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Caro Giorgio,
Ho letto più volte e con attenzione il tuo articolo preparato per Alternative per il Socialismo con cui affronti una disamina della situazione in CGIL dopo il congresso e debbo dire che la tua analisi non mi convince su alcune questioni. Tu sostieni la tesi che il declino politico della funzione della CGIL sia databile recentemente, pressoché all'avvento della guida socialista della confederazione (Epifani prima e Camusso poi) e che prima vi fosse un sindacato conflittuale capace di confrontarsi e anche di sconfiggere governi e padroni. Credo che la datazione dell'avvio del declino dell'ipotesi conflittuale della CGIL vada collocata perlomeno alla svolta dell'Eur, quando Luciano Lama abbracciando le compatibilità economiche, spinse la CGIL a rinunciare alla contrapposizione tra capitale e lavoro e introdusse nel mondo del lavoro la sifilide della condivisione degli interessi tra lavoratori e padroni.
La concertazione poi, che so per certo da te non condivisa, viene oggi ripercorsa nel tuo testo come se fosse sostanzialmente diversa dall’attuale complicità dei confederali. In realtà questa ha creato le condizioni affinché si arrivasse alla situazione attuale ed ha rappresentato il punto di caduta più evidente della volontà del sindacato confederale di utilizzare il conflitto come strumento di regolazione degli interessi diversi tra classi in lotta. Certo di fronte ad eccessi e tentativi di andare oltre quello che nella situazione data era il confine di volta in volta invalicabile, si sono intraviste lotte e manifestazioni di sicuro rilievo in termini di numeri e di rappresentazione, mai però che queste avessero l'obbiettivo di invertire la tendenza, cioè di ripartire dagli interessi di classe contrapponendoli agli interessi del capitale. Si trattava di episodi legati per lo più a contingenze politico/sociali che venivano affrontate anche per riempire il drammatico vuoto della sinistra politica.
Credo che il congresso da poco concluso, se qualcosa ha detto, lo ha detto in termini di definitiva, assoluta irriformabilità della CGIL così come si è definita negli ultimi decenni. Personalmente ritengo, ed evidentemente con me i tanti che hanno speso decenni della propria vita a costruire l'alternativa di classe nei luoghi di lavoro, che questa irriformabilità fosse chiara già da moltissimi anni e che ogni tentativo di dimostrare che fosse ancora possibile cercare di mutare di segno le politiche di condivisione delle scelte del capitale da parte della CGIL rappresentassero, al più, generosi e caparbi tentativi di generosi compagni/e.
Le valutazioni sullo stato del sindacalismo di base che tu reputi incapace di rappresentare un'alternativa concreta e credibile anche a causa delle proprie divisioni interne forse non tengono sufficientemente conto di quanta differenza si è ormai sedimentata tra le ipotesi di autorganizzazione incapaci di generalizzazione e il tentativo, ancora incompiuto ma sicuramente interessante e vivace, di ricostruire il sindacato di classe di massa che come USB stiamo facendo e proponendo e che sta diventando patrimonio anche per tantissimi lavoratori, delegati quadri e dirigenti provenienti dalle fila della CGIL e non solo. La costruzione del 18 e 19 ottobre, la forza dello sciopero generale e il traino che ha dato alla manifestazione del diritto alla casa e al reddito dice che qualche passaggio di maturità politica, di consistenza, di qualità delle proposte è stato realizzato pur tra mille difficoltà. L’idea della confederalità sociale che noi avanziamo, e che è stata anche alla base delle modalità di realizzazione delle due giornate d’autunno che per noi rimangono un riferimento, sono dimostrazione di un sindacato conflittuale di classe che percepisce le risultanze delle trasformazioni produttive e sociali e cerca di intervenire sindacalmente sul precipitato di questo cambio profondo.
Insomma personalmente penso sia necessaria una valutazione più approfondita ed un franco dibattito sia sull’esito del congresso Cgil, sulla battuta d’arresto della FIOM costretta a tornare precipitosamente sui propri passi e a tornare a riempire lo spazio più consistente dell’opposizione interna, sulla scelta della Rete 28 Aprile di continuare la propria esperienza in Cgil ma anche sulla necessità storica dell’alternativa sindacale indipendente, di classe e di massa.
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