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09/09/2019

In difesa dei governi progressisti dell'America Latina. Atilio Boron risponde a Mario Vargas Llosa

Giorni fa Mario Vargas Llosa ha innescato un’altra delle sue abituali diatribe sui governi e leader progressisti e di sinistra dell’America Latina. [1] Però questa volta ha fatto un passo in più e non si è trattenuto dall’attaccare anche gli elettori che, secondo la sua peculiare visione, eleggendo governi “populisti” optano per la barbarie e l’arretratezza della tribù invece di approfittare delle dolcezze della civiltà capitalista.

Il romanziere è furioso perché alcuni paesi dell’America Latina non sembrano disposti ad avanzare sul sentiero del neoliberismo che lui propone già da molto tempo.

E non poteva essere altrimenti che oggetto preferito della sua animosità fosse il governo di Nicolás Maduro. Dal comfort e dal lusso della deliziosa Marbella spara contro Diosdado Cabello, che ha chiesto alla sua gente di “ricorrere al baratto per estirpare dal paese una volta per tutte la moneta imperialista.”

Il romanziere abbonda nella questione e denuncia, tardi, quello che il governo bolivariano sta denunciando da anni: che come aspetto della guerra economica che Washington ha dichiarato al Venezuela, le mafie legate ai capi dell’impero s’impossessano di tutti i bolivar che circolano sul mercato, se li portano in Colombia a lasciano la popolazione senza contante per fare i propri acquisti.

Questo non è frutto della logica del mercato ma di un perverso artificio, destinato a fomentare il malumore sociale e il malcontento contro il governo, puntando sul fatto che queste penurie provochino la tanto sperata insurrezione popolare che metta fine al governo Maduro. In altre parole: pianificare il caos economico e sociale e sedersi ad aspettare che maturino le condizioni per la rivolta popolare.

Però la segnalazione di Vargas Llosa si ferma, non per caso o trascuratezza, all’ingannevole mondo delle apparenze visto che omette di identificare le cause che danno origine alla scomparsa del contante e gli obiettivi che la Casa Bianca persegue con questa manovra.

Occulta volutamente il fatto che questa operazione è una delle travi maestre delle “guerre di quinta generazione” (dette anche “guerre ibride”) che pratica l’impero. [2] Guerre che ormai non si fanno con armi convenzionali, ma conquistando le menti e i cuori dei popoli, seminando il caos, promuovendo l’odio e l’ira, incentivando la paura e canalizzando tutte queste frustrazioni contro il governo che gli Stati Uniti vogliono distruggere.

Insomma: vincere una guerra senza sparare una sola pallottola e confidando nell’efficacia dell’“artiglieria del pensiero”, come aveva spiegato Hugo Chávez.

La diagnosi del romanziere è categorica: “quello che ha fatto con il Venezuela il ‘socialismo del XXI secolo’ è uno dei peggiori cataclismi della storia”. Può darsi, perché l’ha riconosciuto lo stesso governo bolivariano.

Però non basta constatare un crimine di lesa umanità: bisogna cercare chi è il colpevole, l’autore intellettuale e l’agente materiale responsabile di questa situazione. Ricordiamo: sono stati cataclismi pure quelli creati dagli Stati Uniti in Iraq, in Libia, in Siria, prima in Cile, Nicaragua, Haiti, Repubblica Dominicana, Granada e naturalmente in Vietnam e in Indonesia, Cambogia, Laos come pure quelli precedenti generati dagli attacchi della Germania nazista in Francia, Italia e Inghilterra durante la Seconda Guerra Mondiale.

Tutti i paesi vittime di un’aggressione soffrono terribili penurie, però nessuno sano di mente può incolpare gli aggrediti per le loro sofferenze. Allo scrittore non può sfuggire il fatto che il Venezuela è vittima di una guerra di una crudeltà infinita, che è costata migliaia di morti a causa del blocco nella somministrazione di alimenti e medicine ed è per questo che deve affrontare una situazione umanitaria di estrema gravità. [3]

Però, da quando la responsabilità di questa tragedia ricade sulla vittima e non sui delinquenti, amici e protettori di Vargas Llosa, che sono coloro che perpetrano il crimine della guerra?

