09/03/2020
In Virus Veritas
Sul corona virus occorre provare a metterci in un rapporto genuino con il problema senza fomentare eccessi o allarmismi.
Più volte la nostra civiltà occidentale, nelle epoche passate, è stata colpita dalle epidemie e se cronologicamente quei tempi sono lontani è rimasto un segno indelebile nella nostra coscienza collettiva.
Oggi viviamo in un modo dominato dalla tecnica e dalla sua volontà di potenza. Essa ha vinto sul mito, sulla magia, sulla superstizione, ha ucciso gli dei e ha cancellato quella zona invalicabile che è il sacro. Oggi viviamo in un mondo dove la sacralità della natura è stata violata e mercificata a fini della produzione e del profitto privato. La sicurezza che ci ha dato la tecnica ci ha reso arroganti, prepotenti, bramosi di potere. Ma basta che questa tecnica trovi uno scoglio alla sua volontà di potenza, che la mostra incapace di agire, che quella antica coscienza collettiva riapra le porte all’irrazionale che credevamo scomparso.
Di fronte al dolore, alla morte, al contagio, ci sentiamo nudi senza alcuna protezione e speranza, senza riparo. Il pericolo di un nuovo virus riaccende dubbi e incertezze che si possa trovare in tempi brevi una soluzione. Attesa è la parola che segna questa vicenda e con essa riaffiora la dimensione del sacro, del bisogno di riappropriarsi di quell’antico rapporto smarrito con la natura, con noi stessi, con la transitorietà della vita.
Il nostro bel giardino composto da tranquilli spazi ben ordinati e tecnologici che credevamo un posto sicuro che ci proteggeva dal pericolo dell’imprevisto è stato violato, contaminato, contagiato facendo crollare nel panico il nostro sistema emotivo e scatenando il panico e la paura della morte. Gli apprendisti stregoni della tecno scienza cercano di trovare un rimedio a queste ferite per riappropriarsi del domino sul mondo.
Questa vicenda dovrebbe insegnarci che non esistono ripari certi, l’imprevisto è sempre dietro la porta, pronto a coglierci di sorpresa e impreparati, anzi, vistosamente impreparati. Oggi, il nostro Sistema sanitario è sotto pressione, sovraccaricato dall’emergenza del corona virus. Si paga a caro prezzo il sottodimensionato di personale e strutture causato dalle folli razionalizzazioni che negli anni hanno ridotto all’osso i servizi sanitari per rastrellare le risorse necessarie a pagare gli interessi sul debito pubblico.
L’epidemia, perché di questo si tratta, è andata a sovraccaricare un paese strutturalmente già gracile. Questa evidenza è stata coperta dal velo dell’ipocrisia e mascherata a fini politici e mediatici. L’imprevedibilità del nuovo fenomeno virale, la minaccia della malattia e della possibile morte dietro l’angolo che colpisce con le vesti invisibili di un virus sconosciuto si è fatta largo in ogni anfratto della nostra società avvelenando con il germe della follia e dell’irrazionalità ogni cosa.
Sono folli le dichiarazioni del potere economico e politico che vigilano sul mantenimento dell’ordine costituito il cui interesse è legato al timore che tutto crolli da un momento all’altro mettendo in serio pericolo i loro interessi di bottega. La stabilità della nave italiana è in serio pericolo e rischia di schiantarsi sugli scogli del default per un debito che mai potrà essere pagato.
Sono folli le dichiarazioni contraddittorie da bar sport del mondo scientifico il quale sembra avere molti dubbi su come il virus si diffonda e da quanto tempo sia in circolazione. Tant’è che l’unico rimedio valido trovato per contenere e diluire il contagio è stato il ritorno alla antica pratica dell’isolamento dalla società civile come si faceva al tempo dei lebbrosi o della quarantena del 1347-59, messa in essere dalla serenissima repubblica veneta per evitare il contagio della peste nera.
Sono folli i comportamenti delle persone che non curanti del potenziale contagio fuggono dalle zone in quarantena o si affollano nelle piazze ai primi raggi di sole o nelle stazioni sciistiche.
Sono folli i comportamenti dei mass media che prima fanno da untori di panico e poi si battono la mano sul petto pentiti per il caos che hanno scatenato a fini auditel o per aumentare di qualche punto la tiratura dei giornali in modo da incrementare gli introiti derivanti dalla pubblicità. Pubblicità che, nonostante il caos, mai ha smesso di essere propinata in tutte le salse sfruttando a mani basse il demone dell’isteria sociale che oramai ha preso piede e chiede lumi in ogni canale televisivo.
Folli i salotti della chiacchiera composti da un parterre di ospiti tra i più vari che si siano mai visti, tutti prodighi di osservazioni e di buoni consigli. L’attenzione suscitata da queste trasmissioni sulle persone, per certi versi mi ricorda quella dei tempi in cui le famiglie correvano a vedere Belfagor o il Segno del commando per scoprire l’arcano mistero. Ma all’epoca c’era una televisione di un altro spessore e Carosello.
