Fino a due mesi fa, all’indomani della candidatura di Rodotà al Quirinale e del conseguente suicidio del Pd che si riconsegnò nelle mani del suo peggior nemico (Napolitano) e del sottostante governo-inciucio Letta-Berlusconi, tutti i partiti lavoravano indefessamente per il Movimento 5Stelle.
Dopo averlo creato dal nulla, ignorando tutte le battaglie di Grillo
e dei suoi ragazzi e rinchiudendosi nel sarcofago in attesa che
passasse ‘a nuttata, l’avevano pasciuto e ingrassato demonizzandolo e
facendolo linciare da tv e giornali al
seguito. E con le presidenziali e il governo-vergogna l’avevano
trasformato nel punto di riferimento della base del Pd in dissenso coi
vertici che avevano resuscitato un’altra volta un Caimano morto e
sepolto. Poi, proprio mentre l’inciucio confermava platealmente dieci
anni di campagne grillesche contro “Pdl e Pdmenoelle”, il nastro s’è riavvolto a ritroso. Complice, certo, la disinformazione
e la memoria corta degl’italiani. Ma soprattutto colpa del M5S che, da
lepre inafferrabile, s’è trasformato in inseguitore trafelato. E ha
preso a lavorare indefessamente per i partiti, facendo dimenticare tutte
le magagne della politica politicante che a febbraio avevano spinto 9
milioni di italiani a mandarla al diavolo. Un suicidio di massa coronato dalla geniale operazione Gambaro.
Intendiamoci: cacciare, o far cacciare dalla “rete”, una senatrice che
ha parlato male di Grillo, manco fosse la Madonna o Garibaldi, è
demenziale, illiberale e antidemocratico in sé. E non solo perché serve
su un piatto d’argento agli eterni Gattopardi e ai loro camerieri a mezzo stampa
la miglior prova di tutte le calunnie che hanno sempre spacciato per
dogmi di fede. Non è nemmeno il caso di esaminare l’oggetto del
contendere, cioè le frasi testuali pronunciate dalla senatrice nell’intervista incriminata a Sky, perché il reato di lesa maestà contro il Capo è roba da Romania di Ceausescu.
Certo,
affermare che il guaio del movimento fondato e portato al successo da
Grillo è Grillo, è una fesseria. Certo, lo stillicidio di interviste in
dissenso (le sole che interessino ai media italiani) per oscurare quanto
di buono fanno i 5Stelle in Parlamento e di pessimo fanno i partiti, è
fastidioso e altamente sospetto. Certo, senza Grillo e i suoi forsennati
tour per l’Italia i 5Stelle non avrebbero preso un voto e le Gambaro
non sarebbero state votate nemmeno dai parenti stretti. Ma il reato di
cazzata non esiste e non deve esistere in un movimento che si dice
democratico, anzi iperdemocratico. Grillo aveva tutto il diritto di
incazzarsi e di farlo sapere, ma la cosa doveva finire lì. Il cerino sarebbe rimasto nelle mani della Gambaro e dei 10-20 furbetti
che trescano con i partiti dopo aver intascato i voti e i posti grazie a
un movimento anti-partiti (tutti). E che se la sarebbero vista con i
loro elettori. O, se davvero hanno dietro qualche progetto ribaltonista,
sarebbero usciti prima o poi allo scoperto.
Lunedì bastava una
dichiarazione, firmata da chi voleva, per ribadire gl’impegni assunti
con l’elettorato. Mettere ai voti le fesserie di una senatrice (che,
diversamente da Salsi e Mastrangeli non ha violato alcuna regola
interna) invitandola al pubblico autodafé, è una versione da Asilo
Mariuccia del socialismo reale. Dopo aver trascorso i primi quattro mesi
di vita parlamentare a guardarsi dalle presunte trappole dei partiti
(che, così come sono ridotti, sono capaci al massimo di intrappolare se
stessi), i “cittadini” hanno piazzato l’autotrappola perfetta.
E ci sono cascati con tutte le scarpe. D’ora in poi i dissenzienti
senz’arte né parte, magari pilotati dai soliti compratori di
parlamentari, hanno di fronte un’autostrada: gli basterà rilasciare
un’intervista critica al giorno per finire tutti dinanzi al tribunale
del popolo, o della rete, e guadagnarsi l’insperata fama di nuovi
Solgenitsin, con piedistallo e aureola di martiri. Al confronto, la
partitocrazia più inetta, corrotta e antidemocratica dell’universo
profumerà di Chanel numero 5. Un capolavoro.
Fonte
Senza offesa ma questi sono proprio gente da poco, soprattutto politicamente.
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