Noi uomini siamo poveri schiavi dei pregiudizi.
Gabriel García Márquez, L’amore ai tempi del colera
In un piccolo puntino sul mappamondo, perduto in un continente grandissimo, c’era il paese dove vivevano Plinio e Fernanda. Era un piccolo paese pieno di pregiudizi: tutti avevano un giudizio preconfezionato sugli altri e nessuno poteva camminare per strada o parlare di fronte agli altri senza che fosse oggetto di una particolare attenzione da parte della piccola comunità. Solo Plinio e Fernanda, e probabilmente molti altri bambini come loro, se ne infischiavano dei pregiudizi, del parlare male di uno straniero, di uno con la pelle di un altro colore, di un uomo che ama un altro uomo o di una donna che ama un’altra donna. Loro avevano poche certezze e, fra queste, una sicuramente era indiscutibile: si volevano bene, insomma, si amavano. Dopo la scuola, passavano i pomeriggi a rincorrersi nei prati, vicino al fiume, fra gli alberi e i fiori dei campi che stavano sbocciando nella primavera. Tutto intorno si alzava il magico concerto del canto degli uccellini. Facevano anche i bagni nel fiume e Fernanda sapeva cavalcare il pesciolino d’oro che viveva da quelle parti: sembrava davvero una regina, coi lunghi capelli neri che parevano una cometa color della notte. Nelle sere d’estate, al calare del buio, cominciavano a spuntare le lucciole e i due si divertivano a cercarle e a rincorrerle, alla luce lunare. Plinio diceva che, quando abbracciava Fernanda, avvolto dai suoi lunghi capelli, gli sembrava di volare sulla Luna, nel silenzio notturno e, chissà, forse, c’erano stati davvero sulla Luna, perduti in un abbraccio.
Il tempo passava e Plinio e Fernanda crescevano... passavano le stagioni e i due ragazzi, ormai, provavano una vera e propria attrazione l’uno per l’altra. Giuravano che non si sarebbero lasciati mai più. Era una primavera come quella della loro infanzia e loro erano nella stessa campagna, fra i campi, i fiori e il fiume e i loro baci erano dolci e infiniti. Nei campi intorno echeggiava la musica delle feste paesane, le antiche feste in cui si ballava e si cantava fino a notte inoltrata. Finché, un giorno, arrivò la notizia del virus. Nel giro di poco tempo, furono presi drastici provvedimenti: il virus era pericoloso, si diffondeva molto velocemente e uccideva. Nel piccolo paese di Plinio e Fernanda si abolirono le libere elezioni e il potere venne delegato a un comitato di emergenza: il capo assoluto era il Grande Signore e solo lui poteva dettare legge in quello stato di emergenza. Le persone non potevano più stare vicine, abbracciarsi, toccarsi, pena l’arresto immediato. Finché, un brutto giorno, furono proibiti anche i baci. Lo aveva detto anche Antonio, un amico di Plinio: i suoi zii furono sorpresi mentre si baciavano e di loro non si seppe più nulla. Spariti, volatilizzati. Probabilmente arrestati o uccisi dal regime del Grande Signore. Tutti dovevano stare in casa, oppure a debita distanza fra di loro, e seguire gli aggiornamenti delle notizie su apposite macchine digitali elargite gratuitamente dal governo. Niente più scuole, niente più feste, niente più corse nei prati. Plinio e Fernanda potevano vedersi solo da lontano oppure, quando erano nelle loro case, vedere i loro volti in piccoli visori portatili. E Plinio, un giorno, mentre la guardava all’interno del suo apparecchio, vide le lacrime che scendevano dagli occhi di lei e si rincorrevano sui suoi lunghi capelli neri. Uscì di casa perché voleva vederla, almeno da lontano. Ma la casa di Fernanda, ormai, faceva parte della cosiddetta “zona rossa”. Era la zona dove il virus aveva colpito di più ed era stata recintata dalla polizia del Grande Signore. Agenti in tenuta antisommossa, con armi spianate, presidiavano il lungo muro di recinzione. Plinio urlò disperato e se ne tornò a casa.
