I rapporti tra il governo yemenita riconosciuto internazionalmente e
gli Emirati Arabi Uniti (Eau) si fanno sempre più tesi. Emblematico
quanto è accaduto ieri nell’isola yemenita di Socotra (a est del Crono d’Africa, nel mar Arabico) dove la popolazione ha protestato contro il dispiegamento di 4 jet militari e di più di 100 truppe emiratine.
Secondo quanto hanno riferito fonti locali, i caccia di Abu Dhabi
sarebbero arrivati nell’isola due giorni fa nel tentativo di intimidire
gli ufficiali governativi (il vice premier Ahmed bin Daghr e 10
ministri) in visita nell’arcipelago. La militarizzazione decisa dagli Emirati ha mandato su tutte le furie i residenti:
video che circolano sui social network mostrano i manifestanti cantare
cori in sostegno di uno Yemen unificato sotto la guida del presidente in
esilio Hadi e inveire contro la presenza emiratina. Una presenza sempre più malvista dai locali soprattutto
dopo che le forze di Abu Dhabi hanno recentemente espulso i soldati
yemeniti assegnati a proteggere l’aeroporto dell’isola.
Il clima teso di Socotra mostra come gli Emirati arabi stiano
sempre più approfittando del vuoto politico e del fallimento saudita
nella loro guerra contro i ribelli sciiti houthi per aumentare la loro
influenza nell’area meridionale del Paese. A poco a poco,
infatti, l’Eau ha deviato dall’agenda politica della coalizione guidata
da Riyadh e ha incominciato a finanziare e addestrare una rete di
milizie che rispondono solo al suo comando. Non solo: ha creato prigioni
e sostenuto apertamente i separatisti yemeniti del sud in chiaro
contrasto con il governo Hadi che, teoricamente, dovrebbero sostenere in
chiave anti-houthi. Questo protagonismo di Abu Dhabi è evidente da tempo anche a Socotra:
a inizio anno il ministro al turismo yemenita aveva denunciato i
tentativi emiratini di convincere gli abitanti dell’isola (circa 60.000)
a votare per un “referendum per l’autodeterminazione”.
L’obiettivo degli Emirati è chiaro: consolidare il potere nel
sud dello Yemen e rappresentarsi come il collegamento tra est e ovest.
Per fare ciò è molto importante che Abu Dhabi controlli il commercio
che va dal Canale di Suez e quello dello Stretto di Bab al-Mandeb. Da
qui l’importanza di avere il pieno controllo della strategica isola di
Socotra, situata nel bel mezzo del mar Arabico.
Le tensioni a sud giungono nelle stesse ore in cui alcuni ufficiali dell’amministrazione statunitense hanno affermato al New York Times che un team d’élite di soldati americani (i Berretti Verdi) è
stato dispiegato al confine tra Arabia Saudita e Yemen per “aiutare
[Riyadh] a localizzare e distruggere i siti e missili degli houthi”.
La loro missione, hanno aggiunto, comprenderebbe anche l’addestramento
di truppe saudite nella difesa dei suoi confini dopo che recentemente si
è registrato un aumento degli attacchi da parte dei ribelli sciiti. Il New York Times
scrive che al momento “gli houthi non pongono alcuna minaccia agli Usa”
e riporta un breve commento del Pentagono secondo cui l’operazione
americana include “sostegno limitato non da combattimento e condivisione
di intelligence”. Qualunque sia il ruolo dei Berretti Verdi, quel che
però appare evidente, a oltre 3 anni di distanza dall’inizio della
guerra, è l’incapacità saudita di porre fine al controllo houthi
nelle aree a nord del Paese e, va da sé, alle minacce che questa
presenza rappresenta per il suo territorio.
Si fa intanto sempre più drammatica la situazione umanitaria. Uno studio pubblicato ieri su The Lancet Global Health Journal ha lanciato l’allarme: la stagione di piogge potrebbe causare una nuova ondata di colera nel Paese.
Secondo lo scienziato Anton Camacho, il rischio che ciò possa accadere è
“alto” e perciò bisogna agire “immediatamente”. Tra le misure suggerite
dagli scienziati per ridurre le possibilità di un ritorno della
malattia infettiva, che ha già causato finora oltre 2.000 morti, vi sono
le vaccinazioni, la distribuzione di materiale per disinfettare le
acque e la riparazione delle infrastrutture sanitarie.
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