Nell’allucinata visione del romanziere, gli Stati Uniti sono esaltati come l’indiscutibile avanguardia della civiltà, e pertanto incapaci di fare del male. Il male lo fanno cattivi governi che gli incorreggibili latinoamericani eleggono e nessuna delle nostre disgrazie è imputabile a Washington. Idealizzando gli Stati Uniti lo scrittore mette sotto il tappeto una società alienata e alienante che ogni settimana produce un assassinio collettivo perpetrato da un umanoide che “sente voci” che gli ordinano di entrare in una chiesa, in una scuola, un ospedale o una caffetteria e sparare a man salva: o un veterano impazzito nelle guerre in Iraq, Siria o Afganistan, o un tossicodipendente fuori di testa desideroso di vendicarsi di una società che l’ha ridotto a tanto disgraziata condizione.

Niente di tutto questo dice il loquace e prolifico scrittore. Lascia da parte anche l’esistenza di 50 milioni di statunitensi che vivono sotto la soglia di povertà e altrettanti che ne sono appena al di sopra e che mangiano quando possono grazie ai “food stamps” [NdT: programma federale di assistenza che fornisce aiuto e sostegno nell’acquisto di generi alimentari ai nuclei famigliari al di sotto della soglia di povertà o del tutto prive di reddito e residenti negli Stati Uniti]; o quella dei circa 550.000 “homeless” disseminati in lungo e in largo nel paese; o quella del 25 per cento della popolazione degli Stati Uniti che non hanno alcuna assistenza medica o che la hanno in misura insufficiente.[4]

E questo per non parlare di una “civiltà” che ha perpetrato i due maggiori attentati terroristi della storia dell’umanità, riducendo in pochi istanti in cenere duecentomila persone innocenti il cui unico delitto era stato il vivere a Hiroshima e Nagasaki.

Incapace di controllare la torva ideologia che tanto lo offusca, l’autore di Conversazione nella Cattedrale protesta per i “quattro milioni di venezuelani” che sono fuggiti dal paese, però chiude beatamente gli occhi davanti agli otto milioni che se ne sono andati dalla Colombia, ufficialmente riconosciuti dalle autorità di quel paese.

Quattro milioni (supponendo che siano quattro) che fuggono dal Venezuela è una catastrofe; otto milioni che abbandonano i campi colombiani è un piacevole passeggiata che non risveglia il minimo rimprovero nello rancoroso scrittore.

E ancor di più, nella sua sboccata iracondia si congratula che il Cile “progredisca a passi da gigante” come pure la “Colombia, dove la democrazia funziona e sembra avanzare malgrado le carenze del cosiddetto ‘processo di pace’.” È ovvio che il romanziere abbia completamente smarrito la strada quando abbandona il terreno della fiction – nel quale si muove con indiscutibile maestria – e ha la pretesa di fare il cronista obiettivo e profondo della sua epoca. Con suo gran dispiacere, bisogna dire che su questo terreno è appena un dilettante.

Per esempio, si scandalizza delle “gigantesche fortune” fatte andare all’estero dalla dirigenza chavista senza apportare, come succede invariabilmente nei suoi frequenti libelli, un solo dato concreto o una sola fonte obiettiva sulla quale fondare le sue denunce.

Però sarò solidale con lui e gli darò un’informazione che sicuramente gli sarà utile: sotto il governo del suo ammirato amico Mauricio Macri se ne sono fuggiti dall’Argentina, dal 1º gennaio del 2016 al 30 giugno 2019, la bellezza di 70.200 milioni di dollari, 54 milioni di dollari ogni giorno inclusi i sabati, le domeniche e le “feste comandate.” Sono dati ufficiali della Banca Centrale. Però, siccome si tratta di un amico, il romanziere sicuramente starà zitto di fronte a questo smisurato saccheggio. Preferisce fantasticare con il denaro che i chavisti avrebbero fatto uscire dal Venezuela e non mettere il naso nei delitti commessi dai suoi amici e patrocinatori.

Nella sua nota prosegue con la diffamazione: centinaia di prigionieri politici in Venezuela, torture sistematiche, corpi repressivi che si moltiplicano, “impopolarità del regime”, “assassinii a man salva”, assoggettamento col terrore e via con le litanie. Però, sta parlando della Colombia, dove ogni settimana scompaiono, torturano o ammazzano tre o quattro militanti sociali? No! Parla del Venezuela, mettendo la sua eccellente penna di scrittore di fiction al servizio dei più sordidi interessi delle classi dominanti degli Stati Uniti e dell’America Latina.

E si permette di aggredire anche la nostra Cuba, eroico paese che ha sopportato con grande patriottismo e stoicismo ammirevole sessant’anni ininterrotti di aggressioni nordamericane. Però l’autore della Casa Verde trascura queste sciocchezze e si permette di descrivere Cuba come un paese “che è rimasto fuori dalla storia.”

