La Federal Reserve statunitense si appresta a cambiare strumenti nella
gestione della crisi, riducendo la portata degli acquisti di bond
spazzatura. Un primo fremito che agita "i mercati".
La pacchia sta per finire. Ben Bernanke è uomo prudente e
preparato, uno dei massimi studiosi della crisi del '29, quindi non può
usare queste parole. Ma è quello che ha detto.
Da ottobre,
ricordiamo, la sua Fed acquista "bond spazzatura" per 85 miliardi di
dollari al mese. Si tratta soprattutto di prodotti "derivati" che da
anni nessuno riesce più a vendere e che quindi non hanno più un prezzo;
tantomeno quello - spesso folle - di emissione. Contabilizzare il prezzo
zero, per i grandi "investitori istituzionali che li hanno in
cassaforte (banche, assicurazioni, fondi di investimento e fondi
pensione) significherebbe svalutare drasticamente il proprio patrimonio,
con conseguenze "sistemiche" facilmente immaginabili. Dunque la Fed,
oltre a prestare da anni dollari a tasso zero alle banche (equivale a
regalare soldi per una cifra equivalente al tasso d'inflazione), sta
gestendo una "lavanderia finanziaria" di dimensioni ciclopiche che ha
tenuto in piedi sia Wall Street che il mercato obbligazionario globale.
Una
manna per investitori e speculatori, una svalutazione soft per il
dollaro, un po' di fiato regalato alla produzione made in Usa. Ma ogni
miracolo ha un tempo massimo. E Bernake, ieri sera, ha annunciato che
"siccome l'economia migliora" dalla fine di quest'anno la bonanza sarà
di proporzioni minori; fino a spegnersi del tutto quando il tasso di
disoccupazione Usa sarà sceso al 6,5%.
Inutile qui dilungarsi sul
fatto che le statistiche statunitensi sono da sempre criticate per
faciloneria e rettifiche spesso anche rilevanti. Inutile anche ricordare
che laggiù si considera statisticamente "occupato" chiunque abbia
lavorato almeno un'ora durante la settimana (con quale salario potete
calcolarlo da soli). Entro parametri così oscillanti la decisione è
comunque chiara: stop agli stimoli se le cose continueranno così.
Il
Pil crescerà un po' meno del previsto, la disoccupazione diminuisce
(con quei criteri...) un po' più lentamente delle aspettative, ma
comunque per la Fed è ora di cambiare registro prima d'innescare
dinamiche iper-inflazionistiche contrarie al suo mandato e impossibili
poi da gestire ordinatamente.
Qui è il caso invece di ricordare che
la Fed ha per statuto due obiettivi principali: mantenere basso il tasso
di inflazione e altrettanto quello di disoccupazione. Questo spiega
l'andamento oscillante della sua politica monetaria, sempre a zig zag,
con variazioni anche molto violente nel breve periodo. Il contrario di
quel che avviene nella Bce, dove lo statuto impone un solo target:
combattere l'inflazione e chi se frega se la gente non trova più lavoro.
La
differenza statutaria e è frutto anche di una diversa situazione
istituzionale. La Bce è un istituto indipendente dal potere politico
(peraltro quasi inesistente a livello continentale, visto che non esiste
alcuno "stato europeo"), mentre la Fed è sottoposta alle decisioni della
Casa Bianca. Anche per la Banca d'Inghilterra e ancor di più per quella
del Giappone la situazione è simile.
La "politica monetaria
espansiva" della Fed non può però essere sostituita dall'azione di
qualsiasi altra banca centrale. Gran Bretagna e Sol Levante non hanno il
ruolo imperiale degli Stati Uniti, quindi il loro "stampar moneta" non
ha la stessa "credibilità" (la potenza militare) di quello statunitense.
La Bce semplicemente non può, in virtù di uno statuto idiota e di una
governance politicamente - quindi anche socialmente - irresponsabile.
Il
venir meno della "liquidità illimitata" che sgorga dalla Fed quindi
significa meno ossigeno per mercati finanziari che hanno goduto fin qui
del denaro facile in modo assolutamente prevedibile: rinforzando il
proprio patrimonio, prestando meno di quel che incameravano. Ma anche
riprendendo la folle roulette dei "prodotti derivati", e perfino dei
mutui subprime (il punto in cui il sistema, nell'estate 2007, era
esploso dando il via alla più grave crisi della storia capitalistica).
Inevitabile
dunque che le borse mondiali abbiano ripiegato una dietro l'altra sulla
scia del discorso di Bernanke. Avviene sempre così. Il problema non è
però contingente. La Fed interferisce con i mercati globali tenendo
fermamente l'occhio sugli interessi esclusivamente statunitensi (la
disoccupazione che deve tener bassa è quella, mica quella globale); ma
non ci sono né sostituti né strategie alternative. Tanto più tenendo
conto che lo stesso Bernanke sta per passare la mano ("è rimasto lì più a
lungo di quanto istituzionalmente previsto solo per non turbare
ulteriormente i mercati", ha detto Obama).
Quando "gli investitori" realizzeranno che anche questo gioco è finito...
Fonte
Per frala breve, nuovi cazzi ancora più amari all'orizzonte. Nessuno però si prende la briga anche solo di pensare a sistemi diversi da quello in cui viviamo, tanto a leggere sta roba siamo al massimo in quattro (magari quattro!) stronzi.
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