Per l’esattezza nelle casse di Riva Fire i finanzieri hanno bloccato circa 212mila euro e altri 44mila euro nella società Riva Forni elettrici. Un percentuale inferiore all’1% del necessario. Somme di denaro che sulla carta, stando all’ultima iniziativa del Governo, “sono messe a disposizione del commissario e vincolate” alle operazioni di “esecuzione degli obblighi di attuazione delle prescrizioni dell’aia e di messa in sicurezza, risanamento e bonifica ambientale”, ma che nella realtà dei conti non sono sufficienti nemmeno a immaginare l’avvio dei lavori di messa a norma degli impianti dell’area a caldo. Soldi che, secondo lo svincolo disposto dal Governo nell’ultimo decreto, dovrebbero essere utilizzati immediatamente dal neo commissario Enrico Bondi (amministratore delegato di Ilva fino al momento della nomina governativa) per adeguare i reparti dell’Ilva alle prescrizione contenute nell’autorizzazione integrata ambientale.
Un’impresa che ora più che mai appare complicata nonostante il commissario Bondi (al quale a breve si aggiungerà come subcommissario l’ex ministro Edo Ronchi) possa utilizzare l’intero ricavato della vendita dell’acciaio per rispettare tempi e prescrizioni dell’Aia. Già nell’audizione di qualche giorno fa alla Commissione industrie del Senato il procuratore Sebastio aveva spiegato che “la cifra di 8,1 miliardi di euro sequestrati all’Ilva come equivalente per il risanamento è una cifra al di sotto della realtà”. Il decreto infatti stabilisce che anche “i proventi derivanti dall’attività dell’impresa commissariata restano nella disponibilità del commissario nella misura necessaria all’attuazione dell’aia ed alla gestione dell’impresa nel rispetto delle previsioni del presente decreto”.
Intanto continuano le incursioni in fabbrica dei custodi e dei carabinieri del Nucleo ecologico di Lecce che stanno setacciando i documenti e ispezionando i reparti per valutare concretamente lo stato di avanzamento dei lavori. Tutto racchiuso in relazioni settimanali che i tecnici e i carabinieri consegnano alla magistratura e sul quale al momento vige il più stretto riserbo. L’inchiesta “ambiente svenduto” intanto sembra voglere al termine: la procura, al lavoro per la conclusione delle indagini, sta valutando la posizione di nuovi nomi che potrebbero aggiungersi ai tanti già finiti nel registro degli indagati.
Fonte
Strano che tra le opzioni elencate nell'articolo non sia presente quella più di buon senso, ovvero andare a caccia del patrimonio imboscato chissa dove dai Riva.
Di questo passo finirà per pagare pantalone anche a questo giro magari a fronte di una bonifica pessima come quella con cui fu "riqualificata" Bagnoli
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