Si conclude oggi a Dresda il congresso della Linke, la sinistra tedesca.
Convitato di pietra la proposta di Oskar Lafontaine di uscire dall’euro
ma anche la politica internazionale.
La fine dell’euro è stato indubbiamente il tema al centro della
discussione nel partito, e non solo, da quando Oskar Lafontaine ha
proposto il ritorno al sistema monetario europeo in vigore fino al 1993.
Non c’è stato alcun emendamento ufficiale che abbia chiesto al testo
proposto dalla direzione di attuare quanto affermato dal fondatore ed ex
segretario del partito. Fino ad ora i settori della Linke più vicini a
Lafontaine si sono limitati a chiedere l’eliminazione di un paragrafo
del programma nella bozza stilata dal vertice, dove è scritto
testualmente che: anche se l’edificio dell’Unione monetaria presenta
molti errori di costruzione, la Linke non è favorevole alla fine
dell’euro.
Al posto di questa dichiarazione apertamente a
sostegno dell’euro, è stata chiesta una formulazione che apra alla
possibilità di una ridefinizione e di un nuovo inizio dell’unione
monetaria: linguaggio prudente per dire che non si deve escludere a
priori un’eventuale fine della moneta unica così come l’abbiamo
conosciuta. O, come minimo, che se uno stato deciderà che è meglio
uscire dall’euro, dovrà poterlo liberamente fare. A sostegno delle tesi
di Lafontaine è intervenuto sulle colonne della Tages Zeitung , Winfried
Wolf di Attac, che vede nella moneta unica nient'altro che «il
coronamento del progetto dell'Unione europea come progetto delle grandi
imprese e delle banche», finalizzato “allo strangolamento delle economie
europee più deboli e all'affermazione completa degli interessi del
capitale tedesco”, mentre sulla pagina web della Fondazione Rosa
Luxemburg è in corso un aspro dibattito tra economisti che sostengono
l’uscita dall’euro e quelli contrari a questa ipotesi.
Su questo
punto le tensioni politiche dentro la Linke sono molto forti,
soprattutto alla vigilia delle elezioni di settembre. L’ala moderata e
riformista della Linke, sta cercando in tutti i modi di tenere aperto
uno spiraglio per un appoggio esterno ad un eventuale esecutivo tra
Spd-Verdi, e intende bloccare posizioni anti-Troika e anti euro troppo
radicali, limitandosi a dire che l’euro funziona male, ma la sua
esistenza non è in discussione.
Sul piano economico-sociale, la
Linke è orientata a proporre un salario minimo intercategoriale per
legge di 10 euro all’ora (il sindacato ne chiede 8,5), la reintroduzione
dell’aliquota massima del 53% sui redditi più alti, in vigore quando
era cancelliere il democristiano Helmut Kohl, e una patrimoniale per le
ricchezze oltre il milione di euro. Dibattito aperto, invece, sul
reddito di cittadinanza, obiettivo sul quale non tutte le correnti sono
d’accordo.
L’altro aspetto su cui su cui il dibattito interno è
molto acceso riguarda le scelte di politica internazionale e in modo
particolare, le missioni militari all’estero che hanno visto le forze
armate tedesche sempre più impegnate in vari teatri. Settori della
Linke, come la Antikapitalistische Linke guidata da Sahra Wagenknecht,
sostengono che vada rifiutato qualunque impegno dell’esercito in altri
paesi. Per la direzione del partito dove i riformisti sono la
maggioranza – la Linke deve opporsi alle missioni di guerra dei soldati
tedeschi, ma non al loro impiego tout court. Infatti i riformisti della
corrente Forum Demokratischer Sozialismus vorrebbero inserire nel
programma un esplicito richiamo all’importanza della salvaguardia dei
diritti umani e al «dovere di proteggere» le popolazioni anche contro i
loro governanti, il riferimento alla guerra civile in Siria è evidente, e
già adesso i servizi segreti e le forze speciali tedesche installate in
Turchia stanno collaborando con i ribelli anti-Assad.
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