Tensioni improvvise sul mercato cinese. La banca centrale blocca i
pagamenti interbancari, mentre numerosi bancomat da qualche giorno non
erogano più denaro contante.
Una mossa “anti-mercato”, ma benedetta dal mercato? Com'è possibile?
Il governatore della Banca Centrale cinese (Pboc)
ha deciso di bloccare per 24 ore i pagamenti interbancari in tutto il
paese. La misura è tesa a “congelare” la corsa mostruosa del tasso
interbancario interno (il tasso a cui le banche si prestano
quotidianamente soldi per far fronte a liquidità insufficiente per
determinate operazioni), che ha raggiunto il livello pericolosissimo del
30% (in luogo del 3% che costituiva la normalità sul mercato cinese).
Il tentativo del governatore punta a tranquillizzare, per quanto
possibile, gli operatori circa un possibile – e in qualche modo atteso,
ormai – credit crunch cinese.
Zhou Xiaochuan ha dichiarato la notte scorsa che,
nonostante la politica monetaria sia perfettamente in linea con le
stime di crescita e di inflazione della banca centrale, la Pboc si assicurerà che vi sia la liquidità necessaria a far fronte ai crediti in circolazione.
L’indice azionario di Shanghai ha virato solo a quel punto verso una
chiusura positiva. Non a tutti questa decisione è sembrata però
sufficiente, visto che non è per il momento previsto alcun ulteriore
allentamento monetario per stimolare l’economia. “Tuttavia, la sola
indicazione di voler salvaguardare il sistema bancario della seconda
economia mondiale, la quale era passata allo scrutinio degli analisti
nel corso delle ultime settimane, ha avuto un effetto positivo sui
mercati”.
La misura sembra soprattutto orientata, però, a
ridurre l'influenza dello "shadow banking" (società che si comportano
come banche, ma senza sottostare agli stessi controlli), che negli
ultimi tempi ha raggiunto livelli pericolosi. Come si può vedere dal
grafico qui riprodotto:
Ma le difficoltà
non riguardano ormai soltanto i rapporti interbancari. Da circa una
settimana sia gli sportelli bancari che molti bancomat hanno smesso di
fornire contante in Cina. Nessuno sembra avere informazioni precise su
fino a quando potrà durare quest’improvvisa carenza di liquidità.
“La prima banca a bloccare gli sportelli è stata la Icbc, la più grossa
banca commerciale statale cinese, e poi, in alcuni giorni, la stessa
Bank of China”. Alcuni comunicati bancari “hanno cercato di dire agli
utenti che le difficoltà di questi giorni provengono da un upgrade
informatico, ma nessuno dà credito a questa spiegazione. Quello che
appare evidente è che il credit crunch che colpisce le banche cinesi è
la tappa più seria che si sia avuta finora in quella che era stata una
scaramuccia solo verbale: il governo centrale – e in particolare il
nuovo premier Li Keqiang – da mesi dice alle banche di restringere il
credito, senza risultati. Così, ecco che il credito si sarebbe
improvvisamente bloccato, e la decisione di alcune banche commerciali di
non erogare più nemmeno contante è il gesto supremo con cui esprimono
tutto il loro disappunto nei confronti della Banca centrale. Che
continua invece a richiedere che cessino i prestiti pericolosi e che i
conti siano rimessi in ordine”.
Fonti: agenzie e http://www.waroncash.org
Qui di seguito un'utile ricostruzione delle tappe della crisi finanziaria nel nuovo millennio.
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Cina, in arrivo la crisi fotocopia?
Andrea Baranes, Sbilanciamoci.info
"La Cina spaventa in
mercati", "La Cina affonda le Borse". Notizie sempre più allarmanti,
legate a un rallentamento della produzione industriale del gigante
asiatico. Ma perché un tale rallentamento dovrebbe "affondare" le Borse
di tutto il mondo? Sicuri che per la finanza globale non ci siano
motivazioni più profonde in arrivo dal lontano oriente, che
giustificano le attuali preoccupazioni?
Nel 2001 scoppia negli Usa la bolla dei titoli
delle imprese tecnologiche. Negli anni precedenti il valore delle
società informatiche cresceva senza sosta, e più cresceva più
risparmiatori vedevano la possibilità di realizzare alti profitti, e
quindi compravano. L'aumento della domanda di titoli spingeva il prezzo
verso l'alto, e l'aumento del prezzo sosteneva l'aumento della domanda.
Una classica bolla finanziaria che si auto-alimenta.
Nel 2001, con i prezzi enormemente sopravvalutati,
qualcuno inizia a vendere e parte il processo inverso. Le vendite
significano un aumento di offerta di titoli, il che fa scendere i
prezzi, il che a sua volta porta altri risparmiatori a disfarsi dei
titoli. Scoppia la bolla finanziaria, panico sui mercati ed effetto
valanga tra vendite e crollo dei prezzi.
