L’11 settembre del 1973 veniva realizzato il colpo di stato contro il governo di unità popolare in Cile. Il presidente Allende e migliaia di cileni furono uccisi, migliaia detenuti, centinaia desaparidos. Un articolo di Atilio Boron ricorda quell’avvenimento.
Giorni fa, il 4 Settembre, per essere più precisi, sono trascorsi 48 anni dal trionfo di Salvador Allende nelle elezioni presidenziali del Cile del 1970. Con il passare degli anni si comprova, con dolore, che la sua figura non ha raccolto la valorizzazione che merita persino in alcuni settori della sinistra, dentro e fuori dal Cile. Invece di onorare la figura del presidente-martire e la sua opera molti si sono piegati irreversibilmente alle critiche che il consenso neoliberista dominante ha formulato contro la sua gestione, senza offrire un’analisi alternativa che tenesse in conto le difficilissime, estremamente avverse condizioni che hanno circondato il suo accesso a La Moneda e tutto il suo lavoro di governo. L’avvento della “democrazia a bassa intensità” nel Cile post-Pinochet – prodotto di una sopravvalutata transizione i cui limiti economici, sociali e politici sono oggi evidenti – ha corretto solo in parte la sottovalutazione che avevano subito la figura di Allende e il governo de ll’Unidad Popular. Ciò nonostante, dopo quasi trent’anni di una deludente transizione che ha accentuato le diseguaglianze della società cilena e la sua dipendenza esterna, le cose cominciano a cambiare e, fortunatamente, si notano numerosi tentativi di rivalorizzare la sua fertile eredità.
Si tratta di un atto di stretta giustizia perché, come abbiamo detto in più di un’occasione, Allende è stato il precursore del “ciclo di sinistra” che ha smosso l’America Latina (e il sistema interamericano) dalle fondamenta a partire dalla fine del secolo scorso. Le esperienze vissute in Venezuela con Hugo Chávez, in Ecuador con Rafael Correa, in Bolivia con Evo Morales dove sono state recuperate le risorse naturali hanno nel governo di Allende un luminoso precedente con la nazionalizzazione delle grandi miniere di rame in mano agli oligopoli nordamericani, la nazionalizzazione della banca, l’esproprio dei principali conglomerati industriali e la riforma agraria. Tenendo conto delle condizioni di quel tempo, inizio anni '70, quello che ha fatto il governo dell’UP è stata una vera grande impresa in un paese circondato da dittature di destra e attaccato con furia dagli Stati Uniti.
Di stretta giustizia, dicevamo, perché Allende è stato un uomo straordinario di Nuestra America. Un socialista senza rinunce, un anti imperialista senza concessioni, un latino-americanista esemplare. Quando Cuba soffriva di un isolamento quasi completo e il Che iniziava la sua ultima campagna in Bolivia, Allende ha assunto nientepopodimeno che la presidenza dell’Organizzazione Latinoamericana di Solidarietà (OLAS) per appoggiare l’isola ribelle e il Comandante Eroico. Era allora Senatore per il suo partito, e già allora furono molte le voci che si levarono per rimproverargli il suo incondizionato appoggio all’isola caraibica e all’insorgenza che fioriva non solo in Bolivia per mano del Che ma anche in quasi tutta l’America Latina. Io vivevo in Cile in quegli anni e sono stato testimone della campagna di diffamazioni, aggressioni, insulti e derisione che si è scaricata contro di lui. Il giornale El Mercurio, una delle espressioni più indegne del giornalismo latinoamericano – in realtà, non è giornalismo ma propaganda e nient’altro – lo attaccava tutti i giorni sulle sue pagine politiche e sui suoi editoriali, invariabilmente accompagnati da una caricatura che riproduceva il leader socialista nella carta del re di picche che nella metà superiore impugnava un mitra e in quella inferiore la campana simbolo del Senato. Il messaggio era chiarissimo: Allende non era altro che un guerrigliero castrista che si era travestito da agnello democratico e che dalla sua posizione nel Senato ingannava cilene e cileni.
