Dopo otto mesi di blocco politico, il prossimo 7 gennaio in Spagna si formerà il primo governo di coalizione dalla seconda Repubblica. Confermata l’astensione degli indipendentisti catalani dell’ERC e il “sì” di Nueva Canarias e Teruel Exists, ora spetta al PSOE e a Unidos Podemos garantire l’investitura di Pedro Sánchez.
La somma dei voti di PSOE, United Podemos e partiti indipendentisti consentono per ora un esecutivo alternativo a quello della destra.
In questo momento il “sì” all’investitura di Sánchez raggiungerebbe i 166 seggi (120 del PSOE, 35 di Unidos Podemos, 6 del PNV, 2 di Más País, 1 di Compromís, 1 di Nueva Canarias e 1 di Teruel Existe).
La destra che si oppone al governo può contare su 150 seggi (88 del PP, 52 di Vox, 10 di Ciudadanos). Poi ci sono i deputati di altre organizzazioni indipendentiste come gli 8 di Junts per Catalunya, 2 della CUP, 1 di Foro Asturie e 1 di RPC che non sostengono il governo di Sanchez.
In Spagna dunque sono riusciti a formare un governo. E a guidarlo sarà nuovamente Pedro Sanchez e sarà formato soprattutto dall’alleanza fra i socialisti e la sinistra di Unidos Podemos.
Il via libera, atteso dopo mesi di impasse e quattro elezioni anticipate in quattro anni, paradossalmente è stato permesso dalla sinistra indipendentista catalana dell’Erc, il cui Consiglio nazionale nella serata di giovedì ha approvato a stragrande maggioranza il voto di astensione sul nuovo governo dei suoi 13 deputati. Uno dei massimi dirigenti dell’Erc, Junqueras, è ancora in carcere, condannato a 13 anni nel processo di Madrid contro gli indipendentisti catalani. Ma nelle scorse settimane la Corte Europea di Giustizia gli ha riconosciuto l’immunità parlamentare essendo stato eletto eurodeputato e il governo di Madrid dovrebbe scarcerarlo.
Questa astensione consentirà a Sanchez di avere la maggioranza al voto di fiducia calendarizzato per il prossimo 7 gennaio. Ma avrà un prezzo politico: il riconoscimento del “conflitto catalano” come “politico”, e non più solo come crimine istituzionale. Conflitto che andrà quindi risolto con un “tavolo negoziale bilaterale”, che non preveda “veti” su alcuna proposta, come è scritto nero su bianco nell’accordo Erc-Psoe, di cui il quotidiano El Pais ha anticipato il testo.
Quindi, si presume, neanche il veto su un’eventuale riproposta del “referendum sull’autodeterminazione” della Catalogna, dopo quello unilateralmente convocato dalla Generalitat di Barcellona e finito con una feroce ondata repressiva e pesanti condanne, tra cui quella del leader dell’ERC, Oriol Junqueras. I repubblicani catalani hanno chiesto che il tavolo abbia come condizioni che il negoziato sia fra ‘governi’, non abbia preclusioni o argomenti tabù e abbia invece un calendario di lavori. Concessioni non da poco strappate ai socialisti di Sanchez, che nella campagna per le elezioni politiche di novembre avevano invece ostentato intransigenza contro l’indipendentismo catalano.
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