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15/06/2013

È solo un problema di mele marce?

Soldi in Svizzera e corruzione. Due Prefetti e un magistrato in un solo giorno finiscono in carcere in tre inchieste diverse. Per la credibilità dello Stato sono colpi seri e ripetuti. La tesi delle mele marce rischia di diventare consolatoria.

Con le accuse di peculato e falsità ideologica sono stati arrestati dai carabinieri del Ros stamattina il prefetto Francesco La Motta e l'ex banchiere Klaus George Beherend. Altre due ordinanze di custodia in carcere sono state notificate a due broker: Eduardo Tartaglia e Rocco Zullino, i quali erano già stati arrestati dalla procura di Napoli. I magistrati napoletani avevano inviato gli atti ai Pm romani relativi alla vicenda dei soldi rubati dalle casse del Viminale attraverso il Fec (fondo per gli edifici di culto attraverso il quale il ministero dell'Interno gestisce un enorme patrimonio artistico). A quel punto il Pm romano Paolo Ielo e i carabinieri hanno continuato le indagini ed hanno accertato che, grazie a La Motta, direttore del Fec dal 2003 al 2006, successivamente nominato vice direttore dei servizi segreti civili (l'Aisi), sarebbero spariti nel nulla circa 10 milioni di euro, transitati su conti svizzeri. Ma negli affari legati ai fondi neri del Viminale spunta sempre una donna. La “Zarina” negli anni Novanta e adesso è toccato a Rosa Maria Frisari, della Direzione centrale per gli affari generali e per la gestione delle risorse finanziarie e strumentali del Viminale. Alla donna viene contestato il reato di peculato, ma la funzionaria risulta solo indagata. Il prefetto La Motta risulta poi inguaiato anche in una inchiesta condotta dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli per associazione per delinquere e rivelazione di segreto di ufficio, accuse fondate sulle rivelazioni di alcuni pentiti di camorra che lo tirano in ballo.

Sempre a Napoli è stata decisamente una giornata campale. Tra i destinatari delle ordinanze di custodia cautelare per un'inchiesta sugli appalti nella scuola di polizia c’è anche il prefetto Oscar Fiorolli, direttore Centrale Risorse Umane del dipartimento Pubblica Sicurezza. Nei confronti di Fiorolli sono stati disposti però gli arresti domiciliari. Di Fiorolli si era parlato molto ma non solo per questa inchiesta, quanto per le denunce sui casi di tortura contro i militanti delle BR durante gli anni dell’emergenza.

In particolare Fiorolli è stato denunciato come colui che interrogò Elisabetta Arcangeli con un manganello nella vagina e tirandole i capezzoli con una pinza, nella stanza accanto a quella in cui torturavano il suo compagno, il quale sentite quelle urla rivelò dove le BR tenevano prigioniero il generale statunitense James Lee Dozier.

A Roma invece oggi è stata arrestata per corruzione e peculato la dott.ssa Chiara Schettini, ex giudice del Tribunale fallimentare di Roma. Un luogo strategico per realizzare ottimi affari e a prezzo di svendita. La Schettini è stata arrestata su ordine della Procura di Perugia in quanto ritenuta figura centrale nella cosiddetta “cricca dei curatori fallimentari“. Secondo l’accusa, il gruppo sarebbe responsabile di una serie di sentenze pilotate che attraverso la redazione di documenti falsi e scritture notarili con firme “taroccate”, avrebbero lasciato confluire quantità ingenti di denaro su conti correnti bancari in Svizzera e a Cipro, per poi sparire nei paradisi fiscali.

Sarà stata una coincidenza ma una giornata giudiziaria così, per la quantità e la qualità dei personaggi coinvolti rende piuttosto risibile continuare a consolarsi con la tesi delle poche mele marci negli apparati dello Stato. Sta diventando difficile individuare le mele sane.

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