Un sito cileno vicino ad ambienti ecclesiali, ha dato la notizia che Papa Francesco, ricevendo la delegazione dell’associazione dei religiosi e delle religiose dell’America Latina, avrebbe ammesso che in Vaticano, ed in particolare nella segreteria di Stato, esiste una lobby gay che, unitamente a quanti realizzano illeciti guadagni, rappresenta il maggiore ostacolo alle riforme che agli avrebbe in animo di fare. Ed avrebbe aggiunto “Vedremo cosa sarà possibile fare”.
La sala stampa non ha smentito la notizia in sé clamorosa, limitandosi a dire che non ci sono verbali perché si trattava di una udienza privata, per cui si tratta di ricostruzioni a memoria di qualche partecipante che non riferisce le parole del Pontefice alla lettera.
Va bene, può trattarsi di una trascrizione imprecisa, forse errata, ma una cosa come l’ammissione dell’esistenza di una lobby gay in Vaticano o uno se la inventa di sana pianta (ma qui la smentita non c’è) o, al di là delle parole con cui è stata detta, non è una di quelle cose che possono venir fuori da un ricordo confuso. Una lobby gay ed una cordata di corrotti o c’è o non c’è e non è una minuzia su cui uno non fa mente locale, se detta dal Papa.
Dunque, è realistico pensare che Bergoglio la cosa l’abbia davvero detta e senza troppi fronzoli. Anzi, pare che abbia parlato anche della Segreteria di Stato come posto in cui entrambe le lobbies sarebbero annidate (“Buongiorno Tarcisio!”).
Peraltro, la reazione del portavoce ufficiale è così fiacca, rispetto all’entità del fatto, che si capisce benissimo che non solo la cosa è stata detta, ma anche che il Papa voleva che uscisse dalle mura leonine e si indirizzasse -come dire?- Urbi et Orbi. Infatti è semplicemente impensabile che una agenzia cattolica possa dire una cosa del genere, attribuendola al Papa, senza sapere di poterla dire. In sé la cosa non è affatto una novità: di cordata gay parlarono già “I millenari” in uno dei primi volumi. E la cosa è poi costantemente tornata nelle “cronache vaticane non autorizzate”: nei libri di Nuzzi ed in particolare nel secondo, fatto sui documenti di “Vatileaks”, su cui Ratzinger volle una commissione di inchiesta cardinalizia che consegnò una ponderosa relazione sui suoi lavori, poco prima delle dimissioni del Papa, sulla quale sono circolate molte indiscrezioni che, appunto, confermavano l’esistenza della lobby gay. Ed altrettanto si può dire in tema di corruzione.
Però ora c’è il timbro del Papa ed tutta un’altra cosa. Ma perché Francesco ha scelto di dare pubblica conferma di un dato non certo comodo per la Santa Sede? La risposta, probabilmente, sta in quel “Vedremo cosa si può fare”. In tono minore e, quasi distratto, è l’ammissione di uno scontro aperto fra il Papa e la Curia. Il giorno dopo il Corriere della Sera riportava una decisione del Papa di intervenire sullo Ior già entro luglio. Poi, altri tre giorni dopo, è arrivata la nomina di Monsignor Battista Ricca quale Prelato allo Ior. Ricca è ritenuto un fedelissimo dei Bergoglio ed è il direttore della casa di Santa Marta, dove lo stesso Papa ha preso alloggio stabile; curioso, vero? Chissà se dietro la decisione del Pontefice di non andare a vivere nell’appartamento papale c’è solo il bisogno di compagnia di cui ha fatto cenno. Forse è un bisogno di buona compagnia…
Poi, contestualmente, è stato annunciato un rapido riordino della Curia.
La logica che traspare è la seguente: già durante l’ultimo periodo di Wojtila, la Curia era andata conquistando sempre maggiore spazio ed autonomia rispetto al Papa. Poi, con Ratzinger (della cui debolezza non c’è bisogno di dire), la Curia ha reso la figura del Papa poco più che puramente simbolica e relegata a ruoli di mera rappresentanza, mentre il governo reale della Chiesa e della Santa Sede era esercitato dalla ristretta oligarchia curiale. Le dimissioni di Ratzinger hanno fatto saltare il gioco ed il Conclave, come tutti hanno osservato, si è risolto in un furibondo scontro Curia contro tutti e la Curia ha perso. Ma l’elezione di Bergoglio non ha chiuso la partita e si avvertono i colpi di una lotta sorda che cerca di fermare le innovazioni promesse dal nuovo Papa: non è stato programmato alcun viaggio del Pontefice all’estero, prosegue lo stallo dello Ior mentre le carte di credito vaticane sono bloccate da gennaio, il collegio degli otto cardinali formato da Wojtila per riformare la governance della Chiesa non risulta essersi riunito una sola volta in tre mesi, gli incarichi di Curia sono fermi, il Papa appare sempre più solo nelle sue uscite, nel silenzio gelido di tutta la Curia.
Una sorta di assedio silenzioso cerca di paralizzare il Papa che, per parte sua sta cercando di sbloccare la situazione con una spallata. E quel “vedremo cosa si può fare” fa intendere che siamo ad un braccio di ferro appena iniziato.
Aldo Giannuli
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