Per uscirne la Fed, la banca
centrale statunitense, taglia drasticamente i tassi, il che equivale a
immettere liquidità nel sistema economico: diventa più facile prendere
soldi in prestito e indebitarsi, ad esempio per contrarre un mutuo sulla
casa. Il sistema delle cartolarizzazioni permette a banche e
intermediari di concedere mutui a tutti, ignorando i rischi. Un
passaggio fondamentale consiste nel fatto che le banche cedono i mutui a
società che si comportano come banche ma non devono sottostare alle
regole e ai controlli previsti per il sistema bancario. È il cosiddetto
"sistema bancario ombra" - shadow banking system - fatto di
società registrate nei peggiori paradisi fiscali del pianeta e che
consente ai grandi gruppi bancari di spostare fuori bilancio prestiti e
mutui eccessivamente rischiosi. L'aumento di domanda delle case spinge
al rialzo i prezzi, e dà il via alla bolla immobiliare.
Nel 2007 la bolla scoppia. I prezzi delle case crollano, i mutuatari subprime
non riescono più a restituire i prestiti contratti. La crisi
immobiliare si trasforma rapidamente in una crisi finanziaria e di
fiducia. Nessuno sa dove siano le perdite, nessuno si fida più di nessun
altro, e le banche non si prestano più denaro tra di loro. In
condizioni normali le banche si prestano continuamente denaro a vicenda
nel circuito interbancario, per bilanciare eccessi o mancanze momentanee
di liquidità. Prestiti che spesso vengono erogati e restituiti da un
giorno all'altro, e per questo chiamati overnight. Il tasso overnight,
ovvero il tasso di interesse a cui le banche sono disposte a prestarsi i
soldi l'una l'altra, è un indice fondamentale per misurare la fiducia
sul mercato finanziario. Con lo scoppio della bolla dei subprime,
questo tasso va alle stelle, non solo negli Usa ma in tutto il mondo.
Si blocca l'intero sistema, e devono intervenire gli Stati con
giganteschi piani di salvataggio per evitarne il completo collasso.
Esplode la peggiore crisi degli ultimi decenni,
con una fortissima recessione che dura ancora oggi e conseguente crollo
dei consumi, in particolare nelle economie occidentali. Le
ripercussioni colpiscono i paesi che esportano verso Usa ed Europa,
quindi in primo luogo la Cina, diventata la nuova fabbrica del mondo.
Per uscire dalle difficoltà legate al calo delle esportazioni, la Cina
decide di puntare sul mercato interno. Il partito tollera, se non
addirittura sostiene, i primi scioperi e le richieste di aumenti
salariali, in modo da aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori e
metterli cosi in condizione di aumentare i consumi. Ma è un processo
lungo. Per sostenere la domanda interna si punta sull'edilizia.
Incentivi e facilitazioni per costruire e comprare casa. Il prezzo delle
case inizia a salire. Il fenomeno viene amplificato non solo dai
crediti facili erogati dalle banche cinesi, ma anche da tutta una serie
di società finanziarie più o meno legali e più o meno informali, che sul
territorio erogano prestiti ai cittadini. Società che di fatto si
comportano come banche, ma che non devono sottostare alle regole e ai
controlli previsti per il sistema bancario. Avete una sensazione di dejà-vu?
Il prezzo delle case sale velocemente,
troppo velocemente per la limitata capacità di acquisto dei cinesi. E
si è costruito troppo, c'è un eccesso di offerta di case e i prezzi
rischiano di crollare. Le società informali che avevano erogato prestiti
a cittadini che non sono in grado di rimborsarli si trovano in
difficoltà, e le difficoltà passano rapidamente al sistema bancario
cinese. Il 20 giugno 2013 Forbes titola "panico cinese: l'overnight tocca
il 25%", sottolineando come lo stesso tasso era intorno al 7% solo
pochi giorni prima. Sembra che le banche del gigante asiatico non si
fidino più l'una dell'altra, il mercato interbancario è congelato.
Ricapitolando: politiche di indebitamento
e "soldi facili" che non portano a uno sviluppo dell'economia reale, ma
a una bolla speculativa, a causa di un mercato dominato da logiche
finanziarie e di brevissimo termine; assenza di regole e controlli e
sviluppo di un sistema finanziario pseudo-legale; scoppio della bolla;
crollo della fiducia sui mercati finanziari.
Cosa succederà ora? Difficile dirlo.
L'articolo presenta delle semplificazioni eccessive, la Cina del 2013
non è gli Usa del 2007, i dati macroeconomici dei due paesi, a partire
dalla bilancia dei pagamenti, sono estremamente differenti, così come la
situazione politica e via discorrendo. Rimangono però delle somiglianze
impressionanti. Prima tra tutte, che con ogni probabilità le difficoltà
non sono legate al rallentamento della produzione industriale. È invece
l'ennesima dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, che l'attuale
sistema finanziario è inefficiente, inefficace e totalmente fuori
controllo. Non è più uno strumento al servizio dell'economia ma un
fardello insopportabile per l'insieme della società. Cina 2013 e Usa
2007 sono sicuramente due situazioni molto diverse, ma rimane un minimo
comune denominatore. Come sosteneva Mark Twain oltre un secolo fa, la
storia non si ripete ma spesso fa rima.
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