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18/08/2015

Ferragosto greco

Pubblichiamo questo commento sugli ultimi avvenimenti in Grecia, frutto di una riflessione collettiva da parte di alcuni compagni, tra cui uno del nostro collettivo, che sono stati ad Atene nell’ultimo mese e che hanno toccato con mano la situazione in seguito al referendum.

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Negli ultimi due giorni, per i pochi sfortunati che anche sotto l’ombrellone leggono il giornale, è stato scritto un nuovo atto della tragicommedia greca.

Nella notte tra il 13 e il 14 agosto il parlamento ellenico ha approvato il terzo piano di aiuti, corredato dal terzo pacchetto di misure che l’Eurozona ha preteso come prova della “buona” volontà. Buona per modo di dire dato il contenuto delle misure.

Sono state infatti approvate circa 57 riforme, che vanno dalla reintroduzione dei licenziamenti collettivi alla revisione della contrattazione aziendale, dall’abolizione delle baby pensioni fino alle privatizzazioni, nodo fondamentale di questo terzo pacchetto. Entro ottobre dovranno essere presentate le offerte per le privatizzazioni del porto del Pireo e di Salonicco, verranno inoltre privatizzati la rete elettrica Admie e gli aeroporti regionali.

La votazione però è avvenuta con parecchi problemi. La presidente della camera, Zoe Konstantopoulou, di Syriza e contraria al memorandum, ha fatto ostruzionismo così che la votazione si è protratta fino a notte inoltrata, ma in tutto sono 43 i deputati di Syriza ad essersi opposti all’indicazione del partito votando contro l’approvazione delle riforme, a fronte dei 222 voti favorevoli collezionati tra le fila sia dei partiti al governo sia dei partiti all’opposizione, Pasok e Nea Demokratia su tutti, alfieri dell’europeismo.

Quindi è evidente come, mentre aumenta il numero di parlamentari “dissidenti” interni a Syriza, il governo riesce a far passare gli ennesimi provvedimenti che affamano il popolo greco proprio grazie al sostegno di quei partiti rispetto ai quali Tsipras si era posto come alternativa e contro cui aveva condotto la propria campagna elettorale.

Il 14 agosto quindi l’Eurogruppo ha approvato lo stanziamento del prestito di 86 miliardi di euro, con una prima tranche da 26 miliardi in questa settimana e le successive in autunno, vincolate a dei test da effettuare sulle banche greche. Inoltre per qualsiasi decisione in ambito economico il governo dovrà consultarsi con l’Europa.

Dunque se da un lato si è visto l’Eurogruppo incassare il risultato desiderato, riducendo di fatto la Grecia ad una colonia costretta a chiedere denaro per ripagare gli interessi sui prestiti precedentemente contratti e senza più voce in capitolo sulle politiche da attuare nel proprio paese, dall’altro è un fatto ormai evidente che Syriza si è spaccata. Da un lato chi si è stretto attorno a Tsipras e dall’altro un’ala che i giornali nostrani amano definire più “radicale”, che si dichiara contraria al memorandum e rappresentante la volontà popolare espressa col referendum di luglio.

A questo punto le elezioni sembrerebbero inevitabili, e una convergenza tra Tsipras e i vecchi partiti alfieri dell’europeismo sempre più probabile. Syriza esisterà ancora? Tsipras, forte del consenso popolare che i sondaggi dei giornali ellenici ancora mostrano, si candiderà con una lista personale? I fuoriusciti da Syriza porteranno ancora avanti l’opzione riformista?

Al di là di questi interrogativi, ci sembra che la grande incognita sia la volontà dei greci di sottostare o meno a queste imposizioni che vengono da molto in alto.

Se l’epilogo dell’opzione politica di riformabilità dell’UE portata avanti da Tsipras portasse con sé anche l’esperienza di Syriza, tentativo seppur blando e maldestro di sintesi politica delle imponenti lotte sociali degli ultimi anni, ci sarà la forza di continuare a lottare e stare nelle strade?

Dal canto nostro ci auguriamo che il risveglio greco dal torpore estivo sia il più possibile “focoso”.

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