di Rosa Ana De Santis
E' passata una settimana da quando Papa Francesco ha fatto riferimento
alla lobby gay che domina in Vaticano, ma il silenzio dei media sulla
questione è sconcertante. I crismi della notizia ci sono tutti e anche
di più, ma non sembra che il giornalismo italiano vi presti particolare
attenzione. Proviamo quindi a riassumere. La notizia è apparsa sul sito
cileno Reflexion y Liberacion in occasione dell’incontro del 6 giugno scorso di Papa Francesco con i rappresentanti dell’America Latina.
Avrebbe parlato di corruzione e di corrente di potere omosessuale
all’interno della Chiesa romana. Frasi che padre Lombardi non commenta,
trattandosi di un incontro privato e di appunti presi a memoria. Le
frasi che il pontefice avrebbe espresso nel manifestare l’urgenza di una
riforma radicale, farebbero il paio con le memorie bollenti lasciate da
Benedetto XVI nel famoso dossier di Vatileaks e dalla sala Vaticana non
è arrivato un commento, ma nemmeno una smentita.
La Presidenza
del Consiglio Latino Americano dei Religiosi pur esprimendo rammarico
per la fuga di notizie e non potendo stabilire le parole esatte che papa
Francesco avrebbe utilizzato per questa esternazione non ha potuto
arginare l’eco di questa vera e forse prima confessione pubblica di un
papa su un tema tanto difficile e scandaloso.
Che Papa Francesco
su innumerevoli fronti, dalla sobrietà della Chiesa alle questioni della
giustizia sociale, abbia lanciato agli apparati ecclesiastici strali di
moniti e inviti al cambiamento non è una notizia di oggi, ma aver
denunciato la presenza di una vera e propria lobby di omosessuali nelle
segrete stanze del Vaticano è oltre ogni ipotesi anche solo probabile.
Si
tratterebbe di carriere non ostacolate – anzi – da relazioni
omosessuali, di promozioni vescovili di uomini anche scoperti in
flagranza di relazioni sessuali, di laici entrati nelle grazie della
Curia per giri sporchissimi. E ci sono poi le conferme che arrivano dal
sito internet “Venerabilis” promosso dai membri della Homosexual Roman
Catholic Priests Fraternity, in cui chiaramente si parla di alti prelati
sensibili al fascino omosessuale.
Il dato più sconvolgente non è
certamente quello dei gusti sessuali, ma della modalità di carrierismo
che nella corruzione e nel sesso vede, a quanto pare, le sue strade di
trasmissione. Niente di diverso dal mondo fuori, anzi qualcosa di più
forte quanto più impenetrabile e nascosto. Lo scandalo risiede
specialmente nel gruppo di potere che condiziona e nomina le carriere
curiali, che decide dell’omertà di numerose nefandezze, lo stesso che
poi sbandiera veti di eticità e moralità sulla vita delle persone fino a
condizionare le leggi di questo paese, quasi sempre quelle che
colpiscono la vita delle donne: dall’aborto alla fecondazione assistita.
Una vaga ombra di misoginia?
Quello
che per alcuni dei settori più conservatori del Vaticano rappresenta
forse il primo inciampo mediatico del nuovo Pontificato – ma forse
nemmeno troppo considerata l’impronta di cambiamento già annunciata dal
nuovo Pontefice – è passato quasi sotto silenzio nei tg nazionali.
Mentre la notizia è sui blog di tutto il mondo, il Tg1 il Tg2 e il Tg5
non nominano nemmeno la lobby dei gay. Un atteggiamento di piaggeria
omertosa che non sorprende visto lo stato di salute della stampa
nazionale, ma che diventa grottesco quando è per primo il Vaticano a non
smentire formalmente queste frasi di commento nate nel corso di questo
dialogo privato. Non le avvalora, ne ribadisce la cornice, al limite le
relativizza, ma non nega. Come se persino nelle segrete stanze l’attesa
per una riforma per la quale lo stesso Bergoglio chiede aiuto di
organizzazione fosse diventata una necessità. Quella di ripulire e di
rifondare, dopo la corruzione, gli orrori della pedofilia, i colpevoli
coperti.
Una verità che ha una forza quasi eversiva e che
purtroppo fa meno notizia delle scuse di rito, in ritardo di secoli, che
consegnarono Giovanni Paolo II alla storia di un pontificato rinnovato.
Per aver riabilitato Galileo Galilei e per aver chiesto perdono per le
streghe mandate a morire. Mentre pedofili, corrotti e soldi
continuavano, a quanto ne sappiamo, a fare vittime proprio dentro le
chiese e le stanze consacrate. L’unica verità che l’informazione
italiana nella sera del 6 giugno ha scelto di non raccontare, mentre
proprio il capo della Chiesa di Roma sceglieva - come ha scelto - di non
fare un solo passo indietro.
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