La coscrizione obbligatoria era stata abbandonata o sospesa quasi ovunque in Europa tra gli anni ’90 e i primi dieci anni del duemila. Ma il clima bellicista che ormai emerge dal linguaggio politico come dalle scelte concrete con il piano di riarmo europeo della Von der Leyen, sta però riportando all’ordine del giorno una crescente militarizzazione dell’economia e del senso comune.
Capofila di questa tendenza è, quasi ovviamente, la Germania dove la reintroduzione della coscrizione obbligatoria è diventata tema di dibattito nella formazione del nuovo governo di coalizione tra Cdu-Spd e Verdi.
E proprio i Verdi hanno presentato una proposta per introdurre l’istituto del “servizio di libertà” che renderebbe obbligatorio per tutti i cittadini – tedeschi e non – prestare volontariato in uno degli apparati dello stato. La proposta è stata formulata in modo piuttosto ambiguo.
La leva obbligatoria in Germania è attualmente in fase di discussione all’interno dell’appena subentrato governo e sembra godere di forti consensi da parte degli esponenti politici. Con la proposta dei Verdi si offrirebbe la possibilità di scegliere ai cittadini tra volontariato civile o militare, estendendo tuttavia l’obbligo all’intera popolazione e non limitatamente – come invece avverrebbe con la leva militare – solo ai giovani neomaggiorenni.
Il Ministero dell’Interno, Nancy Faeser (SPD), ha chiesto che i giovani siano preparati alle crisi e ai possibili eventi di guerra. “Alla luce dell’evoluzione della situazione della politica di sicurezza negli ultimi tempi, si dovrebbe porre maggiore attenzione sulla protezione civile, anche nell’istruzione scolastica”, ha detto lunedì il quotidiano tedesco Handelsblatt citando un portavoce del ministero. Nell’articolo si riporta anche l’auspicio del responsabile della sicurezza della CDU Roderich Kiesewetter, secondo cui: “È imperativo che l’emergenza sia praticata, perché gli studenti sono particolarmente vulnerabili e particolarmente colpiti in un’emergenza”.
In Europa attualmente prevale ancora la volontarietà della leva militare. Il servizio militare su base volontaria è stato introdotto in Belgio dal 1994, in Portogallo dal 1999, nel Regno Unito dal 2001, in Spagna dal 2002, in Italia dal 2005, in Francia dal 2006, in Germania nel 2011. Ma oggi in molti paesi sta tornando a crescere l’interesse per forme di coscrizione obbligatoria.
Anche la Svezia, entrata nella Nato nel 2023, ha annunciato nel mese di settembre dello scorso anno il ripristino del servizio militare obbligatorio a partire dal 2028, otto anni dopo la sua soppressione. Ad essere chiamati alle armi saranno tutti i giovani nati dopo il 1999.
In Italia la leva obbligatoria era stata sospesa nel 2005 con la legge numero 226 del 23 agosto 2004. Ma Salvini era tornato a parlare della reintroduzione della ferma obbligatoria nel corso della campagna elettorale del 2018, ma oggi nel clima di guerra dominante quella che allora era sembrata una boutade viene ripresa in considerazione.
Ma le controindicazioni alla coscrizione obbligatoria non stanno solo nella minore o maggiore vocazione guerrafondaia dei governi. Ad esempio ci sono “limiti strutturali” che nel tempo potrebbero incidere seriamente sulla efficacia della leva militare di massa.
Secondo gli scenari indicati dall’Istituto Bruegel (un think thank dei poteri forti europei) l’Unione Europea sta per entrare in un’era di declino demografico che cambierà profondamente il suo assetto socio-economico. A partire dal 2026, la popolazione del continente inizierà a ridursi, con impatti tangibili su economia, mercato del lavoro e welfare. Lo scenario indicato dall’Istituto Bruegel è a tinta grigia: entro il 2050, ben 22 Stati membri sui 27 della Ue vedranno una riduzione della popolazione in età lavorativa, mentre la quota di over 85 raddoppierà.
Ma il problema non è solo numerico, è anche geografico: il calo sarà più marcato nei Paesi dell’Est e dell’Europa euromediterranea, dove a un saldo naturale negativo (più decessi che nascite) si somma la scarsa capacità di attrarre immigrati. In altre parole, mentre le economie più sviluppate del Nord e dell’Ovest riusciranno a tamponare il problema grazie a una maggiore immigrazione, l’Europa del Sud e dell’Est rischiano di trovarsi con le spalle al muro a causa dell’ invecchiamento e dello spopolamento.
Ad esempio Italia, Spagna e Grecia sono i tre Paesi più colpiti dal calo della popolazione in età lavorativa e quindi anche “militarizzabile”: entro il 2050, gli under 65 diminuiranno del 20%, mentre gli over 65 aumenteranno del 40%.
E poi c’è la fuga all’estero dei giovani dai paesi in questione. L’Ue ha fissato come obiettivo per il 2030 un tasso di fuga dei giovani dai propri paesi inferiore al 9%, ma Italia, Spagna e Grecia sono ben lontane da questo obiettivo. Anche nell’Europa dell’Est (quindi dei paesi più vicini alla “frontiera di guerra”, ndr) è in corso lo spopolamento da parte dei giovani. Paesi come Lettonia, Lituania, Romania e Bulgaria stanno sperimentando una doppia emorragia: da un lato, la natalità è in calo vertiginoso; dall’altro, migliaia di giovani lasciano ogni anno i loro Paesi d’origine per cercare migliori opportunità altrove. Le difficoltà nell’arruolamento militare in Ucraina ha già rivelato questa contraddizione.
Sia la Nato che alcuni rapporti dei servizi di sicurezza tedeschi parlano insistentemente del 2030 come “anno fatidico” in cui la guerra potrebbe rivelarsi come opzione sul tappeto della storia in Europa.
Ma i governi guerrafondai devono fare i conti con un sentimento delle proprie popolazioni niente affatto coincidente con i propri progetti bellicosi.
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Sondaggio Gallup. In rosso i contrari a combattere per il proprio paese |
Un recente sondaggio della Gallup ha rivelato che nell’Unione Europea sono una minoranza coloro che si dicono oggi disponibili a combattere per il proprio paese. Fatta eccezione per la Finlandia (74%), la Grecia (54%) e la Polonia (45%), negli altri paesi le percentuali di disponibilità a combattere diminuiscono vertiginosamente.
In Germania solo il 23 per cento combatterebbe per difendere il proprio stato. In Belgio si dice disponibile solo il 19 per cento. Nei Paesi Bassi ancora meno, il 15 per cento. In Italia ha risposto sì solo il 14 per cento.
Se i governi europei vorranno mettere mano alla questione, e ripristinare la leva obbligatoria per dotare di “carne da cannone” le proprie forze armate, dobbiamo aspettarci già dai prossimi mesi una intensificazione della propaganda bellicista, in particolare nelle scuole e nelle università.
Un processo del resto già avviato da tempo, come denunciano l’Osservatorio contro la militarizzazione di scuola e università o organizzazioni giovanili come Cambiare Rotta. Nulla esclude che tra qualche mese il ministero dell’istruzione venga avanti con l’Alternanza Scuola-Caserma oltre a quella scuola-lavoro. Alle guerre servono carne da cannone ma il problema, anche in questo caso, potrebbe essere quello della scarsità.
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