Questa era pure la diagnosi della CIA, che capì presto il pericolo che la sua figura rappresentava per gli interessi degli Stati Uniti. Già nella campagna presidenziale del 1964 l’agenzia aveva mobilitato grandi risorse per impedire il possibile trionfo della coalizione di sinistra che lo presentava per la carica. Documenti recentemente declassificati dimostrano che furono destinati a tali fini 2,6 milioni di dollari per finanziare la campagna di Eduardo Frei, paladino della Democrazia Cristiana e la sfortunata “Revolución en Libertad” che si proponeva come l’alternativa alla Rivoluzione Cubana. E altri 3 milioni per finanziare una campagna di terrore in cui la figura del dirigente socialista era presentata come quella di un mostro che avrebbe mandato i bambini cileni a studiare a Cuba, nell’URSS e accuse di questo genere. In totale, circa 45 milioni di dollari se li contiamo in valore attuale[1]
Da quanto sopra detto, emergono con chiarezza cristallina le ragioni per cui Washington si oppose dalla stessa notte del 4 Settembre 1970 alla possibilità che Allende assumesse la presidenza della repubblica. Aveva trionfato nell’elezione popolare, ma poiché non aveva raggiunto la maggioranza assoluta, aveva bisogno della ratifica, come presidente, del voto del Congresso Plenario. La sua vittoria era un risultato inaccettabile in piena contro offensiva imperiale, e il denaro investito per impedire l’avvento di Allende a La Moneda è stato molto di più di quello canalizzato per l’elezione precedente, anche se ancora non è unanime il consenso circa la cifra esatta. Gli Stati Uniti si avviavano a una sconfitta senza appello in Vietnam e avevano saturato il continente con dittature militari. Quello di Allende era un grido di guerra contro l’impero e per Washington questo era totalmente inammissibile. Bisognava farla finita con lui in qualsiasi modo.
Secondo la documentazione della CIA, il 15 Settembre del 1970, pochi giorni dopo le elezioni, il Presidente Richard Nixon convocò nel suo studio Henry Kissinger, Consigliere della Sicurezza Nazionale; Richard Helms, Direttore della CIA e William Colby, suo Direttore Aggiunto, e il Procuratore Generale John Mitchell per elaborare la politica a seguire in relazione alle cattive notizie che venivano dal Cile. Nei suoi appunti Colby scrisse che “Nixon era furioso” perché era convinto che una presidenza di Allende avrebbe potenziato la disseminazione della rivoluzione comunista divulgata da Fidel Castro non solo in Cile ma anche nel resto dell’America Latina.[2] In quella riunione propose d’impedire che Allende fosse ratificato dal Congresso e che inaugurasse la sua presidenza. Il messaggio recepito da Helms, a sua volta, esprimeva con chiarezza il viscerale miscuglio di odio e rabbia che il trionfo di Allende provocava in un personaggio come Nixon. Secondo Helms, le sue istruzioni furono le seguenti: “forse c’è una sola possibilità su 10, ma salvate il Cile”; “la spesa vale comunque la pena”; “non mettere in mezzo l’ambasciata”; “non preoccuparsi per i rischi implicati nell’operazione”; “destinare 10 milioni di dollari per cominciare, e anche di più se è necessario fare un lavoro a tempo pieno.”; “Mandiamo i migliori uomini che abbiamo.”; “Per prima cosa, fate in modo che l’economia gridi. Né un bullone né una vite per il Cile;” “In 48 ore voglio un piano d’azione.” [3] E questo è stato ciò che è accaduto, dall’assassinio del generale costituzionalista René Schneider al reclutamento di gruppi paramilitari la cui azioni terroriste erano attribuite a spettrali brigate di sinistra, che la stampa canaglia dell’epoca, con El Mercurio in testa, propagava con fervore per alimentare la credenza che il trionfo dell’Unidad Popular era sinonimo di caos, distruzione e morte in Cile. Però l’intervento degli Stati Uniti contemplava anche pressioni diplomatiche, la penuria programmata di articoli di prima necessità per fomentare il malumore della popolazione, l’organizzazione delle classi medie per lottare contro il governo (caso della corporazione dei camionisti, tra i più importanti) e la canalizzazione di enormi risorse per finanziare i rivoltosi e attrarre i ranghi militari alla causa del golpe.
