La sdegnosa alzata di spalle di mister Karzai al cospetto del padrino
americano e l’annuncio del suo forfeit al battesimo ufficiale dei
colloqui coi talebani a Doha è solo l’ultimo atto d’una querelle
identitaria operata dal presidente afghano.
Un presidente-fantoccio creato da Bush jr e consolidato da
Obama quale modello d’un Afghanistan democratico che giustificava
l’occupazione delle truppe Nato a guida statunitense. Truppe detestate
dalla popolazione, anche la meno politicizzata, per la morte che
seminano da oltre un decennio. Morte diretta, tramite bombardamenti che
cacciano talebani ma colpiscono un gran numero di civili, e quella
indiretta che offre impunità ai killer delle province: i Signori della
guerra finiti nel governo Karzai. I talebani sono da tempo interlocutori
oltre che nemici dell’Occidente, dal dicembre 2010 lo sono per il
Dipartimento di Stato statunitense e per Karzai che ora fa i capricci.
Da Holbrooke che voleva i contatti, a Petraeus che li glissava, a Romney
totalmente contrario, al pragmatico Bergman che afferma di non
aspettarsi nulla a breve termine, tutta la politica americana sa che
nella palude afghana non ci si può risollevare né col successo né con
l’onore. Per andarsene con gran parte dei soldati e mercenari di terra e
restare con reparti scelti, più i manovratori di droni bisogna
accordarsi coi Taliban.
Lo sa anche Karzai a cui viene chiesto
di stare al gioco, inglobando i turbanti nel governo (se loro vorranno) e
comunque steccando con loro i proventi degli appalti che aziende
globalizzate, per ora soprattutto cinesi, iraniane, pakistane e
ovviamente statunitensi, ricevono grazie ai buoni servigi del Capo di
Stato e al voto della Loya Jirga. Karzai partecipa a una partita di
giro: dall’estero arriva denaro, lui intasca e condivide con quegli
attori (Warlords e talebani) che acconsentono alla conservazione d’un
panorama con due soli perdenti: la maggioranza del popolo afghano e chi
sogna una reale democrazia. Per questo è risibile l’appunto formale con
cui Karzai rifiuta di sedersi al tavolo a tre perché i Taliban - fedeli
alla linea e alla mai rinnegata propaganda - definiscono il proprio
ufficio qatarino: Emirato Islamico dell’Afghanistan. Un sogno
istituzionale più che una realtà, almeno finora. Infatti Washington,
adesso attento più alla sostanza che alla forma, non se ne cura e tira
dritto. Avvia, o meglio prosegue, quel chat chat che va avanti da anni
sperando non si trasformi in un arido bla bla con gli emissari del
mullah Omar, che non sono più morbidi degli Haqqani ma soltanto
interessati a rimodulare la loro presenza sul territorio afghano alla
luce di un nuovo scenario.
Tutto ciò è noto a Karzai, narciso ma
non disinformato, e tanto avvezzo alla real politik che vorrebbe
continuare a tenere il centro della scena. Però la regia, che non è
certo sua, gli ha affidato un ruolo con la prerogativa dell’obbedienza
che non ammette deroghe. Già anni or sono, quando temeva che gli Stati
Uniti lo scaricassero, Karzai cucì per sé una rete salvifica legandosi
ad alcuni Signori della guerra (Fahim, Khalili) che gli consentivano una
gestione degli affari interni. Aprì anche a Hekmatyar, il combattente
più vicino alle intransigenze di certi talebani, rimanendo stupefatto
dal benestare americano pragmatico quanto il suo daffare. La mossa di
queste ore appare stonata rispetto al passato: Karzai garante della
Repubblica contro l’Emirato sembra un’etichetta da “Risiko” più che una
realtà perché lui è vicinissimo a chi ora discorre magari sotto le
camere di Al Jazeera. Il rifiuto è destinato a cadere, fa parte dei
bluff e dei rilanci personalistici della partita che si sta giocando. Le
paranoie del presidente dalle “quattrocento guardie del corpo” nei
confronti degli amici americani non possono non rientrare pena una loro
irritazione oltre misura. A fargli da monito resta il tragico epilogo
del potente fratello Wali assassinato due anni or sono. Da trafficanti
d’oppio si disse, ben sapendo che quella punizione partiva da Langley,
Virginia.
Fonte
Forse nemmeno all'indomani della sconfitta sovietica l'Afghanistan stava messo così male. E' impressionante constatare come ogni cosa toccata dagli interessi americani diventi merda.
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