, il
lavoro, ha mostrato che il tentativo del governo di fare il lavaggio
del cervello alla popolazione non sta funzionando. Non sta funzionando
così come è successo alla classe Economics 101 di Harvard, da cui gli
studenti sono usciti per protesta contro la proposta di universo
parallelo irrealistico, che descrive l’economia escludendo l’analisi del
debito, i benefici dei benestanti e il parassitismo finanziario.
*Michael Hudson,
ex analista finanziario di Wall Street, ricercatore e professore
emerito di Economia presso l’Università del Missouri di Kansas City
(Umkc), autore di vari saggi tra cui “Super-Imperialism: The Economic
Strategy of American Empire”, consigliere economico di vari governi
(Islanda, Lettonia e Cina) in materia di finanza e diritto tributario.
Fonte.
Nessun commento:
Posta un commento