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26/06/2013

Brancaccio sul documento del M5S: “Il reddito di cittadinanza non basta. Occorre un piano per creare occupazione”

Lettera43.it, 24 giugno 2013

Il vademecum degli economisti pentastellati: «Col sussidio i disoccupati diventano subalterni di chi lavora». Sull’exit strategy dall’euro, l’esperto Brancaccio: «Senza contromisure, rischio di svendere agli stranieri».

di Paola Alagia

Dietro la proposta di un referendum sull’euro lanciata da Beppe Grillo, c’è di più. Analisi, discussioni e pareri, tutti confluiti in un report di 71 pagine dal titolo “Documento di supporto per il laboratorio di economia del Movimento 5 stelle”. Segno di quanto nell’entourage grillino il tema della crisi e soprattutto di un’eventuale exit strategy per superare l’euro sia centrale. Lettera43.it è in possesso del vademecum pentastellato, frutto dell’attività del sito Economia cinque stelle che coinvolge numerosi attivisti e alcuni parlamentari del movimento. In tutto sono cinque gli scenari tratteggiati in questo «manifesto-riferimento», che presto deve essere oggetto di riflessione tra deputati e senatori del M5s.

PRO E CONTRO L’USCITA DALL’EURO. Si parte con «cosa succede se il nostro Paese rimane nell’euro così com’è», quindi si scandagliano le modalità in cui «il governo italiano potrebbe chiedere di riformare i trattati europei in materia economica» e «quali sono le condizioni, i vantaggi e gli svantaggi dell’introduzione di una moneta per i Paesi dell’Unione europea più forti e di una per quelli più in difficoltà». Dopo l’analisi su «cosa accadrebbe nel caso di immissione in corso di una seconda valuta in Italia», però, si fa strada, quasi ad excludendum, l’ultimo scenario, «pro e contro dell’uscita del nostro Paese dall’euro», con l’assunto che «il recesso dall’Eurozona appare come la scelta ottimale», che sembra riassumere meglio l’orientamento prevalente nel gruppo di lavoro.


NO ALLA MONETA A DUE VELOCITÀ. La linea della via d’uscita, insomma, è caldeggiata, seppure in maniera diversa, da economisti non organici al movimento come Alberto Bagnai ed Emiliano Brancaccio che, non a caso, sono citati nello studio. Non i soli esperti di economia, tra l’altro, che fanno capolino nel documento. C’è spazio per il pensiero di Gustavo Rinaldi, Giuseppe Pennisi e Luca Fantacci. Oltre che di Loretta Napoleoni. Sebbene la tesi dell’euro a due velocità dell’economista vicina al M5s, nella bozza, venga derubricata a «un’ipotesi priva di senso macroeconomico».

L’ECONOMISTA BRANCACCIO ALL’OSCURO DEL DOCUMENTO. Brancaccio, raggiunto da Lettera43.it, si sofferma su alcuni punti chiave enunciati nel lavoro, del quale era del tutto all’oscuro: «In passato sono stato contattato da alcuni attivisti e gestori del sito Economia cinque stelle, così come da esponenti di altre realtà politiche», premette l’economista napoletano che insegna all’Università del Sannio, «ma di questo studio in particolare non sapevo nulla. Non sono mai stato coinvolto nella redazione del testo né finora l’ho mai letto». Certo, vedere il suo nome al fianco di quello di Bagnai lo lascia abbastanza perplesso: «Non conosco le ultime evoluzioni del pensiero del collega, ma accostarci significa mettere insieme tesi un po’ diverse sull’uscita dall’euro». «A mio avviso», sottolinea Brancaccio, «un’exit strategy dall’euro dovrebbe prevedere meccanismi che salvaguardino i salari, impediscano ulteriori sperequazioni dei redditi e contrastino qualsiasi rischio di svendita a buon mercato dei capitali nazionali. Su questi punti decisivi alcuni colleghi favorevoli all’uscita dall’euro mi sono sembrati fino a oggi un po’ distratti».

È A RISCHIO L’EUROZONA. Al di là di questo, comunque, l’economista campano apprezza l’impegno dei pentastellati: «La probabilità di una deflagrazione della zona euro resta alta: potrebbe sopraggiungere per ragioni oggettive, indipendentemente dai nostri auspici pro o contro la moneta unica. Ecco perché è necessario cominciare in ogni caso ad affrontare la questione». Proprio per tale ragione Brancaccio critica la sinistra, che «sul tema continua a sonnecchiare, mentre a destra sembrano già preparati a sfruttare l’opportunità».

