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22/03/2020

Le città verranno distrutte all’alba

di Sandro Moiso

Il silenzio del Governo dopo la rapida comunicazione di ieri sera da presidente del consiglio era più che sospetto. L’elenco infinito e incerto di attività (88) di vario genere che avrebbero dovuto mantenere le proprie funzioni produttive e distributive senza chiudere, altrettanto. Ma la notizia che il decreto arriverà soltanto mercoledì, quindi senza entrare in vigore da domani, perché Confindustria continua a sostenere che non si possono chiudere tutte le attività e che occorre ancora limarlo meglio, lascia comunque senza fiato. Anche chi come me è abituato, da decenni, a cogliere nella sete e nell’avidità di profitto e sfruttamento del capitalismo il limite ultimo per la sopravvivenza della specie. Eppure, eppure...

Non c’è limite al peggio poiché, come si afferma in un articolo uscito poche ore fa su Repubblica nella sezione Economia e finanza (qui), non solo il decreto è rinviato di almeno tre giorni, ma gli imprenditori chiedono comunque che le attività restino ancora aperte poiché: “Molti container arriveranno domani nelle fabbriche italiane per scaricare merci e i fornitori esteri già minacciano penali, se il blocco entrasse in vigore subito” e “le imprese sono a corto di liquidità, chiudere senza criteri ben calibrati può voler dire non riaprire più”.

Non solo, gli aderenti alla Confapi (associazione delle piccole e medie industrie), per bocca del presidente Maurizio Casasco, chiedono di detassare le piccole aziende in difficoltà, ma anche che siano le aziende stesse a poter certificare, con procedure semplificate, la necessità dell’apertura degli stabilimenti e una “disposizione di carattere generale che consenta la prosecuzione di attività non espressamente incluse nella lista e che siano però funzionali alla continuità di quelle ritenute essenziali”.

Nella stessa lettera indirizzata al governo si chiede infine di garantire i “tempi tecnici necessari dall’entrata in vigore del provvedimento a concludere le lavorazioni in corso, ricevere materiali e ordinativi già in viaggio, consegnare quanto già prodotto e destinato ai clienti”.

Diciamolo subito il grido di dolore degli imprenditori non è nient’altro che un crimine contro l’umanità e come tale va denunciato. Sul Titanic che affonda i sabotatori di Confindustria aprono ulteriori falle nelle scialuppe di salvataggio per garantire che l’ordine produttivo trionfi. Con il rinvio del Dpcm spostandolo al 25 marzo e con la forza militare dell’isolamento totale dei centri abitati.

Andranno processati tutti, governo vile e imprenditori avidi e sprezzanti, per un crimine contro l’umanità che mostra il vero volto della società libera, vivace e ricca in cui siamo in attesa soltanto di morire. Le aree industriali d’Italia si stanno trasformando in autentici lager che, esattamente come quelli a cielo aperto in Palestina, non hanno nulla da invidiare o rimproverare a quelli nazisti.

Mentre gli unici a chiedere una relazione davanti al Parlamento e alle camere riunite, rimangono purtroppo soltanto i partiti della destra.

Pagheranno caro, pagheranno tutto.

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