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06/03/2017

Irlanda del Nord al bivio

Dimenticata da anni, grazie al processo di pace gestito (sul lato irlandese) da Gerry Adams e avviato a suo tempo da Tony Blair (probabilmente l'unica cosa della sua carriera politica ricordabile senza orrore), l'Irlanda del Nord torna all'attenzione dell'informazione europea per l'esito "problematico" delle elezioni politiche.

Anni di pace sembrano però aver azzerato le conoscenze anche superficiali dei media italiani sulla storia recente di quel paese. SkyTg24, per esempio, ha definito il Sinn Fein – partito che ha "quasi vinto" le elezioni ed è stato universalmente conosciuto come "il braccio politico dell'Ira" – come una "formazione integralista cattolica". Dimostrando così di non sapere nulla dell'argomento di cui stava incautamente dando "notizia".

Sulla situazione politica dell'Irlanda del Nord, e per combattere l'ignoranza diffusa dai media mainstream, ci sembra utile riprendere il pezzo scritto da Alberto Tarozzi per Alganews. Buona lettura...

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Scissioni e secessioni dappertutto, anche in Irlanda del Nord?

A chi non si fosse perso nei meandri delle scissioni dei partiti del centro sinistra italiano si suggerisce di dare un’occhiata a quanto è avvenuto e potrebbe avvenire in Irlanda del Nord, la regione irlandese del Regno Unito, che gode di alcuni poteri di autogoverno. La cronaca: le elezioni hanno appena decretato che Il Partito Democratico Unionista (DUP), protestante e conservatore, che rappresenta gli irlandesi del nord favorevoli alla permanenza nel Regno Unito, ha ottenuto in parlamento, 28 seggi su 90, una maggioranza relativa ridotta rispetto alle elezioni del maggio 2016, quando si era aggiudicato 38 seggi su 108 (il numero di parlamentari è diminuito, nel frattempo).

Viceversa il Sinn Féin, cattolico e socialista, suo alleato nella grande coalizione del precedente governo, ma anche il principale tra i partiti che in passato chiedevano l’indipendenza dell’Irlanda del Nord dal Regno Unito, ha ottenuto 27 seggi. In percentuale, adesso, il DUP supera il Sinn Féin di un solo punto (31 contro 30). La coalizione era entrata in crisi per questioni relative alle energie rinnovabili, con uno scandalo che vedeva coinvolta la ex prima ministra Arlene Foster, del DUP.

Dieci anni di governo comune andato in fumo, successivi ad anni di profondi conflitti tra la comunità protestante e quella cattolica. Ora il Partito Democratico Unionista e un Sinn Féin meno disponibile alle alleanze dovranno cercare di formare un nuovo governo di coalizione entro tre settimane: se non riusciranno ad accordarsi dovranno essere indette nuove elezioni e temporaneamente i poteri del governo nordirlandese saranno delegati al parlamento del Regno Unito.

Irlanda del Nord colonia inglese? Addirittura, formalmente, qualcosa di più vincolante, considerando il direct rule di Londra nel governo della regione (per tradizione nelle colonie inglesi il ruolo imperiale di Londra è sempre stato “indirect”). Nella sostanza la questione è differente. Se da un lato si prospetta un maggiore condizionamento di Londra sull’Ulster (Irlanda del Nord), dall’altro la crescita del Sinn Fein lascia intravvedere una crescita delle spinte secessioniste con una successiva strategia di fusione con l’Irlanda. Sullo sfondo, manco a dirlo, la Brexit, che ha visto il voto contrario alla secessione da parte della maggioranza dei nordirlandesi.

Un No alla secessione da Bruxelles cui seguirebbe dunque un possibile Sì alla secessione da Londra e, come in una scissione a catena, l’innesco della secessione scozzese. Non solo politica: l’attuale assenza di confini economico-commerciali tra Irlanda del Nord (cioè Regno Unito) e Irlanda, che tutto sommato reca vantaggi di vario genere, andrebbe a farsi benedire. L’isola più grande fuori dall’Europa e l’isola più piccola, più la Scozia, dentro. Guerre commerciali in vista? Più che altro da quelle parti quando si tratta di guerre, ci si mette poco a passare dal dolce commercio alla politica delle armi.

La May è avvisata; il suo futuro appare adesso con qualche nube in più.

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