Oggi le tragedie fanno auditel, creano spazi utili da sfruttare per stimolare gli acquisti. La tragedia fa mercato, produce consumatori. Il buon senso dovrebbe vietare di specularci sopra. Si dovrebbe dare spazio al raccoglimento, al lutto nazionale, al silenzio, alla vera informazione, invece si spalanca la porta al chiasso allegro e colorato degli spot, al bazar televisivo che in quel minuto cancella tutto per poi riportarti d’un colpo, come un pugno nello stomaco, alla tragedia e alle farneticazioni di tuttologi improvvisati.
Sono folli i comportamenti di un capitalismo mondiale interconnesso che si lacera le vesti per i mancati profitti in borsa e si lamenta del calo di consumi, merci e clienti, invece di dirottare risorse nella ricerca di una cura o in aiuto ai paesi in difficoltà mostrando tutta la sua capacità produttiva per sopperire alla mancanza di presidi sanitari di protezione individuale. Certo le stime del contagio sono estremamente basse se confrontate ad esempio con la normale influenza ma quella ha il vaccino questa no!
Al termine della stagione influenzale 2018-2019 i casi erano stati 8.104.000; tra il 2017 e il 2018 8.677.000 e tra il 2016 e il 2017 5.441.000 (dati InfluNet). Sempre legate all’influenza ci sono poi le morti indirette che oscillano secondo gli anni tra 4000 e 10.000 casi e che sono legate all’insorgenza di patologie o complicanze polmonari o cardiovascolari.
Un’altra questione riguarda la completa impreparazione dell’occidente su questa vicenda e in particolare del nostro paese. Che la nostra sia una classe politica di mediocri è cosa nota da tempo, ma che alla mediocrità si aggiungesse anche la follia forse nessuno se l’aspettava. Il tempo, in certe vicende, è cosa essenziale così come un’adeguata informazione. Ebbene entrambi gli aspetti sono mancati. Sono passati ben 11 giorni prima che si cominciasse seriamente ad informare uniformemente e con mezzi adeguati la popolazione. Qualcuno ci deve poi spiegare come mai ci siano soltanto 5000 posti letto in tutta Italia di terapia intensiva su una popolazione di 60 milioni di abitanti, cioè un posto letto ogni 12.000 abitanti (in Germania sono 28.000)!
La carenza delle strutture sanitarie sia a livello di personale sia di spazi ed apparecchiature effetto dei tagli e del mancato turn over è subito emersa e ha tracciato la rotta delle scelte del governo per evitare il crollo del sistema sanitario. Ma il pericolo rimane in atto se non ci soccorre la fortuna. Ciò nonostante si preferisce spendere miliardi di euro per inutili missioni di pace (la pace con la baionetta è una creazione fantastica, è un chiaro controsenso come l’esportazione della democrazia con gli eserciti di pace) o per acquistare 90 inutili F-35 (14 miliardi).
Ora i nodi sono venuti al pettine tutti insieme ma potrebbe essere troppo tardi per potere correre ai ripari. Anche l’organizzazione sul territorio mostra numerose falle: la mancanza di una rete di assistenza domiciliare per chi si mette in quarantena, e di adeguati servizi telefonici, la mancanza completa di presidi medici da campo nelle zone interessate per evitare ulteriori contagi o per poter intervenire per altre patologie non legate al virus, i numerosi buchi nell’organizzazione preposta al controllo del territorio. L’esempio della fuga da Milano ha fatto il giro del mondo ne d’altra parte possiamo dare torto ai fuggitivi visto che nessuno al governo si è curato di poter assistere studenti, lavoratori senza appoggi familiari nella zona. Anche per scuole e uffici pubblici si è atteso troppo. Qui si paga la mancanza di strutture informatiche adeguate ad uno stato civile. Si è esaltato lo Smart Working, il cosidetto telelavoro, senza che ci fossero le condizioni tecniche e le strutture per compensare la chiusura di scuole ed uffici.
Insomma non siamo messi bene diversamente da come voglio farci credere. Il Covid-19 ha mostrato chiaramente che con una migliore organizzazione, un sistema sanitario più forte, forse avremmo risposto meglio a questa emergenza epidemiologica. Occorre investire di più nei servizi sanitari e nel personale per proteggere la salute dei cittadini ma anche nella ricerca, nelle università, nelle scuole, nei servizi di supporto al territorio. Se la grande Lombardia, che è una delle regioni meglio organizzate, è crollata di fronte all’assedio del virus qualche domanda dobbiamo farcela sulla visione che ha dello stato la nostra splendida classe politica.
Nel futuro prossimo venturo a detta degli scienziati, diversi saranno gli episodi di origine virale che ci aspettano. Una delle conseguenze dello stravolgimento che l’uomo ha causato per la sua sete di dominio sulla natura. Dopo locuste, tsunami, buchi nello strato di ozono, innalzamento dei livelli di metano e anidride carbonica, aumento della temperature media del pianeta, scioglimento dei ghiacci e isole di plastica ora arrivano i nuovi virus. Sono questi tutti segnali di una natura che si ribella a cui occorre rispondere in fretta con un cambiamento serio dei nostri stili di vita e ristabilire un rapporto più sacro con essa.
Non aspettiamo oltre, perché c’è poco tempo a nostra disposizione.
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