"Non è una battaglia che ci piace ma non ci sottraiamo alle nostre responsabilità", ha detto il leader del movimento libanese dopo la decisione di Obama di armare i ribelli.
Il movimento sciita libanese Hezbollah continuerà a combattere in Siria
per tutto il tempo che sarà necessario. Lo ha annunciato ieri sera il
leader dell'organizzazione, Hassan Nasrallah, in risposta alla decisione
presa dagli Stati Uniti di fornire armi ai ribelli sunniti anti-Assad.
«Prima o dopo Qusayr, non cambia nulla: il complotto è lo stesso, i
fatti non sono cambiati, al contrario, dall'altra parte (le milizie
ribelli, ndr) vi è la tendenza a intensificare il conflitto», ha
spiegato Nasrallah in un discorso televisivo, alludendo alla località
riconquistata dall'esercito siriano il 5 giugno scorso con l'aiuto dei
guerriglieri del suo movimento.
«Saremo là dove dovremo essere,
continueremo ad assumerci le nostre responsabilità, senza entrare in
dettagli che dipendono dalle condizioni sul terreno», ha affermato.
«Non è una battaglia che ci piace, certo - ha spiegato il leader di
Hezbollah. Ma è pur sempre una battaglia. E noi non ci sottraiamo alle
nostre responsabilità. Non andiamo in battaglia nascondendoci come dei
ladri. La nostra è una battaglia per una causa giusta contro un progetto
ostile al fronte di cui facciamo parte», ha concluso Nasrallah.
Dopo la decisione americana di armare i ribelli, la guerra civile
siriana, che ha già un forte carattere settario e religioso, con lo
scontro sempre più aperto tra musulmani sunniti e sciiti, diventa sempre
di più un duello a distanza tra gli Stati Uniti e i suoi storici
avversari in Medio Oriente.
Washington da parte sua ripete che armare i ribelli era diventato
obbligatorio dopo che le indagini svolte dalla Cia avrebbero confermato
che Damasco ha usato gas nervino facendo 150 morti. Barack Obama ne ha
discusso ieri in videoconferenza con alcuni dei leader del G8, tra i
quali il Presidente del Consiglio Enrico Letta, in anticipo sul summit
della prossima settimana. Gli Stati Uniti hanno fatto sapere di non
avere intenzione di imporre una "no-fly zone" sulla Siria utilizzando lo
spazio aereo giordano, come riferito ieri dal quotidiano Wall Street
Journal.
Le motivazioni americane non convincono per nulla Mosca, alleata della
Siria. Per il capo della diplomazia russa Serghiei Lavrov, che oggi
vedrà il ministro degli esteri Emma Bonino, le accuse contro Damasco non
sono confermate da fatti acclarati e il passo fatto da Washington
accrescerà la violenza nella regione.
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