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06/10/2020

Francia - Parigi di nuovo in lockdown, o quasi…

La città di Parigi e i dipartimenti limitrofi della cosiddetta “petite couronne” – Hauts-de-Seine, Seine-Saint-Denis e Val-de-Marne – sono da oggi (martedì 5 ottobre) oggetto di nuove restrizioni. L’annuncio, lunedì mattina, di queste misure più stringenti da parte del prefetto di polizia di Parigi, Didier Lallement, ha fatto seguito alla decisione del governo di passare domenica la capitale francese e i comuni circostanti in “zona di massima allerta”, il grado più alto della scala delle restrizioni prima del passaggio allo “stato di emergenza sanitaria”.

L’aumento vertiginoso dei contagi – più di 80mila nuovi positivi nella settimana tra lunedì 28 settembre e domenica 4 ottobre – e un tasso di positività in crescita (dall’8% al 10%) su un numero inferiore di test realizzati (da 165mila a 135mila) dimostrano che la circolazione del virus nella zona di Parigi è più che mai attiva e su una traiettoria preoccupante. Nel Settimanale di Contropiano dello scorso venerdì avevamo già rimarcato la gravità della situazione e il rischio di una pericolosa accelerazione.

Il ministro della Salute, Olivier Véran, ha spiegato che la decisione del governo si è basata sui dati preoccupanti della passata settimana che hanno confermato una tendenza al peggioramento dei tre indicatori principali: tasso di incidenza della malattia (il numero di casi confermati nell’ultima settimana per 100mila abitanti), tasso di incidenza sulle persone di più di 60 anni e tasso di occupazione dei letti di rianimazione da parte dei pazienti affetti da Covid-19.

Se si guarda ai dati pubblicati dalla Santé publique France, si nota che la città di Parigi aveva superato la soglia critica della massima allerta già dal 25 settembre, come riportato dall’analisi di questi tre indicatori pubblicata da FranceInfo e sintetizzata nei tre grafici sottostanti.

Nella conferenza stampa di ieri, il direttore generale dell’Agenzia Regionale della Sanità dell’Ile-de-France, Aurélien Rousseau, ha affermato che “il tasso di incidenza è superiore a 200 per 100.000 abitanti a Parigi e di oltre 500 per la fascia d’età compresa tra i 20 e i 30 anni, la categoria in cui il virus circola più attivamente”. Inoltre, ha aggiunto che “la pressione è forte”, esprimendo una sincera quanto pericolosa preoccupazione: “nelle prossime due settimane arriveremo ad occupare il 50% dei letti di terapia intensiva”.

Era atteso che la situazione sanitaria nella capitale fosse “molto grave” – queste le parole utilizzate dalla sindaca Anne Hidalgo – per adottare le misure volte a contrastare la propagazione del Coronavirus. Le seguenti restrizioni, che diverranno effettive da oggi, saranno valide per i prossimi 15 giorni; al termine di questo periodo, in base a quello che sarà il contesto tra due settimane, le autorità decideranno come agire di conseguenza.

Nel frattempo, bar, sale da gioco, sale da ballo, palestre e piscine saranno totalmente chiusi al pubblico, mentre ristoranti, cinema, musei e teatri potranno restare aperti ma con un protocollo sanitario rafforzato che sarà emanato dall’Alto Consiglio della Sanità pubblica. La ratio risiederebbe nel fatto che in questi ultimi luoghi sia possibile controllare e regolare l’accesso al pubblico (tramite prenotazione, ad esempio) e garantire il distanziamento fisico tra le persone, mentre nei primi tutto ciò sia estremamente difficile o praticamente impossibile.

Anche gli istituti di istruzione superiore dovranno conformarsi al nuovo protocollo: le aule e gli anfiteatri delle università potranno essere riempiti fino al 50% della loro capienza. Il 40% dei clusters attivi nell’Ile-de-France (203 registrati) fanno riferimento ad istituti scolastici e universitari. Il portavoce del governo, Gabriel Attal, si è detto “scioccato” dalle aule sovraffollate e, in generale, della “situazione catastrofica nelle università”. Questo a riprova del fatto che chi siede al governo non ha minimamente idea di cosa accada nella “società reale”, nella vita quotidiana di milioni di persone.

Milioni di persone che ogni giorno affollano i mezzi di trasporto pubblico della regione (metro, RER, Transilien) per recarsi sul posto di lavoro – almeno chi ce l’ha ancora e non lo ha perso. Infatti, secondo il rapporto dell’Institut National de la Statistique et des Études Èconomiques (INSEE) pubblicato a metà settembre, nel secondo trimestre del 2020 si è registrato un ulteriore calo del lavoro salariato, con una distruzione netta di oltre 215mila posti di lavoro, che si aggiungono alla perdita di quasi 500mila posti avuta nel primo trimestre.

Il ministro del Lavoro, Elisabeth Borne, continua a ribadire la “necessità di dare priorità, più che mai, al telelavoro”, ripetendolo all’infinito, come se ciò potesse risolvere il problema dei contagi nei luoghi e per le attività in cui il lavoro a distanza non è implementabile in alcun modo. Un’altra prova dello “scollamento dalla realtà”, di cui sopra.

Ancora una volta, come mesi fa, il lavoro e la salute dei lavoratori sono sacrificabili in favore di qualche punto di PIL e dei profitti miliardari di grandi imprese e multinazionali. La vignetta del disegnatore Sanaga riassume perfettamente questo concetto: invece di dettagliare ciò che è vietato, è più semplice dire cosa è ancora autorizzato, ovvero lavorare.


Questo sistema capitalistico che sfrutta il lavoro modella una società sulla base del diktat “produci, consuma, crepa”; proprio questo sembra essere stato utilizzato per la definizione di ulteriori restrizioni, visto che i centri commerciali e i grandi negozi di Parigi e della “petite couronne” potranno restare aperti. Anche se, bisogna dire, il prefetto Lallement ha affermato che intende adottare tutte le “misure” necessarie, nel vero senso della parola: “grandi centri commerciali e grandi negozi dovranno ospitare un massimo di un cliente ogni 4 metri quadri”.

Ma il prefetto Lallement tocca le più alte vette di assoluta ipocrisia quando, nel corso della conferenza stampa, annuncia che i presidi statici di più di dieci persone sono vietati, ma che tale misura non si applica alle manifestazioni rivendicative in nome della “libertà fondamentale di esprimersi e di manifestare le proprie opinioni”.

Ricordiamo che, nell’inchiesta pubblicata da Mediapart, persino diversi gendarmi mettevano in dubbio la legalità degli ordini da lui impartiti, accusandolo di “pratiche contrarie alla legislazione e ai regolamenti” e “uso sproporzionato della forza” contro i movimenti sociali in piazza.

La seconda ondata di Coronavirus ha costretto prima Marsiglia e poi Parigi a reintrodurre delle restrizioni – alquanto discutibili e decisamente parziali – per frenare la diffusione e la crescita dei contagi. Altre grandi città, come Lione, Lille e Tolosa, potrebbero diventare presto “zone in allerta”.

Ora l’occhio è rivolto alle terapie intensive e al livello di saturazione dei posti letto in questi reparti: attualmente più di 1.300 persone affette da Covid-19 si trovano ricoverate in rianimazione, su un totale di circa 5.000 posti letto disponibili in tutta la Francia.

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