di Carlo Musilli
"Questa riforma non s'ha da fare", dicono le banche di Wall Street. E
ancora una volta sono loro a spuntarla. L'applicazione delle nuove
norme sul mercato dei derivati made in Usa è stata ufficialmente
rinviata di due anni: se ne riparlerà nel luglio del 2015. Al centro del
contendere, una serie di regole contenute nella Dodd-Frank, la legge
che dovrebbe mettere un freno all'anarchia della finanza americana. Il
testo è stato approvato ormai tre anni fa, ma ad oggi è entrato in
vigore solo il 38% delle misure previste, stando allo studio legale
Davis Polk, che segue l'applicazione della riforma.
A chiedere
più tempo per l'applicazione delle norme è stato un manipolo di colossi
(JP Morgan, Bank of America, Citigroup, Wells Fargo, Hsbc, Morgan
Stanley e US Bancorp), sette sorelle che molto probabilmente saranno
imitate a breve da altri istituti. Il via libera al rinvio è arrivato
dall'Office of the Comproller of the Currency (Occ), l'ufficio di
vigilanza del Dipartimento del Tesoro che insieme alla Federal Reserve
ha la responsabilità di supervisionare le banche. La stessa Fed,
inoltre, aveva già chiarito nei giorni scorsi che un'eventuale proroga
avrebbe interessato anche gli istituti stranieri attivi negli Usa.
In
particolare, la controffensiva della lobby di Wall Street si è
scatenata contro una norma che punta a ridurre il potenziale distruttivo
dei derivati più rischiosi (come i Cds, titoli con i quali è possibile
guadagnare dal fallimento altrui). Si tratta della "Swap push-out Rule",
che prevede l'obbligo di concentrare alcune operazioni finanziarie in
società distinte da quelle che raccolgono le attività meno pericolose.
L'obiettivo fondamentale è circoscrivere il perimetro delle
potenziali bombe finanziarie per evitare effetti sistemici in caso di
esplosione e limitare al contempo il costo di eventuali salvataggi
(pagati come sempre dai contribuenti). Insomma, si tratterebbe di fare
in modo che una valanga come quella innescata nel 2008 dal fallimento di
Lehman Brothers non possa ripetersi.
All'epoca furono proprio i
derivati - in particolare quelli legati ai mutui subprime - a mettere
in ginocchio l'intero sistema finanziario americano, scatenando un
effetto domino che ebbe ripercussioni a livello globale e accese la
miccia della crisi dei debiti sovrani europei. E' probabile che al
momento non siano in vista nuovi tsunami finanziari di quella portata,
ma il punto è un altro: un minimo barlume di raziocinio suggerisce di
prevenire oggi quello che potrebbe finire di distruggerci domani.
Peccato
che non siano dello stesso avviso a Wall Street, dove negli ultimi anni
gli indici azionari si sono ampiamente risollevati, tornando di recente
a far segnare record storici. Da sole, le cinque maggiori banche
americane (JP Morgan, Citigroup, Bank of America, Morgan Stanley e
Goldman Sachs) controllano il 90% dei derivati, in un mercato che vale
qualcosa come 700 mila miliardi di dollari.
Purtroppo la politica
americana, su entrambe le sponde del Congresso, è evidentemente troppo
compromessa con questi grandi poteri finanziari. Non c'è quindi da
stupirsi se nemmeno la democratica amministrazione Obama ha la forza,
gli strumenti o anche semplicemente l'intenzione di cambiare veramente
le regole del gioco fra i giganti di Borsa.
Le pressioni della lobby bancaria hanno la meglio sempre e comunque.
Il triste destino della Dodd-Frank lo dimostra in modo pressoché
inequivocabile. Quella degli istituti di credito è una lenta opera
d'erosione che punta ad ammorbidire, dilazionare, smontare pezzo a pezzo
e depotenziare l'unico strumento concepito negli Stati Uniti per
correggere le storture del sistema finanziario.
Fra i moltissimi
ritardi nell'applicazione delle regole, un altro esempio clamoroso è
quello della cosiddetta "Volcker Rule", relativa alla separazione tra
banche d'affari e istituti d'investimento. L'uomo che dà il nome alla
norma, Paul Volcker - già governatore della Federal Reserve - ha fondato
un'istituzione autonoma, la Volcker Alliance, che si contrappone
esplicitamente alla lobby finanziaria per cercare di piegare le banche
alle nuove regole. Non rimane da sperare che un ultraottantenne abbia
successo dove le varie agenzie federali hanno fallito.
Fonte
Anche qui i grassetti sono miei.
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