“Noi potremo continuare a garantire la
sicurezza degli Stati Uniti d’America e dei nostri alleati e mantenere un forte
e credibile deterrente nucleare anche riducendo sino ad un terzo il numero
delle armi strategiche installate”. Il presidente Barack Obama sceglie Berlino
e la porta di Brandeburgo per perorare un nuovo accordo con la Russia sul
numero delle testate da stoccare. “Dobbiamo ridurre i nostri arsenali rispetto
al livello stabilito dal trattato START (Strategic
Arms Reduction Treaty) per dare a noi stessi, alle altre potenze atomiche e
a tutto il pianeta l’esempio della possibilità di convivere in pace”, ha
aggiunto Obama. L’umanità però dovrà vivere ancora a lungo con l’incubo
dell’Apocalisse atomica. “Prenderemo in considerazione l’uso di armi nucleari
solo in circostanze estreme per difendere gli interessi vitali del nostro paese
e dei nostri partner”, avverte in conclusione il presidente-Nobel della pace.
Se, come e quando si giungerà a un taglio
degli arsenali di morte è tutto da vedere. A Washington molti congressisti e i
vertici delle forze armate guardano con ostilità alle proposte di “disarmo”
dell’amministrazione. “Errate e pericolose” le hanno prontamente bollate i
senatori repubblicani John McCain e Lindsey Graham. Per il presidente del comitato
sulle forze armate della Camera dei deputati, Buck McKeon, negoziare con i
russi un nuovo accordo sul controllo delle armi atomiche è un “desiderio” del
presidente del tutto “inaccettabile”. E si fa notare altresì che il bilancio
militare di previsione per il 2014, approvato lo scorso 5 giugno, pone nei
fatti un veto a riduzioni degli arsenali oltre a quelli previsti dal cosiddetto
New START, sottoscritto da Stati
Uniti e Russia nell’aprile 2010. L’accordo, in particolare, prevede che le due
superpotenze riducano da 2,500 a 1,550 il numero di testate possedute entro il
2018. In cambio però, il New START
non prevede limiti alle armi stoccate classificate come “tattiche” o a “corto
raggio”. Il numero di queste ultime armi di distruzione di massa è stimato oggi
in 2,700 per gli Stati Uniti e 2.680 per la Russia.
“Anche se Washington guarda con interesse ad
una trattativa con Mosca per ridurre le testate nucleari strategiche di un
terzo, le forze armate Usa continueranno a fare investimenti per sostenere lo
sviluppo di queste armi e delle piattaforme destinate al trasporto”, ha precisato
il Segretario alla difesa Chuck Hagel. “Il Pentagono manterrà la cosiddetta triade di bombardieri, missili balistici
sottomarini e missili intercontinentali per assicurare agli Stati Uniti una
deterrenza nucleare efficiente e credibile”. E nella stessa giornata
dell’annuncio di Obama a Berlino, il Dipartimento della difesa ha reso pubblico
il nuovo rapporto sulla “strategia di utilizzo del nucleare”, il primo redatto
sul tema da più di dieci anni a questa parte. Nel documento, la minaccia di
guerra nucleare globale viene definita “remota”, mentre il “rischio di un
attacco nucleare è invece cresciuto”. “La più grande minaccia immediata è
rappresentata oggi dal terrorismo nucleare”, scrive il Pentagono. Per
fronteggiare i nuovi pericoli (Iran e Corea del Nord i due paesi chiamati in
causa come principali responsabili della proliferazione nucleare), gli
strateghi invocano ulteriori stanziamenti finanziari, così da “mantenere la capacità
di proiettare a distanza la forza nucleare con i bombardieri pesanti e i caccia
doppio-uso”.
A partire del 2020, l’US Air Force si doterà
di un centinaio di nuovi bombardieri d’attacco a largo raggio in grado di
trasportare armi nucleari. Lo scorso anno l’amministrazione Obama ha inoltre
varato un programma di “estensione della vita” di circa 400 bombe nucleari a
caduta libera del tipo B61, denominato Stone Axe (Ascia di Pietra). Queste testate
saranno dotate dalla Boeing di un sistema di guida di precisione e direzione. Allo
Stone Axe il Congresso ha autorizzato
per il prossimo anno la spesa di 537 milioni di dollari, ma l’intero programma per
le B61 costerà non meno di 11 miliardi di dollari.
La metà di queste testate a caduta libera sono stoccate attualmente
all’interno di alcune basi Usa in Europa. Anche se alla Porta di Brandeburgo il
presidente Obama ha annunciato di voler lavorare a fianco degli alleati Nato per “raggiungere la riduzione degli armamenti
tattici nucleari di Usa e Russia in Europa”, il Dipartimento della difesa ha inteso
precisare che il tema non sarà all’ordine del giorno del nuovo round d’incontri
con il Cremlino. In Italia è stimata la
presenza di una novantina di bombe atomiche B61 nelle basi aeree di Aviano
(Pordenone) e Ghedi Torre (Brescia). Si tratterebbe in particolare di tre
sottomodelli con differenti potenze massime di distruzione: le B61-3 da 107
kiloton, le B61-4 da 45 kiloton e le B61-10 da 80 kiloton. Con il miliardario programma di estensione vita,
le testate saranno riadattate per essere trasportate e teleguidate dai cacciabombardieri F-35 in via di acquisizione dalle forze armate di
Stati Uniti e Italia.
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