Un successo travolgente e inaspettato, frutto di più di dieci anni di
conflitto sociale sul territorio e sui grandi tempi-chiave per una città
distrutta dalle clientele.
Abbiamo avuto una lunga chiacchierata con Gino Sturniolo, eletto consigliere a Messina e portavoce della Rete NoPonte.
Ne è venuto fuori un quadro molto vivace, fuori dagli schemi
consolidati (anche quelli dell'"alternativismo" storico), ricco di
suggestioni e autentici insegnamenti per chi si pone l'obiettivo di
rovesciare gli equilibri politici attuali.
Inevitabile cominciare
la chiachierata chiedendo se si aspettavano una vittoria così. "Alla fine
sì, anche se non ce lo dicevamo nemmeno fra noi. Si avvertiva la
sensazione che qualcosa stesse cambiando, nel profondo della
cittadinanza. Certo, ha aiutato anche il forte astensionismo al secondo
turno, con molti candidati del centrosinistra ormai demotivati perché
già eletti o incazzati perché non c'erano riusciti.
E' stata una cosa
cresciuta piano piano. I primi sondaggi ci davano al 17%, poi al 20. Al
primo turno era già un risultato sorprendente per chi non aveva il
nostro radicamento sociale. Il nostro problema era arrivare al
ballottaggio; in qualche modo ci sentivamo certi di riuscire a vincere
al secondo turno.
E' il frutto di un lavoro lungo anni, ma anche
della crisi economica e della 'crisi della politica'. Si apre uno spazio
enorme, in parte coperto da Grillo per una fase, ma già adesso se ne
stanno vedendo tutti i limiti. Noi lo abbiamo coperto con una proposta
credibile, portata avanti da persone molto conosciute. Renato Accorinti è
un attivista storico. Proprio ieri era l'undicesimo anniversario di
quando salì sul pilone con lo striscione 'No Ponte'; dopo una settimana
avevamo fatto il primo campeggio, poi piano piano piano siamo diventati
20.000.
Ma anche così non ce l'avremmo fatta. Attorno ai comitati e
alle associazioni di attivisti si è coagulato un modo di gente che ci ha
visto come il cambiamento.
Il forte astensionismo è il segno che
nemmeno le clientele bastano più. Il candidato del centrosinistra,
Felice Calabrò, è la faccia pubblica di Fracantonio Genovese, uno dei
proprietari dei trasporti sullo stretto, boss della formazione in
Sicilia, soprannominato "mister 20.000 preferenze" per dimensioni del
pacchetto di voti che può mobilitare. Sapevamo di essere forti nel centro
città e nella zona settentrionale, mentre in altre più legate ai poteri clientelari non avevamo superato il 2% al primo turno. Poi non
li hanno votati più neppure lì.
Al primo turno aveva votato il 75%,
con Calabrò avevano schierato otto liste; noi una sola. Si vedeva anche
da questo la differenza. Così hanno finito per votare chi andava da
sempre a mani nude contro le portaerei.
La composizione del blocco
sociale che ci sostiene è molto varia, tutta da indagare e capire. Non è
la lista della sinistra alternativa; fossimo stati soltanto quello
avremmo fatto un buon risultato, ma non avremmo vinto. C'è una
generazione nuova, di giovani totalmente nuovi alla politica. Dentro uno
schema soltanto identitario non li avremmo incontrati. Gli avversari
hanno cercato di schiacciarci proprio sull'immagine della lista di 'estrema sinistra', enfatizzando la presenza di esponenti di
Rifondazione, Pdci, Idv e Verdi, poi anche gli attivisti del Teatro
Pinelli. Ma se si vanno a vedere i voti si nota che queste componenti
sono state sì importanti, hanno dato un contributo; ma non sono il
baricentro. Il loro tentativo non è passato perché, banalmente, non è
questa la nostra realtà.
La campagna elettorale non è stata
affatto sul No Ponte. Abbiamo fatto una sola iniziativa su questo tema.
Le due parole d'ordine su cui abbiamo insistito sono state 'beni comuni'
e 'partecipazione'. Alla fine anche Calabrò ci ha inseguito, cercando
di parlare la stessa lingua, fino a mettere in uno spot il Teatro
Pinelli. Che ha risposto ringraziando dell'attenzione, ma confermando
l'internità al nostro programma.
Ma come si declinano i 'beni comuni'
a Messina? Sono anni che lavoriamo sull'acqua, il Ponte, le grandi
infrastrutture, ecc. Ora ci faremo un assessorato, che oltre ai beni
comuni si occuperà anche di partecipazione e valutazione. Intendiamo
favorire la creazione di consulte di cittadini, sia sul piano
territoriale che negli ambiti settoriali, per macro aree (per esempio,
sui trasporti).
Facciamo un altro esempio, sugli spazi comuni.
Vogliamo concentrarci sugli 'usi' anziché sulle 'assegnazioni'. Queste
ultime favoriscono spesso il 'barricarsi dentro', adottando alla fine
una logica 'proprietaria'. Se ti assegno la gestione di uno spazio,
checché se ne dica, quello alla fine diventa 'tuo', non è più un 'bene
comune'. Perciò intendiamo varare dei 'regolamenti d'uso' per permettere
a tutti l'accesso a quei luoghi.
Le consulte per macro aree - di
nuovo l'esempio dei trasporti - dovrebbero diventare anche luoghi di
valutazione dell'operato degli assessori (in questo caso, quello alla
mobilità).
Insomma, questa vittoria è il frutto di un lavoro sociale e
politico molto concreto, durato oltre dieci anni. Ma è anche una
rivincita. Una signora ieri ricordava piangendo come solo pochi mesi fa
il figlio fosse stato maltrattato dai vigili urbani perché era uno dei
due attivisti che erano entrati in Comune per stendere lo striscione 'la
crisi la paghino i ricchi'. Ora siamo entrati in Comune alla testa di
un corteo, con i vigili a spalancarci le porte. Dopo trenta anni di
lotte, spesso isolati e in pochi, è anche una rivincita.
Certo, ora
viene il difficile. Abbiamo il sindaco, ma solo quattro consiglieri
contro 36. Ma è anche questa una sfida esaltante, che si può vincere con
la partecipazione della cittadinanza".
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