Una ricerca commissionata dall'Unione Europea conferma che le
disuguaglianze sociali sono cresciute enormemente, e che in Italia sono
cresciute più degli altri paesi. Negli anni settanta era esattamente il
contrario.
I dati sulla crescita delle disuguaglianze sociali in
Italia, erano già emersi mesi fa da una ricerca condotta dall’Istat e
dal Cnel sulle condizioni di vita delle famiglie italiane, dove invece
del classico Pil era stato adottato infatti un nuovo indicatore, detto
di Benessere equo e solidale.
Quel dato viene adesso confermato da
una ricerca internazionale commissionata dall'Unione Europea ad una
serie di università. La ricerca porta la denominazione di "Gini Growing
Inequality Impact" e i suoi risultati definitivi verranno resi pubblici
con due "tomi" a dicembre, ma dalle anticipazioni già emerge non solo la
crescita delle disuguaglianze sociali nei paesi capitalisti, non solo
che il trend è in crescita anche in paesi inimmaginabili fino a poco
tempo fa come la Svezia (dove è andato al governo il centro-destra), ma
che tra i paesi più "disuguali" in assoluto c'è proprio l'Italia,
battuta nell'Unione Europea solo dal tempio del liberismo cioè la Gran
Bretagna.
La disparità nella distribuzione dei redditi è stata
misurata con l'indice di Gini: si tratta di un indice di concentrazione
il cui valore può variare tra zero e uno. Valori bassi indicano una
distribuzione abbastanza omogenea, valori alti una distribuzione più
disuguale, con il valore 1 che corrisponderebbe alla concentrazione di
tutto il reddito del paese su una sola persona. Dallo studio emerge che,
alla fine della prima decade degli anni Duemila, l'Italia ha un indice
di Gini pari a 0,34: ovvero, due individui presi a caso nella
popolazione italiana hanno mediamente, tra di loro, una distanza di
reddito disponibile pari al 34% del reddito medio nazionale.
La
fotografia che usciva dalla ricerca del Cnel e dell'Istat di mesi fa
sull'Italia era già impietosa e, tra i numeri più sconvolgenti, ci sono
quelli che descrivono una realtà con circa l’11% degli italiani in grave
difficoltà. Si tratta di circa 7 milioni di individui, 2,5 milioni in
più di quelli registrati solo un anno fa. L'economista Antonella Stirati
sottolinea giustamente "lo sappiamo tutti che il reddito di un
lavoratore dipendente del pubblico o del privato, varia mediamente dagli
800 ai 1.200 euro al mese. Pensare che in queste condizioni,
soprattutto quando siamo in presenza di una famiglia con figli, ci
possano essere serie difficoltà ad arrivare a fine mese non sorprende
assolutamente”. E proprio il tema dei redditi è uno
degli elementi più significativi che emerge dalla ricerca, perché viene
messo in luce un fenomeno di dilagante diseguaglianza che preoccupa non
poco tutti gli osservatori.
Il divario tra il 20% di popolazione più
ricca e il 20% di quella più povera è aumentata infatti nel 2011,
ultimo dato disponibile, del 5,6% e c’è da immaginare che nell’ultimo
anno la situazione sia ancora peggiorata. “L’Italia negli Anni Settanta,
dopo l’uscita dalla fase post-bellica – sottolinea ancora la Stirati –
era un Paese con un basso livello di diseguaglianza. Nel corso di questi
ultimi decenni la situazione però è degenerata e oggi, non dico che
assomigliamo a società di tipo sudamericano, ma di certo la nostra
struttura sociale si è avvicinata enormemente a quella di Paesi come
Stati Uniti e Gran Bretagna, che rappresentano le economie a più alta
diseguaglianza tra quelle occidentali, piuttosto che a campioni (ma qui
sarebbe meglio aggiornare con ex campioni, NdR) dell’uguaglianza sociale
come la Svezia”.
Il Sole 24 Ore di oggi, commentando il rapporto
commissionato dall'Unione Europea, è stato costretto ad ammettere che
"L'Italia fa parte del gruppo dei paesi mediterranei, nei quali si
evidenziano livelli di disuguaglianza abbastanza alti. La situazione
italiana era molto meno disuguale negli anni Sessanta e, da metà anni
Settanta, finché c'è stata la scala mobile (nel 1992 l'indice di Gini
era di circa 0,27). Poi l'indice di disuguaglianza è schizzato verso
l'alto, rimanendo in seguito abbastanza piatto". E ancora parlano male
degli anni Settanta e delle conquiste sociali che hanno portato?
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