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04/05/2018

“Proteggere, potenziare, difendere”. Linguaggio da guerra nel nuovo bilancio europeo

La Commissione europea ha approntato il bilancio comunitario per il periodo 2021-2027. Uno dei problemi a cui mettere una toppa è quello di conciliare il buco nei contributi degli stati aderenti alla Ue apertosi con la Brexit della Gran Bretagna e con le maggiori risorse da stornare sulle nuove priorità strategiche come le spese militari. Già lo “spirito” di questo documento di bilancio segnala un cambiamento di linguaggio e di obiettivi. Secondo la Commissione Europea questo bilancio serve a costruire una “Europa che protegga, potenzi e difenda”, insomma funzionale ad una fortezza europea in qualche modo “minacciata”. Altro che la priorità della “coesione” dei tempi passati. E’ il segno dei tempi, il segno che la competizione globale e le tensioni internazionali conformano ormai la destinazione delle risorse sui capitoli funzionali a combattere su questo fronte piuttosto che sulla coesione sociale nei paesi membri.

Bruxelles prevede un bilancio 1.279 miliardi di euro, corrispondenti all’1,11% del Pil complessivo dei 27 paesi aderenti all’Unione Europea, una cifra in aumento rispetto ai 1.087 miliardi dell’attuale quadro di bilancio pluriennale.

Per il dopo Brexit, il piano di Bruxelles prevede più fondi per l’emergenza migranti, per le spese militari, per la ricerca e per il passepartout ideologico noto come “Erasmus”. In compenso sono previsti tagli ai fondi per le politiche agricole e di coesione sociale.

Le proposte di bilancio della Commissione europea andranno lette nel dettaglio. Ma ci sono un paio di elementi ideologici, potremo dire quasi costituenti, che andranno a caratterizzare la nuova fase dell’Unione Europea. Si parla di un “un rafforzamento del legame fra il bilancio e lo Stato di diritto” come di una sorta di “conditio sine qua non per l’esecuzione efficace del bilancio” attraverso “un nuovo meccanismo di tutela dai rischi finanziari legati a carenze dello Stato di diritto”, e sarà un meccanismo “generale, e non rivolto a un singolo Stato membro”.

Relativamente ai soli paesi aderenti all’eurozona, pur non accettando l’idea francese di dotarla di un proprio bilancio, la Commissione propone di stanziare 55 miliardi per affrontare eventuali crisi economiche.

I tagli di spesa più significativi riguardano la riduzione di circa il 5% ai fondi di Coesione sociale e alla Pac, la Politica Agricola Comune dell’Unione. La Commissione propone poi di ridurre di oltre un terzo il numero dei programmi sociali (passando dai 58 attuali a 37 in futuro) razionalizzando profondamente l’uso degli strumenti finanziari. I fondi verranno invece incrementati per l’emergenza migranti.

La proposta di bilancio prevede un aumento da 13 a 33 miliardi di euro delle risorse per i migranti con premi agli Stati che mostrano maggiore solidarietà nell’accoglienza. Colpisce anche la visibile asimmetria degli incrementi di spesa: saranno raddoppiati i fondi per il programma Erasmus (che erano scesi a poco più di un miliardo di euro), incrementati dell’1,6% gli stanziamenti per il digitale e la ricerca, ma saliranno di ben 40% le risorse destinate alla spesa militare e agli apparati coercitivi. Per la difesa è previsto un esborso complessivo di circa 20 miliardi. Ma secondo altre fonti, il capitolo della difesa sembra più pesante di quanto appaia. “Attualmente le questioni militari restano appannaggio dei singoli stati e l’Unione vi dedica solo pochi euro, ma la Commissione vorrebbe stanziare oltre 27 miliardi per la creazione di una difesa comune” scrive l’esperto militare francese Bernard Guetta.

Per avere un’idea di come siano cambiate le poste del bilancio europeo dal Trattato di Maastricht a oggi, possiamo vedere come dal 1991 al 2021 la politica agricola sia passata dal 55% a meno del 30% del bilancio, le nuove politiche invece dal 15% al 35%, mentre i fondi per la coesione regionale (sostanzialmente le spese sociali tese a ridurre gli squilibri nello sviluppo tra i vari paesi), che erano cresciuti dal 21% al 36% adesso tornano sotto il 30%.

Possiamo ormai affermare che l’Europa progressiva è definitivamente morta e sepolta e che l’Unione Europea stia diventando qualcosa di più inquietante di una gabbia.

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