Tutto normale quindi se si segue il
D'Alema della seconda metà degli anni '90. Ma anche i già consolidati
schemi del centrosinistra. Sempre in quel periodo, frutto di una
astensione anomala, il centrosinistra conquistò la provincia di Palermo.
Seguirono complimenti reciproci tra i membri del centrosinistra. Un
paio di giornali d'area provarono a sottolineare l'astensione record per
l'epoca, oggi norma alle amministrative, ma non seguì mai riflessione su
questo fenomeno. Il motivo è semplice: governare i territori,
concezione frutto della vecchia società fordista e disciplinare, non
interessa a nessuno. Per governarli, per disciplinare la popolazione
come forza produttiva, c'è bisogno di una alta partecipazione alle urne.
Ci deve essere consenso, e convinto, a procedure e politiche che poi si
occuperanno direttamente della popolazione. Al di là della propaganda,
la vittoria alle amministrative ha oggi altri scopi: una cordata, con
pochi e mirati obiettivi, si impadronisce delle residue risorse
pubbliche a livello locale. Poi deve rispondere agli sponsor che l'hanno
promossa, alle logiche di spartizione etc. Le politiche di
rigenerazione urbana, le nuove direttrici di sviluppo scompaiono presto
dopo la campagna elettorale. Nemmeno le retoriche della sicurezza, in
questo contesto, fanno presa più di tanto. Dopo le elezioni sui
territori subentra la routine: privatizzare, seguire le indicazioni del
patto di stabilità, gestire qualche fatto eclatante.
L'interesse al governo dei territori
può essere un grosso problema: può emergere troppo facilmente che
l'amministrazione pubblica non è in grado di tutelare che pochi
interessi privati e ritirarsi dai servizi pubblici. Ben venga quindi
un'astensione mostruosa. Come a Roma dove ha votato poco più del 44 per
cento degli aventi diritto, oltre trenta punti in meno delle ultime
amministrative. O come a Pisa dove il sindaco è stato eletto al primo
turno ma grazie ad un calo del 30 per cento degli elettori rispetto
all'ultima tornata amministrativa. Tutto questo "amministrare" pare oggi
interessi solo gli elettori di centrosinistra. Per fare un esempio:
Rutelli nel 2008 subì una sconfitta storica da Alemanno prendendo poco
più di 670 mila voti nel comune di Roma. Oggi con 5 mila voti in meno
del Rutelli del 2008, Ignazio Marino ha trionfato con una percentuale
superiore al 60 per cento dei voti. E' rimasto in piedi l'elettorato di
centrosinistra, eroso e minoritario, che diviene maggioritario nella
fuga di massa dalla politica istituzionale.
Ma chi continua a votare Pd, con
autentico sprezzo del ridicolo? Prima di tutto dobbiamo dire che si
tratta di un voto spontaneo. Il processo di disciplinamento del partito
non c'è, i gruppi di interesse legati concretamente alla politica
riguardano sempre meno persone e le iniziative di propaganda sul
territorio sono poco, a parte le eccezioni, affollate e partecipate. C'è
uno zoccolo duro di pensionati, oggi una fascia strategica di
elettorato, disciplinato nei decenni precedenti che vota, e vota
centrosinistra, a prescindere da ogni evidenza e per ogni candidato.
Minore, rispetto al passato, la fascia dei newcomer (che invece vanno
verso Grillo, alle politiche, o verso l'astensione), ancora forte
pubblico impiego e scuola. Nell'illusione, residuo del legame fiduciario
del passato, che il centrosinistra "metta le cose a posto" sui
territori. C'è poi una fascia di professionisti, in parte per interesse e
in parte per dare identità ai processi di gentrification di cui è
protagonista, che vota centrosinistra o Pd. Quello che accadrà nelle
amministrazioni appena elette lo sappiamo tutti: tra patto di stabilità e
privatizzazioni questa nuova ondata di amministratori (poi non tanto
nuova: Enzo Bianco faceva il sindaco a Catania già 20 anni fa) al
massimo potrà intrattenere i propri elettori con qualche operazione di
marketing. Non ci sarà alcun margine, ed è impossibile nel
centrosinistra, per modelli di sviluppo territoriali basati
sull'inversione del declino. Una delle priorità politiche del futuro sarà quindi quella di aggredire questo informe aggregato elettorale
del Pd, senza idee, senza prospettive ma operativo sul piano elettorale.
Facendo in modo che non rechi altri danni al paese.
L'altra è guardare alla fuga di massa
dalla politica istituzionale dei territori. Venti anni fa, alla fine
della prima repubblica, furono proprio le tornate amministrative ad
attirare quel consenso di massa per la costituzione degli schieramenti
politici della seconda repubblica. Oggi, alla fine della seconda, sta
accadendo il contrario. Tornano di nuovo utili le riflessioni di Colin
Crouch sulla postdemocrazia, sull'irreversibilità della fuga di massa
dalla politica istituzionale e non?
Nessuna delle forze attualmente in campo (dal centrodestra, alla Lega al Movimento 5 stelle) è riuscita nell'impresa di invertire il processo di fuga dalla politica. I movimenti, al di là delle lodevoli intenzioni, sono ampiamente minoritari. E' la fine della politica di massa?
Di sicuro, il silenzio dell'astensione piace ad Epifani. Sta accadendo qualcosa di favorevole al processo di dismissione del paese, che vede il Pd protagonista. Sta ai nuovi soggetti della politica creare, per Epifani, quel clima di sano dispiacere. Clima che è salute per tutti.
redazione
Nessuna delle forze attualmente in campo (dal centrodestra, alla Lega al Movimento 5 stelle) è riuscita nell'impresa di invertire il processo di fuga dalla politica. I movimenti, al di là delle lodevoli intenzioni, sono ampiamente minoritari. E' la fine della politica di massa?
Di sicuro, il silenzio dell'astensione piace ad Epifani. Sta accadendo qualcosa di favorevole al processo di dismissione del paese, che vede il Pd protagonista. Sta ai nuovi soggetti della politica creare, per Epifani, quel clima di sano dispiacere. Clima che è salute per tutti.
redazione
12 giugno 2013
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