Il regime del Grande Signore aveva cambiato radicalmente la vita delle persone. L’avvento al potere di questo nuovo regime era il coronamento di tutti i precedenti pregiudizi (ecco perché, la sottile causa scatenante venne chiamato da alcuni “coronavirus”). Il virus era il nemico ma i divieti e le violenze aumentarono nei confronti di tutti coloro che erano oggetto di pregiudizio: insomma, uno straniero, uno con la pelle di un altro colore, un uomo innamorato di un uomo o una donna innamorata di una donna, o semplicemente una donna sola, con o senza figli (il potere del Grande Signore, di stampo patriarcale, esaltava la famiglia e il dominio dell’uomo) potevano essere pericolosi elementi di contagio. Le apparecchiature digitali distribuite dal governo avevano fatto bene il loro dovere: il pregiudizio manipolava le coscienze. Perfino la natura era stata oggetto di pregiudizio: secondo il Grande Signore, su di essa il virus poteva fermarsi, ristagnare e trasmettersi alle persone. Fu decisa perciò l’eliminazione dei prati, del fiume, degli alberi, dei fiori. Niente più lucciole, niente più canti degli uccelli, niente più pesci e niente più pesciolino d’oro. Al posto dei prati vennero create enormi distese di cemento, al posto del fiume una nuova, efficientissima strada per permettere lo spostamento dell’esercito e dei mezzi della polizia personale del Grande Signore.
Intanto, gli anni passavano. Plinio era sempre più innamorato di Fernanda e se la immaginava sotto la luce della Luna, nei campi, a danzare sulla Luna stessa, nel vortice dei suoi lunghi capelli. Per un po’ si tennero in contatto per mezzo delle loro apparecchiature finché un tilt generale non causò la distruzione di tutti gli strumenti digitali. Per lunghi anni i due non seppero più nulla l’uno dell’altra. Plinio divenne pittore e dipingeva soltanto i prati, gli alberi, il fiume e una bambina dai lunghi capelli neri che cavalcava un pesciolino d’oro e che saliva fino alla Luna. Lui era sempre stato oggetto di pregiudizio perché non aveva mai praticato i lavori ‘utili’ ‘consigliati’ dal regime, era riuscito a sopravvivere con la sua attività di pittore. Fernanda, invece, non si sa bene cosa abbia fatto in tutto quel tempo: forse si era sposata e aveva avuto dei bambini ma non aveva mai dimenticato Plinio. Divenne poetessa e nei suoi versi cantava sempre un ragazzo che la abbracciava e la portava sulla Luna. Anche lei non si era mai piegata ai lavori ‘utili’ ed era sempre stata considerata un po’ strana.
Passarono cinquant’anni, tre mesi e venti giorni e finì anche il regime del Grande Signore e, con esso, finì anche l’emergenza. Molto probabilmente, però, la vera emergenza del virus era già finita tantissimi anni prima, poco tempo dopo l’erezione del muro. Il virus era stato pericoloso, aveva ucciso, ma di più aveva ucciso il regime del Grande Signore. Plinio e Fernanda si rividero e si riconobbero subito. Lui aveva vissuto in una piccola casetta, dipingendo e vendendo i suoi quadri, lei scrivendo e accudendo i bambini finché il marito non se ne andò con una poliziotta della guardia privata del Grande Signore. Così era rimasta sola e i suoi bambini erano ormai cresciuti. Tornarono là dove c’era il fiume e dove c’era il prato e dove c’erano gli alberi e i fiori e il pesciolino d’oro e le lucciole e la luce della Luna. C’era ancora il cemento ma stavano spuntando nuove piante e nuova erba e gli abitanti del paese, liberati dai pregiudizi, stavano costruendo un nuovo corso del fiume. La natura sarebbe rinata: Plinio e Fernanda ne furono felici e, in una notte di tarda primavera, si abbracciarono alla luce della Luna mentre i capelli ormai bianchi di lei lo avvolsero completamente. E così rimasero per sempre.
per Codice Rosso, Pablo de Estanque
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