Se guardiamo il panorama attuale dell’America Latina e dei Caraibi vediamo che poco o nulla è cambiato. Per questo è necessario tornare a studiare minuziosamente quanto accaduto nel Cile di Allende. Il comportamento dell’imperialismo nei paesi di Nuestra America, e specialmente l’avanguardia formata dai paesi dell’ALBA-TCP, non differisce oggi dalle stesse linee guida che la CIA e le altre agenzie del governo statunitense hanno applicato con brutalità selvaggia nel Cile di Allende. Sarebbe ingenuo pensare che oggi, nella stanza Ovale della Casa Bianca, Donald Trump convochi i suoi consiglieri per elaborare strategie politiche distinte da quelle utilizzate per far cadere dal governo e causare la morte di Allende. Il manuale delle operazioni della CIA e altre agenzie d’intelligence del governo degli Stati Uniti per far fronte alle resistenze che si sollevano contro l’imperialismo e per far crollare governi dignitosi, che non s’inginocchiano al comando della Casa Bianca, non è cambiato molto negli ultimi cinquant’anni. Questa è la verità che stiamo vedendo nei casi del Venezuela e del Nicaragua. Informazioni affidabili dimostrano lo stretto vincolo tra i leader dell’opposizione in quei paesi e i più sordidi rappresentanti della destra neofascista negli Stati Uniti. La questione dell’opposizione venezuelana è già fin troppo conosciuta. Ma dati molto recenti dimostrano anche l’intimo legame esistente tra gli oppositori radicalizzati di Daniel Ortega e gli organismi dell’intelligence e fonti finanziarie della destra a Washington.[4] Che coloro che si oppongono al sandinismo non abbiano alcun imbarazzo nel fotografarsi con personaggi impresentabili dal punto di vista della democrazia come Ted Cruz, Marco Rubio e Ileana Ros-Lehtinen, personaggi della mafia anticastrista di Miami, getta un insulto insanabile sui sedicenti democratici nicaraguensi. Se realmente volessero la democrazia nel loro paese, come vanno strillando in giro, non avrebbero mai fatto ricorso all'appoggio di quei terroristi protetti dal Congresso e dai successivi governi degli Stati Uniti.
Come diceva il canto di Violeta Parra, “il leone è sanguinario in ogni generazione.” L’impero non cambia. Nel suo inesorabile processo di decadenza e decomposizione diventerà sempre più violento e criminale. Oggi, a quasi mezzo secolo dalla grande giornata che ebbe il Cile per mano di Salvador Allende non dimentichiamo le lezioni che ci lascia il suo passaggio per il governo e non abbassiamo la guardia – neanche per un secondo! – di fronte a tanto perverso e incorreggibile nemico, quali che siano i suoi gesti, retoriche o personaggi che lo rappresentino. E teniamo conto che quelli che si rivolgono alla Roma americana per cercare appoggio diplomatico, copertura mediatica, denaro e armi per far cadere i propri governi non potranno mai far nascere qualcosa di buono nei loro paesi.
Fonte: Atilio Borón
Note:
[1] Vedi, per maggiori dettagli, i seguenti documenti: (a) «Chile 1964: CIA Covert Support in Frei Election Detailed». The National Security Archive, https://nsarchive2.gwu.edu/news/20040925/index.htm; (b) «Foreign Relations of the United States, 1964-1968, Document 269». U.S. Department of State: Office of the Historian. United States Department of State; (c) «Foreign Relations of the United States, 1964-1968, Document 254». Office of the Historian, Bureau of Public Affairs, United States Department of State, 5 de mayo de 1964.
[2] Vedi (https://www.cia.gov/library/center-for-the-study-of-intelligence/csi-publications/csi-studies/studies/vol47no3/article03.html)
[3] Un’informazione molto dettagliata su questi progetti del governo nordamericano per destabilizzare e far cadere governi avversari, non solo il caso del Cile, si trovano in US Congress, Senate, Alleged Assassination Plots Involving Foreign Leaders, Interim Report of the Select Committee to Study Government Operations with Respect to Intelligence Activities, 94th Congress, 2nd Session, (Washington, DC: US Government Printing Office, 20 November 1975). I riferimenti a quanto detto da Nixon si trovano alla pagina 227 di questo volume.
[4] Vedi l’ampia e demolitrice informazione che riporta questo link: http://kontrainfo.com/demuestran-que-la-cia-esta-detras-del-intento-de-golpe-en-nicaragua-usando-a-grupos-de-ultraizquierda/
Fonte
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