Con il comandante della leggendaria «Prizrak» – [fantasma, NdT], (prima comandata da Mozgovoi) ci siamo conosciuti più di due anni fa, quando per la prima volta siamo capitati in Donbass. Partecipammo ad un festival e ci invitarono a parlare a Kirovsk, a ridosso del fronte. Ricordo come in sala si ascoltasse con attenzione, solo di tanto in tanto si sentiva un sussurro – i nostri ragazzi traducevano per i volontari stranieri le canzoni e i discorsi.
Dopo il concerto ci furono dei piccoli incontri, ci siamo trovati al tavolo accanto ad un interlocutore molto intelligente, che si presentò come Aleksei. Venimmo a sapere che si trattava di un siberiano, programmatore, un civile a tutti gli effetti (anche se l’istituto aveva un dipartimento militare). Si trovava in Donbass “chiamato dal cuore”, come molti altri volontari “fantasma”. Al momento di congedarci da lui, quasi per caso si è scoperto che avevamo parlato con il comandante di battaglione Markov.
Poi di tanto in tanto chiamavamo, scrivevamo tramite i social network, inviavamo per mezzo del comandante di battaglione ai ragazzi le nostre nuove canzoni. E quando Alexei è apparso brevemente a Mosca-finalmente ci siamo incontrati di nuovo e abbiamo continuato la conversazione interrotta...
S.: – Alexey, oggi la stessa espressione “formato Minsk” è già diventata qualcosa di sostanzialmente utopico. Mentre, in precedenza, su “Minsk” tutti riponevano speranze, riflettevano, sulle possibilità di fermare la guerra...
Comprendevamo che “Minsk” era necessaria in primo luogo per la parte ucraina. Dopo le sconfitte nell’estate del 2014 e nell’inverno del 2015, dopo una serie di accerchiamenti avevano bisogno di tempo per riorganizzarsi e mettere ordine nell’esercito, semplicemente avevano bisogno di una pausa. Ma tutti, sia le Repubbliche che la Russia ritenevano che in Ucraina vi fossero politici intelligenti e forze sane, per le quali il formato Minsk sarebbe diventata la base per una soluzione politica del conflitto. Ma presto si è scoperto che gli “ukrop” (nomignolo con cui vengono identificati gli ucraini, NdT) percepiscono Minsk solo nella parte che è vantaggiosa per loro. Non hanno fatto alcun passo per l’attuazione degli accordi: nessun cambiamento costituzionale, né amnistia per le persone che hanno preso parte al conflitto. E dopo che Poroshenko, nel febbraio dello scorso anno, dichiarò che il cambio di formato nelle operazioni del sud-est annulla gli accordi di Minsk, tutto è chiaro: per la parte ucraina «Minsk» non è necessario in alcun modo.
S.: – E che dire di noi, non abbiamo corso troppo con “Minsk”? Forse era opportuno aspettare che i miliziani prendessero Mariupol e allontanassero i confini dalle capitali?
– “Guerra delle occasioni mancate”, così definisco questa guerra. In quel tempo si decise di fermare rapidamente la fase calda del conflitto. Ma oggi in Donbass molti hanno dei rimpianti: l’offensiva (pesante certo, ma caratterizzata da successi) è stata fermata... Gli abitanti di Donetsk la pensano così: se fossimo arrivati almeno fino ai confini delle repubbliche, la nostra posizione sarebbe stata migliore. Lo penso anch’io, ma ipotizzare cosa sarebbe sarebbe successo se... – non ha senso.
S.: – Ho sentito la seguente versione, mi pare nel 2015, appena prima di «Minsk», secondo cui fosse stato raggiunto un accordo segreto con il comando delle forze armate ucraine per una campagna congiunta contro Kiev, con lo scopo di rovesciare la giunta dei banderisti...
– Non so niente di questi accordi. E’ più probabile che si tratti di favole circolanti fra i soldati. Un’altra questione è che dopo la sconfitta di Debaltsevo, il morale nelle Forze armate ucraine era a pezzi. Era ancora caldo il ricordo degli accerchiamenti estivi, sotto Ilovaisk, le disfatte al confine, e sei mesi dopo, un’ altra «sacca» – Debalstevo. Il desiderio di reagire con forza, presso le forze armate ucraine, non c’era più. Quando le nostre unità militari si avvicinavano i membri delle truppe interne ucraine ripiegavano. In qualche parte in maniera organizzata, da qualche parte no...
S.: – Di conseguenza il vostro morale era alto?
– Sì, tutti erano pronti ad andare avanti. L’emozione, l’euforia dopo le vittorie ispiravano le persone. Se fosse stato dato l’ordine, l’offensiva sarebbe continuata. Anche se c’era da evidenziare una certa impreparazione della milizia (in quel momento) alla realizzazione di complesse operazioni militari a livello di brigata e di corpo d’armata.
S.: – A quanto pare, nel corso di quattro anni, la situazione è cambiata radicalmente, e non avete particolari problemi con la cooperazione tra le forze armate?
– I problemi non mancano mai. Ma il più importante è che negli ultimi tre anni le forze armate ucraine sono diventate più efficienti. Ora non vi sarà una ripetizione degli avvenimenti del 2014 e 2015. Naturalmente, l’esercito ucraino non è “l’esercito più forte d’Europa”, come amano vantarsi, ma, diciamo così: “sono un esercito medio di un pessimo Stato”. Gli «Ukropi» hanno già iniziato a combattere più o meno consapevolmente, vi è interazione tre le forze armate, hanno implementato sistemi di comunicazione segreti, l’artiglieria ha iniziato a lavorare normalmente, hanno un buon sistema di spionaggio militare. La paura delle sconfitte, la paura dell’accerchiamento, è stata gradualmente sostituita da un desiderio di offensiva, andare avanti.
