Non si è fatto intimidire il movimento di protesta turco. Stasera piazza
Taksim ha cominciato a riempirsi di gente un po' alla volta al calare
della sera. La polizia ha preso a schierarsi ai limiti della piazza.
Migliaia di manifestanti sono di nuovo confluiti pacificamente
verso Taksim, luogo simbolo a Istanbul della rivolta delle ultime
settimane, nonostante la forze presenza di agenti antisommossa, per
chiedere le dimissioni del premier Recep Tayyip Erdogan. I manifestanti
denunciano anche la decisione di una corte di Ankara che ha lasciato a
piede libero un agente accusato di avere ucciso con una pallottola alla
testa un dimostrante.
Un lungo cordone di agenti antisommossa,
appoggiati da blindati e cannoni ad acqua, impedisce ai manifestanti in
arrivo da Istiklal, la strada icona della Istanbul turistica, l'accesso
al centro di Taksim. I manifestanti gridano 'Tayyip Istifa' (Tayyip
dimissioni'). Manifestazioni parallele sono in corso ad Ankara e in
altre città del paese. Nella capitale, secondo testimonianze sulle reti
sociali, ci sono stati incidenti con la polizia, che ha effettuato
alcuni arresti.
Nel pomeriggio, su via Istiklal, c'era stata
un'altra manifestazione per denunciare la morte ieri nel villaggio curdo
di Lyce, vicino a Diyarbakir, di un manifestante colpito da uno sparo
di un gendarme turco. I dimostranti contestavano un progetto di
ampliamento di una base militare nel villaggio di Lyce. La morte del
manifestante ha provocato una impennata della tensione con la comunità
curda (circa il 20% della popolazione della Turchia). Manifestazioni
sono previste anche domani in diverse città del paese.
Si è
appreso inoltre che il governo turco sta analizzando il traffico
Twitter, Facebook e di altri social media, per individuare ed arrestare
le menti delle proteste contro il premier Recep Tayyip Erdogan, ad un
mese dal loro inizio come una protesta ambientalista in difesa di un
parco di Istanbul. Lo ha reso noto il ministro dei Trasporti e delle
Comunicazioni, Binali Yildirim, che ha chiesto ai social network di
collaborare se vogliono continuare ad operare in Turchia.
La ricerca
dei leader delle proteste ha portato all'identificazione di 35 nomi
forniti all'autorità giudiziaria, secondo il quotidiano Aksam. A
lanciare l'attacco a Twitter è stato sin dai primi giorni della protesta
lo stesso Erdogan che l'ha definito "un minaccia" alla Turchia.
E'
la prova definitiva che la Rete non è affatto un "luogo libero", ma
anche un setaccio a disposizione dei governi per selezionare - con molta
poca fatica - gli oppositori. Se per caso non vi fossero bastate le
rivelazioni di Snoweden...
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