È lui che è rimasto fuori dalla storia e ancora gli sanguina la ferita aperta per aver dovuto abbandonare per sempre il sogno di essere presidente del Perù. I suoi compatrioti gli hanno propinato una sconfitta umiliante per mano di Alberto Fujimori nell’elezione presidenziale del 1990. Dopo quel ripudio di massa ha dovuto optare per la cittadinanza spagnola. E malgrado ciò ha la sfacciataggine di dire che Cuba è rimasta fuori dalla storia!

È ovvio che questo romanziere non è adeguato per il saggio, ma per la fiction. Se molti dei suoi personaggi tornassero a vivere (penso all’affascinante irlandese Roger Casement, eroe de Il sogno del Celta) sicuramente lo redarguirebbero senza pietà per il suo cinismo e per la sua disonestà nel mettergli in bocca parole e discorsi anticapitalisti e antimperialisti, che poi disprezza e denigra quando abbandona le sue fiction e si dedica a commentare quello che succede nel mondo reale.

Per esempio, in questo stesso articolo rimprovera le argentine e gli argentini per la loro “pazzia furiosa” espressa nelle elezioni primarie dell’11 agosto che si sono tradotte in una categorica sconfitta del suo amico Mauricio. “Io penso” – dice lo scrittore – “che il cosiddetto ‘gradualismo’, l’impegno dell’equipe di Macri nel non esigere più sacrifici a un popolo estenuato dagli eccessi dei Kirchner” è stata la causa della sconfitta.

È ovvio che Vargas Llosa non abbia la minima idea di quello che è successo in Argentina. Solo un ignorante, o una persona insensibile, può “esigere più sacrifici” da un popolo che, grazie alle politiche che lui propone con tanto entusiasmo, è stato impoverito, affamato, disinformato e confuso dalla propaganda ufficiale, sopraffatto da aumenti da brivido delle tariffe dei servizi pubblici, dalla scalata dell’inflazione, sempre più disoccupato, con migliaia di piccole e medie imprese che chiudono, con il consumo in caduta verticale, con brutali tagli dei programmi di sanità e istruzione e con un paese che è diventato un festival dell’indebitamento e della fuga delle valute.

E non solo questo: lo scrittore si permette di assicurare che il governo del suo amico, quello che ha preso d’assalto e saccheggiato l’Argentina, è “probabilmente il più competente e onorevole che il paese abbia avuto da molto tempo.”

Né onorevole né competente, bensì il contrario, don Mario. E, se ha tempo, venga in Argentina e conversi con gente reale, di carne e ossa, non con le mummie che bazzica quando ci fa visita, e verifichi da sé stesso se ancora si possa chiedere che facciano più sacrifici. Soprattutto per permettere ai ricconi che ci governano di continuare ad ammucchiare fortune in maniera scandalosa. [5]

Lei conclude il suo bilancio di questa penosa marcia dalla supposta civiltà alla barbarie riferendosi ai governi di Nicaragua, Bolivia e Messico. La verità: niente di nuovo. Riproduce, senza la brillantezza che la sua penna esibisce nei romanzi, le bugie e le “post verità” che elaborano incessantemente i suoi amici a Washington e riproduce la cafonata intellettuale e politica che l’impero ammannisce e mantiene in queste latitudini.

Fulmina Ortega, Evo e López Obrador senza apportare un solo dato, senza la minima spiegazione del contesto, senza situare storicamente le lotte di quei governi sottomessi per secolia ll’oppressione imperialista. Lo fa confidando nell’incantesimo della sua prosa. Però non basta.

Accusa impudentemente Evo di voler eternarsi nel potere, mentre è stato di gran lunga il miglior presidente di tutta la storia della Bolivia e ha costruito l’economia più sana e dinamica di Nuestra América. Non gli interessa niente di questo. Questo “eternarsi” è maligno, dice, però non è così per il suo compare Felipe González o la sua mentore ideologica e politica Margaret Thatcher. In questi casi le loro prolungate permanenze al governo sono state sintomi di virtù repubblicana. [6]

Quello che è buono per un europeo è cattivo quando lo fa un indio, un mulatto o un operaio. Non bisogna essere uno psicologo per percepire il razzismo che sta alla base di quella denuncia.

