Prove di di nuovo “asse Roma-Berlino”, stavolta passando anche per Vienna (che 80 anni fa aveva subito l’anschluss da parte dei cugini nazisti del nord). E’ un asse ancora più miserabile del precedente, che ambiva a dominare l’Europa e il Mediterraneo, mentre qui ci si limita a voler tenere “protette le frontiere” da migranti e profughi.
A Innsbruck si sono visti i tre ministri dell’interno, rappresentanti delle destre nei rispettivi paesi: il già noto alle cronache Matteo Salvini, il collega austriaco Herbert Kickl e quello tedesco Horst Seehofer, presidente della Csu e per qualche settimana stampella traballante del governo Merkel.
Visti gli orientamenti “ideali” dei tre non era difficile prevedere cosa ne sarebbe venuto fuori: «Con i colleghi di Austria e Germania – ha spiegato Salvini al termine dell’incontro – abbiamo affrontato il grande problema degli arrivi: se si riducono questi si risolvono anche i problemi minori interni tra le nazioni e non ci sarà alcun problema alle frontiere. Meno migranti, meno sbarchi e meno morti».
Sembra un ragionamento ragionieristico, e lo è, nello stile di Auschwitz: la contabilità dei morti viene infatti ridotta nel bilancio europeo solo perché viene aumentata al di là del mare, nei lager libici gestiti da qualche fazione che ha stretto precari accordi con l’Italia al tempo di Marco Minniti.
Ed è proprio ai complici di Tripoli che si rivolge il vicepremier italico: «Chiederemo sostegno alle autorità libiche, dare a Tripoli il diritto ai rimpatri e la redistribuzione delle quote degli arrivi. Chiederemo alle missioni internazionali di non usare l’Italia come unico punto d’arrivo e il sostegno nelle operazioni di soccorso, protezione e riaccompagnamento di migliaia di clandestini nei luoghi di partenza. Credo quindi che questo nucleo di amicizia e di intervento serio concreto ed efficiente di Italia, Germania ed Austria, possa essere un nucleo che darà un impulso positivo a tutta Europa per riconoscere il diritto di asilo a quella minoranza di donne e bambini che fuggono dalle guerre ed evitare l’arrivo e la morte di decine di migliaia di persone che non scappano da nessuna guerra».
In questa dichiarazione le notizie rilevanti sono molte.
a) Si vuol fare delle fazioni di Tripoli (oltretutto in difficoltà militare sul terreno di fronte all’avanzata delle fazioni di Bengasi del generale Haftar) il vero “hotspot europeo” che seleziona tra i migranti quelli meritevoli di essere considerati “profughi” e quello che vanno ributtati indietro. Tra l’altro lo stesso Salvini, nel suo orgiastico uso dei social, ha mostrato di non sapere neanche quali siano i paesi in cui è attualmente in corso una guerra (vedi foto), quindi ci si debbono attendere parecchi “errori” sia da parte libica che italiana.
b) La redistribuzione in tutti i porti europei sul Mediterraneo dei naufraghi raccolti dalle navi delle missioni internazionali; una richiesta polemica con Spagna e Francia, mentre sembra sfuggire al prode ministro che i suoi alleati tedesco e austriaco non hanno alcun porto in questo mare. Dunque, possono sottoscrivere senza problemi...
c) Questo “asse” si propone di re-indirizzare le politiche europee sui flussi migratori, e comunque di agire in ogni caso secondo i propri criteri.
Erano anni, infatti, che non si sentiva la definizione di “coalizione di volenterosi” – lo slogan usato da Bush minore per indicare i servi disposti a bombardare l’Iraq a inizio millennio – ma è improvvisamente rinata nelle parole dell’austriaco Kickl: «questo asse di volenterosi può prendere iniziative, ma è l’intera Unione Europea che deve intervenire».
Vedremo oggi cosa deciderà il vertice dei 27 ministri dell’interno, ma è evidente che se la Germania adotta questa impostazione, ben difficilmente gli altri paesi potranno mettersi di traverso, visto che “los tres volenterosos caballeros” si aggiungono – con ben altro peso – al già puzzolente “gruppo di Visegrad”.
Una prima conclusione, però, si può già trarre: l’Unione Europea considera “normale” e serenamente discutibile questa agenda politica sui flussi migratori. Dunque, il razzismo entra ufficialmente tra i “valori” ammessi. Un colpo di maglio alla credibilità della Ue come “alfiere dei diritti umani” – in nome dei quali sono state condotte un discreto numero di guerre in giro per il mondo – e quindi a tutti coloro che la considerano un “argine contro populismi e nazionalismi”. E’ una notizia da registrare, ci sembra: i “populismi reazionari”, in questa Ue, ci stanno benissimo, al punto da volerne dettare la linea (solo sui migranti, per carità, che sui temi economico-finanziari le multinazionali si incazzano facilmente...).
Una riprova empirica? Eccola, proprio di oggi.
Un profugo afgano, richiedente asilo in Germina, si è suicidato dopo essersi visto respingere la domanda perché l’Afghanistan – in cui sono presenti ancora truppe tedesche nell’Isaf – viene considerato ora un “paese sicuro”.
Diversi parlamentari della sinistra tedesca hanno accusato direttamente il falco bavarese Seehofer, autore delle direttive che hanno reso molto più difficile l’accoglimento delle domande d’asilo. E lui, come un passacarte italiano d’altri tempi, si è limitato a rispondere – alla maniera del miglior Caparezza – «Non è colpa mia».
Non sono Stato, io. Solo una filiera di un potere intangibile...
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