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14/06/2013

Siria: armi chimiche pretesto per una guerra?

Gli Usa dicono che il regime di Assad ha usato gas nervino e promettono altre armi ai ribelli siriani "in qualità e quantità". In vista no-fly zone al confine giordano.

Il regime di Damasco ha oltrepassato la "linea rossa". L'amministrazione di Washington tenta l'ennesima carta per rovesciare il presidente Bashar Al-Assad, dopo le vittorie militari conseguite da quest'ultimo contro le forze di opposizione.

E se fino a qualche settimana fa le accuse di aver utilizzato armi chimiche non trovavano alcun riscontro, stavolta gli Stati Uniti annunciano di avere prove concrete: l'esercito siriano avrebbe utilizzato armi chimiche, tra cui gas nervino, in una serie di attacchi in cui hanno perso la vita oltre 150 persone. Da cui la decisione di continuare ad armare i ribelli: secondo fonti dell'amministrazione Obama, il presidente americano opterà per un ulteriore sostegno militare alle opposizioni, lasciando per ora in un angolo l'intervento militare esterno. Diversa la questione della creazione di una no-fly zone (richiesta da tempo dalla Coalizione Nazionale Siriana, la federazione dei gruppi di opposizione): secondo fonti anonime, la Casa Bianca starebbe pensando all'opzione di implementare un'area di 25 miglia all'interno del territorio siriano, lungo il confine giordano, interdetta al traffico aereo militare. Una mossa che probabilmente sarà bloccata dalla Russia, dopo l'esperienza libica.

Si prosegue intanto con le armi: "Il presidente ha deciso di fornire altro sostegno alle opposizioni, ovvero forniture dirette militari alla Coalizione Nazionale - ha detto il vice consigliere per la sicurezza nazionale, Ben Rhodes - Non posso scendere in dettagli, per una serie di ragioni, ma è sufficiente dire che il sostegno sarà diverso sia nella qualità che nella quantità. Obama ha detto che l'uso di armi chimiche cambia i calcoli".

Plauso delle opposizioni - fortemente indebolite a livello militare dalla perdita di roccaforti al confine libanese e iracheno - che definiscono la decisione americana "strategica e decisiva per porre fine alle violenze e archiviare la pace". Che la pace sia archiviabile con un'altra pioggia di armamenti appare difficile, visto soprattutto il recente rafforzamento delle forze governative che hanno segnato una serie di fondamentali vittorie contro i ribelli.

Non solo: secondo alcuni funzionari USA, Washington invierà in Giordania F-16 e batterie anti-missile Patriot per un'esercitazione congiunta prevista per la fine del mese e sposterà le navi da guerra della Marina lungo la costa giordana. Insomma, un intervento armato diretto non ci sarà, ma Washington prosegue in un sostegno indiretto che potrebbe cambiare le carte in tavola e rendere il conflitto ancora più sanguinoso. Senza lasciare spazio alla diplomazia, sponsorizzata proprio dagli Stati Uniti: la conferenza di Ginevra appare sempre di più come un grande flop, per il boicottaggio delle opposizioni siriane che non intendono scendere a patti con Assad.

Interviene anche la NATO: oggi il segretario generale dell'Alleanza Atlantica, Anders Fogh Rasmussen, ha accolto con piacere la decisione americana e ha chiesto a Damasco di permettere l'ingresso di una missione Onu che indaghi sulle accuse di utilizzo di armi chimiche.

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