Lettera43.it, 24 giugno 2013
Il vademecum degli economisti pentastellati: «Col sussidio i
disoccupati diventano subalterni di chi lavora». Sull’exit strategy
dall’euro, l’esperto Brancaccio: «Senza contromisure, rischio di
svendere agli stranieri».
di Paola Alagia
Dietro la proposta di un referendum sull’euro lanciata da Beppe
Grillo, c’è di più. Analisi, discussioni e pareri, tutti confluiti in un
report di 71 pagine dal titolo “Documento di supporto per il
laboratorio di economia del Movimento 5 stelle”. Segno di quanto
nell’entourage grillino il tema della crisi e soprattutto di
un’eventuale exit strategy per superare l’euro sia centrale.
Lettera43.it è in possesso del vademecum pentastellato, frutto
dell’attività del sito Economia cinque stelle che coinvolge numerosi
attivisti e alcuni parlamentari del movimento. In tutto sono cinque gli
scenari tratteggiati in questo «manifesto-riferimento», che presto deve
essere oggetto di riflessione tra deputati e senatori del M5s.
PRO E CONTRO L’USCITA DALL’EURO. Si parte con «cosa succede se il
nostro Paese rimane nell’euro così com’è», quindi si scandagliano le
modalità in cui «il governo italiano potrebbe chiedere di riformare i
trattati europei in materia economica» e «quali sono le condizioni, i
vantaggi e gli svantaggi dell’introduzione di una moneta per i Paesi
dell’Unione europea più forti e di una per quelli più in difficoltà».
Dopo l’analisi su «cosa accadrebbe nel caso di immissione in corso di
una seconda valuta in Italia», però, si fa strada, quasi ad excludendum,
l’ultimo scenario, «pro e contro dell’uscita del nostro Paese
dall’euro», con l’assunto che «il recesso dall’Eurozona appare come la
scelta ottimale», che sembra riassumere meglio l’orientamento prevalente
nel gruppo di lavoro.
NO ALLA MONETA A DUE VELOCITÀ. La linea della via d’uscita, insomma, è
caldeggiata, seppure in maniera diversa, da economisti non organici al
movimento come Alberto Bagnai ed Emiliano Brancaccio che, non a caso,
sono citati nello studio. Non i soli esperti di economia, tra l’altro,
che fanno capolino nel documento. C’è spazio per il pensiero di Gustavo
Rinaldi, Giuseppe Pennisi e Luca Fantacci. Oltre che di Loretta
Napoleoni. Sebbene la tesi dell’euro a due velocità dell’economista
vicina al M5s, nella bozza, venga derubricata a «un’ipotesi priva di
senso macroeconomico».
L’ECONOMISTA BRANCACCIO ALL’OSCURO DEL DOCUMENTO. Brancaccio,
raggiunto da Lettera43.it, si sofferma su alcuni punti chiave enunciati
nel lavoro, del quale era del tutto all’oscuro: «In passato sono stato
contattato da alcuni attivisti e gestori del sito Economia cinque
stelle, così come da esponenti di altre realtà politiche», premette
l’economista napoletano che insegna all’Università del Sannio, «ma di
questo studio in particolare non sapevo nulla. Non sono mai stato
coinvolto nella redazione del testo né finora l’ho mai letto». Certo,
vedere il suo nome al fianco di quello di Bagnai lo lascia abbastanza
perplesso: «Non conosco le ultime evoluzioni del pensiero del collega,
ma accostarci significa mettere insieme tesi un po’ diverse sull’uscita
dall’euro». «A mio avviso», sottolinea Brancaccio, «un’exit strategy
dall’euro dovrebbe prevedere meccanismi che salvaguardino i salari,
impediscano ulteriori sperequazioni dei redditi e contrastino qualsiasi
rischio di svendita a buon mercato dei capitali nazionali. Su questi
punti decisivi alcuni colleghi favorevoli all’uscita dall’euro mi sono
sembrati fino a oggi un po’ distratti».
È A RISCHIO L’EUROZONA. Al di là di questo, comunque, l’economista
campano apprezza l’impegno dei pentastellati: «La probabilità di una
deflagrazione della zona euro resta alta: potrebbe sopraggiungere per
ragioni oggettive, indipendentemente dai nostri auspici pro o contro la
moneta unica. Ecco perché è necessario cominciare in ogni caso ad
affrontare la questione». Proprio per tale ragione Brancaccio critica la
sinistra, che «sul tema continua a sonnecchiare, mentre a destra
sembrano già preparati a sfruttare l’opportunità».
