Una
svolta nella guerra alla Siria? Si direbbe proprio di si. E,
sbaragliate le bande dei “ribelli”, addirittura, il regime di Assad
ricomincia a trovare credito sui media mainstream, (si vedano, ad
esempio, questo davvero inconsueto servizio de La Stampa o della Reuters) e in non poche cancellerie occidentali.
I motivi di questo ripensamento sono molti.
Intanto
la tenuta del regime di Assad, anzi l’appoggio pressoché plebiscitario
della popolazione siriana (il 75%, secondo un recente sondaggio commissionato dalla CIA, che, tra l’altro, dovrebbe garantirgli un trionfo alle
prossime elezioni siriane del 2014) che non vuole fare la fine della
popolazione libica o irachena. Un consenso, tra l’altro, che ha garantito
la coesione delle Forze Armate siriane (320.000 soldati di leva)
nonostante due anni di guerra e di pressanti inviti alla diserzione
(lautamente ricompensata).
Il
secondo motivo è da ricercare nell’operato dei cosiddetti “ribelli” (in
realtà, nella stragrande maggioranza, mercenari al soldo della NATO e
delle petromonarchie del Golfo) che, macchiandosi di crimini, quali decapitazioni e
uccisioni di civili inermi, hanno finito per scompaginare la coalizione
che fa capo all’Esercito libero siriano. E lo stesso fanatismo
islamico che anima gran parte dei “ribelli” (tra i quali – a meno che
non fosse stato un agente dei Servizi sotto copertura – ha perso la vita
anche il genovese Giuliano Ibrahim Delnevo) sta cominciando a suscitare
non poche preoccupazioni tra l’opinione pubblica occidentale che teme di ritrovarsi, come l’America con Bin Laden, un’altra serpe in seno.
Last
but non least, vi sono motivi militari. Il fermo “niet” della Russia ad
una qualsiasi no fly zone in Siria ha impedito non solo i conseguenti
bombardamenti NATO e l’invasione, già visti in Libia, ma ha privato i
“ribelli” di una qualsiasi copertura aerea. E il tentativo di Israele di
bypassare il problema, con i suoi bombardamenti “mirati” alla frontiera
Siria-Libano di un mese fa, è rientrato, sia per la credibile
rappresaglia missilistica annunciata dalla Siria, sia perché
l’intervento israeliano ha compromesso il tentativo di coalizzare anche i
Palestinesi nella guerra alla Siria.
Si direbbe, quindi, che la maggior parte delle cancellerie occidentali vada verso un ripensamento sulla “guerra per procura” che stanno conducendo da due anni alla Siria. Anche l’Italia? Anche la Bonino? Si e no. E così, mentre il PD resta ancorato alla sciaguratissima richiesta di una no fly zone invocata dall’ineffabile parlamentare Khalid Chaouki, la Bonino (che il Cinque Stelle ha rischiato di eleggere come Presidente della Repubblica) si arrabatta come può promettendo, tanto per dirne una, “aiuti, ma non armi ai ribelli”.
Una
posizione surreale, come quella nei riguardi del rapimento del
giornalista de “La Stampa” Domenico Quirico, dal 9 aprile sequestrato in
Siria da una delle tante bande di “ribelli” filo NATO. L’obbiettivo di
questo sequestro, così come fu per quello dei quattro giornalisti RAI,
è certamente un riscatto: denaro o armi (antiaereo e anticarro). Ma
anche per Quirico, mentre i nostri Servizi certamente stanno trattando,
o, forse, già inviando armi ai “ribelli” come fu per la Libia,
l’unica risposta ufficiale della Farnesina è la richiesta di un
“silenzio stampa”. E guai a parlare di “sequestro”: ne andrebbe il “buon
nome” dei “ribelli” che il nostro Paese sta aiutando. Del resto, già i
quattro giornalisti RAI – rapiti il 3 aprile e rilasciati il 14 –
secondo la vulgata governativa erano stati non già “sequestrati” ma
semplicemente ”fermati” da qualcuno che voleva solo “accertarsi del
contenuto delle loro videocamere”. Undici giorni: neanche bisognasse
visionare la cineteca della RAI. Per Quirico, da due mesi nelle mani dei
sequestratori, esaurite le panzane da raccontare, invece, non sanno più
che dire. Nulla. Neanche una parola dalla Farnesina, impantanata nel
“Gruppo dei Paesi Amici della Siria”. E nulla neanche dai partiti e dai
principali organi di stampa, solitamente pronti ad invocare crociate in
“difesa” degli Italiani all’estero (qualunque cosa essi abbiano fatto).
Nulla. Per fare credere che la guerra che il nostro Paese sta
combattendo da due anni contro la Siria non sia mai esistita.
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