BANCONOTE A BORSE CHIUSE. Nel merito delle proposte sviscerate, tuttavia, non mancano i dubbi dell’esperto. A cominciare dall’idea del Laboratorio del M5s di «stampare le banconote prima dell’annuncio di uscita» e quindi di comunicare l’abbandono dell’euro «di venerdì sera, o comunque a mercati e banche chiusi, impedendo di ritirare dagli sportelli bancomat fino al giorno di riapertura dei mercati, purché si abbiano già pronte le nuove banconote da far circolare; in caso contrario occorrerebbe limitare i prelievi». «Mi pare illusorio credere che dare la notizia di venerdì sera sia una soluzione risolutiva», sottolinea Brancaccio, «come se un evento del genere possa rimanere nel chiuso di una stanza, senza creare aspettative da parte degli investitori». Secondo il professore, insomma, «sperare nell’effetto sorpresa non risolve il problema. La fase di transizione da un regime di cambi fissi è delicata e complessa, ma non mancano i meccanismi per poterla gestire in modo razionale, a cominciare dall’introduzione di controlli sui movimenti di capitali».

PERICOLO DELLO SHOPPING ESTERO. Tra le modalità di uscita dalla moneta unica, il gruppo di attivisti del M5s ha avanzato anche la proposta di «deprezzamento del cambio reale italiano». Ecco perché sul fronte della domanda estera «occorre ridurre l’import ed aumentare l’export: per far ciò noi dobbiamo deprezzare il cambio reale». A questo riguardo l’esperto concorda che il vero problema italiano siano i conti esteri e non tanto quelli pubblici, «ma la svalutazione del cambio», ha messo in guardia, «oltre a essere un’opzione per recuperare competitività, aumentare l’export e ridurre l’import, serba dei rischi da non sottovalutare». Quali sarebbero gli effetti collaterali? «Per esempio, il pericolo che si crei una situazione favorevole ai soggetti esteri che vogliono fare shopping a buon mercato dei nostri capitali nazionali è dietro l’angolo. Occorre adottare contromisure».

CONTRO IL REDDITO DI CITTADINANZA. Il gruppo di studio pentastellato non è poi tentato da soluzioni quali il doppio regime di cambio e la moneta complementare, definiti «palliativi temporanei» nel vademecum economico. Salta anche all’occhio, tra le ipotesi stroncate nel quarto scenario, quella delle «distribuzioni monetarie su base pro capite». Gli attivisti, infatti, bocciando la linea degli economisti Warren Mosler e Marshall Auerback, si dicono contrari pure a proposte quali il reddito di cittadinanza tanto caro a Grillo: «Non si rende un buon servigio né ai disoccupati né alla società mantenendoli in una condizione di estraneità al mondo del lavoro e di effettiva subalternità rispetto a chi ha un impiego». Un aspetto degno di nota, secondo Brancaccio: «È interessante che degli attivisti individuino dei limiti in una proposta che ha carattere di mero sussidio. Abbiamo bisogno di un piano di politica economica che punti direttamente a creare occupazione e sviluppo».

LA RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO. Una contraddizione, questa sì più grande, riguarda casomai l’ultimo post del comico ligure sulla ristrutturazione del debito pubblico che fa dire a Brancaccio: «Dentro il M5s dovrebbero decidersi: la ristrutturazione del debito è logicamente alternativa all’uscita dall’euro di cui si parla nello studio. Delle due l’una». Tertium non datur. (*)

(*) Il ragionamento delineato era in realtà diverso. Nella intervista affermavo che una ristrutturazione unilaterale del debito, attuata senza risolvere il problema del disavanzo delle partite correnti, implica l’esigenza per il paese di tornare a chiedere prestiti all’estero appena dopo avere rifiutato di pagare quelli assunti in precedenza. Questa eventualità sarebbe funesta, il che chiarisce che la ristrutturazione, presa a sé stante, è una soluzione logica alternativa e potenzialmente caratterizzata da  più inconvenienti rispetto a uno sganciamento dalla moneta unica. E.B.

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