BANCONOTE A BORSE CHIUSE. Nel merito delle proposte sviscerate,
tuttavia, non mancano i dubbi dell’esperto. A cominciare dall’idea del
Laboratorio del M5s di «stampare le banconote prima dell’annuncio di
uscita» e quindi di comunicare l’abbandono dell’euro «di venerdì sera, o
comunque a mercati e banche chiusi, impedendo di ritirare dagli
sportelli bancomat fino al giorno di riapertura dei mercati, purché si
abbiano già pronte le nuove banconote da far circolare; in caso
contrario occorrerebbe limitare i prelievi». «Mi pare illusorio credere
che dare la notizia di venerdì sera sia una soluzione risolutiva»,
sottolinea Brancaccio, «come se un evento del genere possa rimanere nel
chiuso di una stanza, senza creare aspettative da parte degli
investitori». Secondo il professore, insomma, «sperare nell’effetto
sorpresa non risolve il problema. La fase di transizione da un regime di
cambi fissi è delicata e complessa, ma non mancano i meccanismi per
poterla gestire in modo razionale, a cominciare dall’introduzione di
controlli sui movimenti di capitali».
PERICOLO DELLO SHOPPING ESTERO. Tra le modalità di uscita dalla
moneta unica, il gruppo di attivisti del M5s ha avanzato anche la
proposta di «deprezzamento del cambio reale italiano». Ecco perché sul
fronte della domanda estera «occorre ridurre l’import ed aumentare
l’export: per far ciò noi dobbiamo deprezzare il cambio reale». A questo
riguardo l’esperto concorda che il vero problema italiano siano i conti
esteri e non tanto quelli pubblici, «ma la svalutazione del cambio», ha
messo in guardia, «oltre a essere un’opzione per recuperare
competitività, aumentare l’export e ridurre l’import, serba dei rischi
da non sottovalutare». Quali sarebbero gli effetti collaterali? «Per
esempio, il pericolo che si crei una situazione favorevole ai soggetti
esteri che vogliono fare shopping a buon mercato dei nostri capitali
nazionali è dietro l’angolo. Occorre adottare contromisure».
CONTRO IL REDDITO DI CITTADINANZA. Il gruppo di studio pentastellato
non è poi tentato da soluzioni quali il doppio regime di cambio e la
moneta complementare, definiti «palliativi temporanei» nel vademecum
economico. Salta anche all’occhio, tra le ipotesi stroncate nel quarto
scenario, quella delle «distribuzioni monetarie su base pro capite». Gli
attivisti, infatti, bocciando la linea degli economisti Warren Mosler e
Marshall Auerback, si dicono contrari pure a proposte quali il reddito
di cittadinanza tanto caro a Grillo: «Non si rende un buon servigio né
ai disoccupati né alla società mantenendoli in una condizione di
estraneità al mondo del lavoro e di effettiva subalternità rispetto a
chi ha un impiego». Un aspetto degno di nota, secondo Brancaccio: «È
interessante che degli attivisti individuino dei limiti in una proposta
che ha carattere di mero sussidio. Abbiamo bisogno di un piano di
politica economica che punti direttamente a creare occupazione e
sviluppo».
LA RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO. Una contraddizione, questa sì più
grande, riguarda casomai l’ultimo post del comico ligure sulla
ristrutturazione del debito pubblico che fa dire a Brancaccio: «Dentro
il M5s dovrebbero decidersi: la ristrutturazione del debito è
logicamente alternativa all’uscita dall’euro di cui si parla nello
studio. Delle due l’una». Tertium non datur. (*)
(*) Il ragionamento delineato era in realtà diverso. Nella
intervista affermavo che una ristrutturazione unilaterale del debito,
attuata senza risolvere il problema del disavanzo delle partite
correnti, implica l’esigenza per il paese di tornare a chiedere prestiti
all’estero appena dopo avere rifiutato di pagare quelli assunti in
precedenza. Questa eventualità sarebbe funesta, il che chiarisce che la
ristrutturazione, presa a sé stante, è una soluzione logica alternativa e
potenzialmente caratterizzata da più inconvenienti rispetto a uno
sganciamento dalla moneta unica. E.B.
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