Non va meglio ad AMLO, che pure cade nel raggio del suo odio: “proseguono gli assassinii di giornalisti e donne a un ritmo terrificante”, afferma, e il suo “populismo comincia a tarlare un’economia che, malgrado la corruzione del governo precedente, sembrava ben orientata.” Gli assassinii di giornalisti e i femminicidi sono cominciati con i governi che hanno preceduto López Obrador e che Vargas Llosa ha appoggiato con tutte le sue forze, o si è dimenticato questo dettaglio? E la faccenda della “economia sembrava ben orientata” è un certificato ufficiale d’ignoranza delle cose più elementari della scienza e della storia economica.

Ciarlataneria pura, come quella che esalta le “democrature” di Piñera e Duque in Cile e Colombia. In Cile, paese con il maggior indebitamento pro capite in America Latina causato dalla privatizzazione di quasi tutto, inclusa l’acqua, e dove, secondo uno studio della prestigiosa Fundación Sol di quel paese “più della metà dei lavoratori salariati non può togliere dalla povertà una famiglia” e la cui popolazione si è rassegnata ad essere governata dai ricconi e dai loro rappresentanti politici e ormai non si disturba più con l’andare a votare. Quello è il modello da imitare, secondo lo scrittore, malgrado sia uno dei paesi più disuguali del mondo, comparabile al Rwanda. [7]

L’altro modello è niente di meno che la Colombia, paese sottomesso al flagello di una interminabile mattanza che non cessa e che non provoca il minimo gesto di compassione dell’imperturbabile romanziere ispano-peruviano, che se ne dovrebbe vergognare.

La stessa cosa quando ancora si domanda se “il gigante brasiliano comincerà il ritorno alla barbarie”. Sveglia, don Mario! Non si è accorto che Jair Bolsonaro presiede il Brasile e che la barbarie si è già installata nel Palazzo del Planalto? Bolsonaro ha dichiarato guerra alla cultura, proibito l’“ideologia di genere”, condanna le scuole formatrici di cittadini, la natura stessa, poiché è lui il principale autore intellettuale e politico del gigantesco incendio che sta divorando parti dell’Amazzonia.

Non sono sufficientemente barbare tutte queste iniziative? Non legge i giornali, non esplora quello che dicono le reti sociali (non quelle dei suoi amici, che le dipingono un mondo beato che, apparentemente, lei prende per certo). Non sa che c’è stato un “golpe blando” in Brasile e che ha fatto finire il governo legale e legittimo di Dilma Rousseff e che i suoi boia sono stati due banditi, Michel Temer ed Eduardo Cunha che ora sono in carcere perché ladri? Anche Lula è in carcere, anche se nel processo il giudice Sergio Moro ha detto che non aveva prove della corruzione di Lula, ma che “era convinto” che aveva rubato un appartamento.

Non le suona da despotismo monarchico tutto questo? Forse no, perché il polemico re emerito di Spagna, Juan Carlos, le ha conferito un titolo nobiliare e l’ha fatto Marchese. Però, le sembra un gesto civilizzatore regredire all’epoca dell’Inquisizione in cui un prete inviava al rogo una donna perché, pure lui, come il giudice Moro, era convinto che la vittima fosse una strega che si era consegnata con gioia alla concupiscenza di Satana? Non sapeva che Moro, diletto alunno dei programmi di “buone pratiche” che organizza il governo degli Stati Uniti, è stato premiato da Bolsonaro per aver messo in carcere Lula designandolo niente di meno che Ministro della Giustizia del Brasile? Insomma, don Mario: in che mondo vive Lei?

Metto fine a questa nota con una breve allusione a una novella che ho già in mente, e che le sparate propagandistiche dei suoi saggi e la slealtà in cui incorre con i personaggi delle sue fiction mi richiedono di scrivere con urgenza. In essa c’è una scena nella quale l’irlandese Roger Casement si presenta improvvisamente nella sua casa di Madrid. Suona alla porta, lei gli apre e lui, senza dire una parola l’acchiappa fermamente per il collo e la prende a schiaffi fino a farla cadere.

