Una malattia grave si vede dai sintomi contraddittori, che rendono aleatoria qualsiasi terapia. L’Unione Europea, in questi primi giorni della nuova Commissione (il “governo”) presieduta da Ursula Von der Leyen, presenta il solito volto “rigorista” e “austero”. Mentre tutti i soggetti che contano (“i mercati”) sperano che domani la Banca centrale europea – agli ultimi giorni di Mario Draghi – tiri un colpo di bazooka “ultra-accomodante”, varando una nuova stagione di quantitative easing, taglio ulteriore dei tassi sui depositi, ecc.
Se il paziente fosse furbo, si farebbe qualche domanda perché, se un medico consiglia il digiuno e un altro un po’ di bulimia, vuol dire che stai messo proprio male e ti danno ricette a vanvera.
Partiamo dalle cose certe. Agli affari economici europei, com’è noto, è stato messo l’ultimo presidente del consiglio piddino, Paolo Gentiloni, in sostituzione del francese Pierre Moscovici, che tante volte ci ha bacchettato per non aver rispettato questo o quel parametro. Ma siccome quel ruolo permette di valutare le manovre di aggiustamento dei vari paesi, i “rigoristi” del nord Europa hanno preteso ed ottenuto che questo Commissario fosse a sua volta commissariato. In particolare dal fisico lituano Valdis Dombrovskis, dalle competenze economiche sconosciute, noto per la assoluta indisponibilità a concedere “flessibilità” sulle leggi di stabilità nazionali, nominato vice-presidente con competenza sull’economia.
L’intento politico è insomma chiaro, ed esplicitato anche dalla neo presidente Von de Leyen: “Abbiamo un Patto di stabilità e crescita che è stato sviluppato con un largo consenso. Vogliamo un’economia forte e un’Unione europea forte: le regole sono chiare, i limiti sono chiari e la flessibilità è chiara. All’interno di queste regole affronteremo le diverse opzioni e i diversi problemi“. Insomma, a Gentiloni non sarà concesso di fare sconti particolari, in specifico riguardo all’Italia, visto che “dovrà collaborare moltissimo con Valdis Dombrovskis e tutte le decisioni saranno prese dal collegio dei commissari“. Ancora un passo e quella carica sarebbe da considerarsi puramente onorifica...
Anzi la stessa Von der Leyen ha voluto precisare che al ministero dell’economia italiano è stato messo non per caso Roberto Gualtieri (del Pd, ma con una carriera a Bruxelles): “viene dal Parlamento europeo, conosce perfettamente il patto di stabilità e sa esattamente quali sono le regole che abbiamo stabilito in Europa. Gualtieri sa cosa ci aspettiamo nella prossima legge di stabilità“. Insomma, siamo stati “commissariati” a tutti i livelli, con un “europeo” al ministero nazionale più importante e un “ostaggio” in quello continentale.
Una blindatura che non lascia molto spazio ai sogni e ai bisogni urgenti, come quello di “modificare i trattati” sul patto di stabilità, come ribadito dal premier Conte e dal presidente Mattarella. Il bisogno è ormai avvertito anche dalla Germania, che si ritrova con un modello in crisi, quello export oriented, fondato sui bassi salari e la precarietà contrattuale. Ma cambiare i trattati è più difficile che firmarne di nuovi, non solo perché occorre l’unanimità, ma soprattutto perché quelli in essere sono fortemente asimmetrici rispetto ai singoli paesi. C’è chi ci perde e vorrebbe perciò riscriverli, e chi guadagna, e non ci pensa proprio.
Il massimo cui puntano gli osservatori è non considerare più il deficit strutturale come l’unico o principale parametro per valutare eventuali procedure di infrazione. Un modo insomma per allargare le maglie della “flessibilità” concedibile ai vari governi, senza però toccare la struttura dei trattati. Un modo democristiano, se volete, che distingue tra intangibilità delle regole di austerità e gestione “aumma aumma”, sulla base delle opportunità politiche.
Tutto l’opposto si pretende dalla Bce, teoricamente istituzione tecnica sganciata dalla politica. Le attese per domani sono sono così elevate che in molti, a partire dal vicepresidente De Guindos, appaiono preoccupati per una possibile “delusione dei mercati” davanti a misure meno audaci di quelle immaginate.
E di immaginazione ne gira parecchia, se persino l’austero Sole24Ore è obbligato a citare investitori che si attendono “il denaro dagli elicotteri”, addirittura nella forma di “soldi della Bce direttamente nei conti correnti dei cittadini europei”, per almeno 200 euro a testa. Una sorta di “reddito di cittadinanza” fondato sulla possibilità di “stampare soldi”, ma di difficile realizzazione pratica (e paradossalmente non vietato dalle regole statutarie!) e immense difficoltà politiche (a quale titolo i governi dovrebbero invece tagliare la spesa sociale per stare dentro i trattati?).
La schizofrenia è ancora più evidente se si tiene conto che tutti sono consapevoli del fatto che “la politica monetaria ha dei limiti”, che sono stati anche abbondantemente raggiunti. Anche Gentiloni, nel suo discorso di accettazione della carica di Commissario, lo ha ricordato.
Del resto, dopo anni di tassi di interesse a zero e di quantitative easing illimitato, l’unico effetto positivo è che la situazione non è precipitata. Ma di “ripresa” neanche l’ombra. Oltretutto, una simile politica monetaria ha creato “paradossi” assurdi per una economia capitalistica (e non), come i tassi negativi su titoli di Stato e addirittura mutui immobiliari, e quindi una situazione in cui “il denaro non rende”.
L’uscente Draghi, e ancora peggio l’impresentabile Christine Lagarde, designata sua successore, non può dunque fare molto di più che prolungare l’agonia di un “cavallo che non beve” (quando i soldi per gli investimenti produttivi ci sarebbero, ma nessuno si prende il rischio di usarli).
E, paradosso per paradosso, gli stessi che chiedono “soldi dagli elicotteri” per far crescere una domanda interna che compensi il crollo delle esportazioni, si guardano bene dall’indicare la via maestra: aumentare i salari.
È un problema di interessi di classe, non di “scienza economica”.
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