Lo afferma il ministero degli Interni del
governo Erdogan che pure definisce “forze di occupazione” i
manifestanti di Piazza Taksim. Dopo Gezi Park un altro parco, luogo
sacro per gli alawiti, a rischio distruzione.
Dopo quello di Gezi a
Istanbul, la cui distruzione annunciata è stata il detonatore delle
manifestazioni anti-governative delle ultime settimane, un altro parco
di alto valore simbolico è ora minacciato in Turchia con il rischio di
scatenare nuove proteste. Il quotidiano Hurriyet riferisce che la Corte
di Tunceli, città nell'Anatolia Orientale, ha respinto il ricorso del
sindaco contro la distruzione, nel quadro di un progetto di lago
idroelettrico artificiale, del parco di Jara Gola Cetu, considerato un
luogo sacro per la minoranza alawita, da sempre oggetto in Turchia di
minacce, persecuzioni e tentativi di assimilazione da parte della
componente sunnita. Il tribunale, su richiesta dello Stato, ha anche
inflitto una multa di 2,2 milioni di lire turche al comune per aver
finora bloccato la distruzione del parco. Il sindaco Edibe Sahuin ha
annunciato che la popolazione della città ''non accetterà mai'' che il
parco finisca sott'acqua. Il comune ha annunciato che presenterà ricorsi
alla Corte Costituzionale e alla Corte europea dei diritti umani.
Intanto il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha definito
incredibilmente oggi a Erzurum, davanti a una folla di simpatizzanti del
partito liberal-islamista Akp, ''una forza di occupazione'' le decine
di migliaia di manifestanti che ieri si sono riuniti pacificamente,
garofani rossi in mano, su Piazza Taksim, da dove sono stati sgomberati
con violenza dalla polizia munita di idranti e lacrimogeni. ''Ho dato
l'ordine alla polizia di mandare via i manifestanti e di liberare Piazza
Taksim'' ha affermato Erdogan.
Intanto il quotidiano turco
Milliyet afferma, citando dati provenienti dal Ministero degli Interni
di Ankara, che circa 2,5 milioni di manifestanti sono scesi in strada in
tutto il paese per manifestare contro il governo da quando sono
iniziate le proteste nel paese il 31 maggio scorso. Dimostrazioni
massicce ci sono state in ben 79 città. Pesantissimo il bilancio della
repressione: 4 manifestanti uccisi (cinque secondo i medici), 4mila
feriti, 4.900 tra fermati e arrestati.
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