Quando lei è già per terra, Roger si china, l’acchiappa per i capelli e infuriato le grida: “perché mi hai tradito? perché esaltavi la mia lotta anticolonialista e antimperialista nel libro che mi hai dedicato e ora sei diventato portavoce di tutta quella spazzatura che ho combattuto per tutta la mia vita? Quello era solo un affare per te? Credi che quello che ho fatto nel Congo Belga e nell’Amazzonia peruviana era un gioco? Credi forse che quelle storie di barbarie sono terminate grazie al ‘progresso della civiltà capitalista’ come tu dici? Non vedi in tutta l’America Latina e i Caraibi gente che soffre le inenarrabili penurie che tu hai narrato al raccontare i miei problemi inseguendo la giustizia e la dignità umana? Come spieghi la tua incoerenza? Fino a dove pensi di arrivare con la tua vigliaccheria? Fino a quando continuerai a mentire? Sei cosciente che passerai alla storia come un personaggio funesto, come Louis-Ferdinand Celine, il grande scrittore francese del ventesimo secolo, ma con la fama corrosa irreparabilmente dalla sua apologia del razzismo e del nazismo? Credi che altra sarà la tua sorte? Ti sbagli. Noi eroici personaggi dei tuoi romanzi ci faremo carico, uno dopo l’altro, di denunciare lo iato morale insalvabile che separa il grande scrittore che ha raccontato le nostre lotte antimperialiste dall’amanuense delle borghesie e dei suoi padroni imperialisti. Denunceremo anche l’impostura e la doppiezza di chi scrive romanzi di sinistra e nella vita reale si colloca alla loro destra. Ragion per cui i boia dell’umanità ti innalzano su un piedistallo mentre sarai ripudiato dalle donne e uomini di buona volontà che ovunque si prodigano per costruire un mondo migliore.”

Note

[1] Cf. “Retorno a la barbarie”, in El País (España) 31 Agosto 2019. Riprodotto in La Nación (Buenos Aires) 2 Settembre 2019)

[2] Cf. Andrew Korybko, Guerras Híbridas. De las revoluciones de colores al golpe (Sao Paulo: Expressao Popular, 2015).

[3] I blocchi commerciali soni portatori di morte. Quello degli USA all’Irak ha causato la morte di circa 650.000 persone; dal 2017 le sanzioni economiche di Trump al Venezuela hanno portato l la morte per lo meno 40.000 persone secondo una recente relazione del Center for Economic Policy and Research di Washington, D. C. Vedi http://cepr.net/press-center/press-releases/report-finds-us-sanctions-on…“>http://cepr.net/press-center/press-releases/report-finds-us-sanctions-on…

[4] La cifra dei “senza casa” si trova in https://endhomelessness.org/homelessness-in-america/homelessness-statist… fondata su relazioni ufficiali del Dipartimento di Abitazioni e Sviluppo Urbano del governo degli Stati Uniti. I dati sull’insufficienza dell’assistenza medica provengono da www.thebalance.com/health-care-inequality-facts-types-effect-solution-41…“>https://www.thebalance.com/health-care-inequality-facts-types-effect-sol…”>www.thebalance.com/health-care-inequality-facts-types-effect-solution-41…“>https://www.thebalance.com/health-care-inequality-facts-types-effect-sol

[5] Vedi “Il Presidente ha incrementato i suoi beni del 51% ed è il terzo funzionario più ricco del suo gabinetto”, in Chequeado.com. La maggior parte dei membri del gabinetto e il circolo di amici del regime si sono arricchiti scandalosamente durante la gestione di Mauricio Macri. E quasi senza eccezione tengono depositate le loro fortune in paradisi fiscali. Vedi https://chequeado.com/el-explicador/declaraciones-juradas-arribas-dujovn…“>https://chequeado.com/el-explicador/declaraciones-juradas-arribas-dujovn…

[6] Così come riconosce con orgoglio nel suo “La Llamada de la Tribu” (Madrid: Alfabuara, 2018). Una critica a quel libro, e in particolare alla “rivelazione” che ha avuto a seguito dell’incredibile incontro con la Thatcher si trova nel mio “Lo stregone della tribù. Mario Vargas Llosa e il liberismo in America Latina (Madrid, México, Buenos Aires: AKAL, 2019).

[7] Cf. nota di Nicolás Bravo Sepúlveda, nel periodico digitale El Mostrador www.elmostrador.cl/destacado/2019/08/21“>http://www.elmostrador.cl/destacado/2019/08/21“>www.elmostrador.cl/destacado/2019/08/21. I dati sulla diseguaglianza si trovano in una relazione della Banca Mondiale: “Taking on inequality” (Washington: 2016)

– Dr. Atilio A. Boron, direttore del Centro Culturale della Cooperazione Floreal Gorini (PLED), Buenos Aires, Argentina. Premio Libertador al Pensamiento Crítico 2013.

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