La “normalizzazione” della Libia dopo la brutale deposizione di Gheddafi appare ancora lontana. Cresce infatti la tensione riguardo alle elezioni che dovrebbero tenersi entro la fine dell’anno in un paese spaccato tra il governo di Tripoli, riconosciuto dalla comunità internazionale, e le autorità di Tobruk capeggiate dal generale Khalifa Haftar.
I tentativi di garantire “una base costituzionale entro il 16 settembre” alle elezioni da tenere “entro il 10 dicembre”, come concordato a Parigi, non hanno fatto alcun passo in avanti. E in Libia torna a manifestarsi il sentimento anti-italiano che ha preso spunto dalle dichiarazioni dell’ambasciatore Giuseppe Perrone rilasciate nei giorni scorsi all’emittente Libya Channel.
In una lunga intervista l’ambasciatore italiano ha ribadito la posizione favorevole dell’Italia a tenere le elezioni, ma solo con “le necessarie condizioni”, ossia una “solida base costituzionale e appropriate condizioni di sicurezza”, in modo che le presidenziali “possano portare riconciliazione e stabilità” e non moltiplicare i governi nel Paese. Dichiarazioni che però sono state interpretate come se Perrone chiedesse “con insistenza il rinvio delle elezioni”, o almeno così si legge nel documento pubblicato ieri dal Comitato affari esteri del parlamento di Tobruk, in cui si arriva a dichiarare il capo missione italiano persona non grata.
Secondo fonti qualificate sentite dall’agenzia Askanews (l’unica che sta seguendo con continuità la situazione libica, ndr) di fatto questo documento sarebbe stato redatto dal singolo presidente del Comitato esteri, senza alcun dibattito o pronunciamento dello stesso Comitato. Una forzatura che può essere spiegata tenendo presente che quando ci si avvicina alle elezioni i toni si fanno più accesi e, come confermano le fonti, il sentimento anti-italiano torna utile per aizzare le folle. Il riferimento è anche alle recenti proteste, presentate da alcuni come anti-italiane, ma di fatto scatenate dalla carenza dei servizi essenziali patita dalla popolazione, come l’elettricità.
Il portavoce di Haftar, Ahmed Mismari, ha addirittura chiesto aiuto alla Russia perchè intervenga in Libia per rimuovere “dall’arena libica Turchia, Qatar e in particolare l’Italia”, dal momento che se “la Francia vuole tenere le elezioni (entro l’anno), l’Italia si è detta contraria... noi concordiamo con la Francia: vogliamo tenere le elezioni quest’anno”. Fino ad oggi Mosca, attraverso il capo del gruppo di contatto per la Libia, Lev Dengov, ha detto di non voler indicare “tempi precisi” per le elezioni, sottolineando la necessità che “il popolo libico sia pronto al voto” e che “non c’è ancora una Costituzione e non è stato indetto un referendum”.
La “Dichiarazione politica” letta al vertice di Parigi (non firmata da Haftar, dal premier del governo di Tripoli, Fayez al Sarraj, dal presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aquila Saleh, o da quello dell’Alto Consiglio di Stato di Tripoli, Khalid al-Mishri) prevedeva di garantire “una base costituzionale entro il 16 settembre” e di “tenere elezioni parlamentari e presidenziali il 10 dicembre”.
Di fatto alla fine di luglio il parlamento di Tobruk non ha votato, dopo due giornate di lavori, la legge necessaria per tenere un referendum sulla bozza di Costituzione approvata nel 2017 dall’assemblea costituente. Il voto è stato rinviato di due settimane. Qualora venisse approvata la legge, si dovrebbe quindi tenere il referendum, dall’esito non scontato, e approvare comunque una legge elettorale.
In attesa di vedere se l’assemblea di Tobruk riuscirà ad approvare a breve la legge, il portavoce del governo di Sarraj, Mohamed El Sallak, ha sottolineato che il processo politico e la data delle elezioni sono una questione su cui sono chiamati a decidere solo i libici. Rispondendo ieri alla stampa proprio sul dibattito, soprattutto social, sulla posizione italiana, Sallak ha sottolineato che spetta agli esponenti libici che si sono impegnati a Parigi rispettare i propri impegni e decidere i tempi elettorali. Perchè solo “le parti che erano a Parigi hanno gli strumenti e le procedure per attivare l’accordo che porta alle elezioni”, ha concluso, citato dal Libya Herald.
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