I potenti, per vedersi, scelgono ormai posti fuori della portata dei
comuni mortali. Una scelta che seleziona a monte le possibili
contestazioni, smontandone la portata politica. I limiti delle tattiche
altermondialiste del primo decennio del secolo.
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Sono le ora 16 di lunedì 17
giugno. Siamo in auto sulla strada che da Belfast porta ad Enniskillen,
località prescelta per i meeting del G8. Dopo le innumerevoli auto della
polizia che abbiamo trovato sui cavalcavia lungo il percorso,
“finalmente” incontriamo il primo posto di blocco. Sappiamo che ci
fermeranno. Ci consultiamo: dire o non dire qual è la nostra meta?
Abbiamo qualche chance
di essere credibili se decidiamo di mentire? La risposta è no: in auto
siamo in 5, tutti tra i 25 e i 30 anni, 4 sono ragazze (2 basche di cui
una con padre turco – che sarà certamente un terrorista visti gli
avvenimenti delle ultime settimane in Turchia!!!, una di vicino
Salamanca ed io, italiana); il ragazzo è catalano. Un gruppetto che
visto così lascia poco spazio all’immaginazione: una perfetta
delegazione straniera, che tra indipendentismo basco (persino la targa
dell’auto porta la sigla dei Paesi Baschi, EH) e catalano (il quale fa
tour politici dei murales di Belfast insieme ad ex-prigionieri
repubblicani) pone le premesse per un fermo motivato dalla “lotta al
terrorismo”.
Invece con nostra grande
sorpresa – quasi disappunto – dopo qualche domanda sulle ragioni del
nostro viaggio (per la cronaca, abbiamo detto la verità), un’occhiata
più che superficiale al bagagliaio (c’erano due borsoni – di cui uno
contenente una mazza per giocare a football gaelico e un passamontagna –
che non sono stati neanche aperti), qualche battuta non velatamente
maschilista ("4 good-looking protesters",
4 manifestanti di bell’aspetto), il poliziotto ci ha augurato una buona
giornata ed una manifestazione pacifica. E noi che pensavamo che non ci
avrebbero lasciati arrivare in città...
Il
corteo è iniziato tra le 18,30 e le 19 per dar modo agli autobus
provenienti da diverse zone d’Irlanda (ed Irlanda del Nord) di arrivare.
Abbiamo marciato per circa 5 miglia (più o meno 8 km) – osservati e
fotografati da gente del posto che sembrava non aver mai visto così
“tante” persone tutte insieme (non più di 1500 manifestanti, a fronte di
una popolazione di 15000 abitanti) – fino a raggiungere la zona del Lough Erne resort
(in cui alloggiavano i “Grandi 8”), dove era stato allestito il palco,
oltre il quale non era possibile proseguire. Si sono susseguiti alcuni
interventi, le tematiche più “gettonate” sono state l’opposizione alle
politiche neo-liberiste, al fracking,
ai tagli al welfare e all’enorme investimento in sicurezza (circa 60
milioni di sterline, equivalenti a 70 milioni di euro). Dopodiché
qualcuno dei manifestanti ha superato una recinzione (che sembrava
finta, quasi di plastica) e cantato qualche slogan, per poi tornare indietro senza troppo rumore.
Alcune
osservazioni, forse banali. È stato il G8 meno partecipato – in termini
di manifestanti – che la storia ricordi. A differenza di ciò che
sostiene la polizia, che se ne assume tutto il “merito” ("there were people that wanted to come here and violently protest. The fact that they didn't has been due to the policing",
c’erano persone che volevano venire qui e protestare in forma violenta.
Il fatto che non siano venute è dovuto alla sorveglianza), ciò è dovuto
principalmente alla scelta – a mio avviso non casuale – di far svolgere
il G8 in un luogo che fosse il più isolato e difficilmente
raggiungibile possibile. Ciononostante, l’investimento sul piano della
sicurezza (60 milioni di sterline spesi per: 4300 uomini delle forze
dell’ordine, “prigioni” allestite ad hoc, drones,
etc.) e del “rinnovamento d’immagine” della contea (foto 1 e 2) è stato imponente. C’è
dunque da chiedersi se il rischio “terrorismo”, di cui si è sentito
parlare per settimane e che avrebbe motivato l’enorme dispiegamento di
forze dell’ordine (di cui, guarda caso, neanche uno in tenuta
anti-sommossa), non sia stato – come e più del solito – un espediente
per instaurare tensione e soggezione nella popolazione nord-irlandese,
ancora scossa dai Troubles.
Non a caso, più di una persona ha avvicinato i miei amici e me – mentre
prendevamo un caffè prima ancora che il corteo cominciasse – per
sottolineare che, benché ciascuno abbia diritto a manifestare il proprio
dissenso, nessuno di loro voleva – ed avrebbe tollerato – episodi di
violenza: "we had enough violence here in Northern Ireland" (abbiamo avuto abbastanza violenza qui in Irlanda del Nord).
Allora
mi domando – aldilà di scelte politiche di dubbia utilità da parte dei
manifestanti (tra cui quella d'organizzare un corteo anti-G8 a Belfast due
giorni prima del big event
di Enniskillen) – quali fossero gli obiettivi dell’amministrazione
britannica quando ha deciso come si sarebbero dovuti svolgere i meeting
del G8. Ne posso immaginare 3:
- scegliere un luogo difficile da raggiungere, in modo tale da evitare almeno la presenza delle delegazioni straniere;
- usare il G8 come vetrina – nel senso letterario del termine, visti gli sticker sui negozi – per gli investitori stranieri in Irlanda del Nord (tuttora fanalino di coda tra i Paesi della Gran Bretagna);
-
creare soggezione nella popolazione locale, magari per creare
“pacificazione” sociale e comunitaria soprattutto alla luce dei momenti
di tensione che si sono avuti a Belfast a partire dallo scorso dicembre,
per la questione della bandiera britannica.
Dal canto loro, ciò che avevamo in mente noi manifestanti sembra più chiaro: la lotta alle politiche capitalistiche e all’austerity
– che prevede forti tagli al welfare ma allo stesso tempo consente una
spesa enorme in sicurezza e misure anti terrorismo per lo stesso G8 – ed
una forte opposizione all’utilizzo della tecnica del fracking (tematica che sembra stare molto a cuore in alcune zone d’Irlanda).
Il
punto è: siamo stati efficaci, almeno quanto il governo di Londra, nel
tentativo di conseguire i nostri obiettivi? Se ci limitiamo a
considerare i numeri (non più di 3500 persone tra la manifestazione di
Belfast e quella di Enniskillen – anche se probabilmente eravamo gli
stessi ad entrambe), probabilmente la risposta è no. L’auspicio è che,
per quanto riguarda la creazione di una maggiore coscienza politica ed
unità nella lotta quantomeno a livello locale, questo G8 porti i suoi
frutti nel breve-medio periodo.
Foto 1: adesivi su vetrine di negozi abbandonati per simularne la normale attività
Foto 2: uno dei cartelloni “divertenti”, utilizzati per dare il benvenuto ai “Grandi 8”
Foto 3: manifestazione di sabato 15 giugno a
Belfast – nell’ambito della settimana di iniziative anti-G8 – c’era una
quantità di poliziotti nell’ordine di uno per manifestante (circa 2000).
Fonte
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