All’insegna dello slogan ‘ridurre gli sprechi’ il governo di Samaras
chiude cinque tv e decine di radio, licenziando 2800 lavoratori.
Sciopero dell’informazione e manifestazioni di protesta.
L’annuncio era arrivato improvviso e inaspettato nel primo
pomeriggio di ieri: entro la mezzanotte tutte le tv e le radio del
servizio pubblico sarebbero state spente e le trasmissioni interrotte. E
così è stato: poco dopo la mezzanotte tutti i canali della Ert
(Elliniki Radiofonia ke Tileorasi), sono stati oscurati e il ripetitore
principale situato su una montagna vicino ad Atene è stato addirittura
neutralizzato dalla polizia, per evitare che le trasmissioni potessero
essere continuate dai lavoratori dell’ente in maniera autogestita.
All'ente chiuso ieri fanno capo cinque stazioni televisive (ET1, Net,
ET3, Ert World e Ert HD), 29 radiostazioni, siti web, un settimanale,
oltre all'Orchestra Sinfonica nazionale e l'Orchestra di Musica
contemporanea.
Di punto in bianco un paese
‘democratico’ si è ritrovato così senza televisione e radio pubblica.
Che la giustificazione della mossa del governo annunciata ieri dal
portavoce dell’esecutivo – l’ex giornalista Simos Kedikoglou – sia la
riduzione di spese e sprechi, appare più che paradossale. Intanto perché
la Ert è uno dei pochi enti pubblici ellenici in attivo, di circa 300
milioni di euro; in secondo luogo perché le maggiori responsabilità per
eventuali sprechi e regalie all’interno dei servizi radiotelevisivi
pubblici non sono certo da addebitare ai 2800 lavoratori che si sono
ritrovati improvvisamente disoccupati, ma semmai agli attuali partiti di
governo, in particolare a Nea Dimokratia e ai socialisti del Pasok che
hanno sempre usato i carrozzoni pubblici per procacciarsi voti e
clientele.
In molti hanno attaccato il governo ieri,
chiedendo allo stesso Kedikoglou quali passi avesse compiuto
nell’ultimo anno di gestione della Ert per ridurre spese inutili o
eventuali ‘sprechi’. Il governo promette che – prima o poi – tv e radio
verranno riattivate, ma con meno lavoratori. Ieri qualcuno nel governo
parlava anche di un’eventuale privatizzazione, ma non esiste in questo
senso nessun piano preciso.
L’incredibile mossa del
governo ha generato l’immediata reazione di tutti gli altri mezzi di
informazione, ormai tutti privati. Da ieri tutte le principali emittenti
radio e televisive elleniche hanno lanciato una protesta interrompendo
immediatamente tutti i servizi informativi e sospendendo quindi
notiziari e trasmissioni giornalistiche fino a questa mattina. Anche i
giornalisti della carta stampata hanno annunciato proteste. E ieri
alcune migliaia di persone sono scese in piazza sia ad Atene sia a
Salonicco rispondendo all’appello dei sindacati e dei partiti di
sinistra contro un atto giudicato folle e autoritario. Già ieri
pomeriggio giornalisti, sindacalisti e dimostranti contrari
all’autogolpe si erano radunate nella zona di Agia Paraskevi nella
capitale, davanti alla sede principale della Ert. Il sindacato dei
giornalisti Poesy ha convocato uno sciopero immediato di sostegno nel
settore dei media privati. "Il governo è determinato a sacrificare la
televisione pubblica e la radio per soddisfare i suoi creditori", ha
denunciato il sindacato. "E' illegale, il governo ha bloccato il
trasmettitore principale", ha dichiarato alla France PResse il
presidente del principale sindacato dei dipendenti della televisione,
Panayotis Kalfayanis. "Assomiglia di più a un governo Ceausescu che a
una democrazia", ha aggiunto. Secondo i sindacati, chiudendo l'Ert, il
governo si assicura con un colpo solo l'obiettivo imposto dai creditori
della troika di sopprimere 2.000 impieghi pubblici entro la fine di
giugno. "E' una soluzione facile per rispondere alle esigenze della
troika", ha affermato il sindacato Poesy. La Confederazione dei quadri
del servizio pubblico Adedy ha definito il decreto come un vero "colpo
di stato".
A quanto affermano i rappresentanti del
Pasok e di Sinistra Democratica, i due partner di governo di Nuova
Democrazia all’interno dell’esecutivo guidato da Samaras, la decisione
non era stata concordata e si sarebbe trattato di un atto unilaterale.
Alcuni deputati dei due partiti di centrosinistra hanno promesso di
stoppare il provvedimento che, adottato attraverso un decreto legge,
dovrà essere ora sottoposto al voto del parlamento e quindi
eventualmente bocciato. Ma intanto un enorme patrimonio pubblico è stato
spento.
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