S.: – I Media Russi spesso rappresentano l’Ucraina come una congrega di idioti e dilettanti. Dal tuo punto di vista è vero?
– Non è così, assolutamente... hanno degli ufficiali normali. È chiaro che per 25 anni c’è stato un enorme mucchio di generali che non sanno cosa sia il combattimento. Ma la guerra ha fatto emergere tra loro intelligenti ufficiali di collegamento, di compagnia, di battaglione e brigata. Le persone che hanno superato questa guerra hanno avuto modo di acquisire un’esperienza abbastanza seria. Quelli che ora combattono, generalmente, hanno un contratto. Quelli che coscientemente entrano come operativi nell’esercito, lo fanno per denaro, carriera, motivazioni ideologiche.
A.S. Ah, quindi combattete contro professionisti?
– Sì.
G.S. E loro?
– Credo di si. Sarà la guerra a dimostrarlo.
A.S. Ma non vi sono stati sfondamenti significativi negli ultimi tempi...
– Non ancora, e spero che non vi saranno. Non posso certo rispondere per le altre unità, ma, almeno, nella «Prizrak» vi sono combattenti ben motivati: sanno il motivo per cui hanno preso le armi in mano, cosa difendono, quale è il prezzo che potrebbe essere necessario pagare per salvare le loro case, le loro famiglie.
La “Prizrak” non ha mai lasciato le proprie posizioni, al contrario, stiamo andando avanti costantemente. È vero, c’è la matematica... Di solito si dice: “Dio è dalla parte dei grandi battaglioni”» Se mettiamo a confronto i 40 milioni di abitanti rimasti in Ucraina , forse, un po ‘ meno, e noi nelle repubbliche – 2-2,5 milioni. Il potenziale di mobilitazione è diverso venti volte.
Inoltre, ricevono legalmente aiuti militari da Stati Uniti, Europa, Canada. Essi hanno la possibilità di acquistare all’estero veicoli blindati, munizioni, pezzi di ricambio. Hanno i loro impianti di produzione per riparare i blindati. Rispetto a questo punto si trovano in una posizione significativamente più vantaggiosa. Per noi, la riparazione di veicoli blindati e le munizioni costituiscono un problema enorme. I due eserciti sono molto differenti da un punto di vista quantitativo. E non importa quanto sia motivato il nostro soldato, se l’avversario è cinque volte di più e inizia ad avanzare in massa. Utilizzando i vantaggi, gli “Ukropi” hanno la possibilità in determinate zone del fronte di creare una schiacciante superiorità.
S.: – Quali rischi comporta?
– Approfittando della superiorità numerica loro possono semplicemente spremerci lentamente, occupando la zona grigia, che anche noi avremmo potuto prendere, ma non abbiamo abbastanza organico. Inoltre si sono spostati in avanti, hanno fortificato, avvicinato le retrovie e mosso la linea del fronte verso di noi. Per quanto riguarda noi, tutto si riduce al supporto logistico di base: per il dispiegamento completo delle forze c’è bisogno di molte risorse economiche. Inoltre, la capacità produttiva, la fornitura regolare, inizia con i prodotti alimentari e finisce con carburanti e lubrificanti. Mantenere un esercito ben preparato, addestrato, ricco di strumentazione tecnica è molto costoso. Le repubbliche non sono così ricche al momento. Pertanto, vengono fatti tutti gli sforzi necessari e spesso anche l’impossibile per mantenere il livello di preparazione militare delle milizie popolari a livello alto. Ma dobbiamo capire che i miracoli non esistono. Se hai un budget limitato, da un punto di vista tecnico e dell’industria militare, non ci si può aspettare molto dall’esercito.
S.: – Vuole dire che l’aiuto della Russia è insufficiente?
– La Russia non è coinvolta in questa guerra come parte del conflitto.
S.: – Anche il Canada non è coinvolto, ma fornisce armi all’Ucraina.
– Il Canada interagisce con il governo dell’Ucraina legalmente riconosciuto, governo ricordiamo riconosciuto anche dalla Russia. Mentre le nostre repubbliche non sono ancora riconosciute da nessuno e sono considerate «autoproclamate».
A.S.- Pensa che sia stato un nostro errore? Non si sarebbe dovuto riconoscere l’attuale governo ucraino?
– Errore assoluto... nel 2014 la Russia avrebbe potuto prendere la corretta posizione di arbitro nel conflitto intra-Ucraino. I russi avrebbero potuto dire: «Noi non interferiamo nel conflitto, noi siamo per una soluzione pacifica, facciamo sedere attorno al tavolo dei negoziati Yanukovich, Poroshenko, tutte le parti interessate e mettiamoci d’accordo. Ma l’esercito dovrebbe rimanere fuori dal conflitto» e l’esercito con piacere sarebbe stato felice di rimanere fuori. Ma dopo che la Russia ha ufficialmente riconosciuto il potere di Poroshenko l’esercito ucraino non ha avuto scelta: è stato costretto ad obbedire agli ordini del suo comandante supremo.
S.: – Sembra che guardiate al futuro senza molto ottimismo...
– Non guardiamo molto lontano nel futuro. Abbiamo compiti più immediati e banali: l’oggi, il domani...
S.: – Come finirà tutto questo, dal vostro punto di vista?
– Come dovrebbe finire, o come finirà?
S.: – entrambi...
– Deve finire con la nostra vittoria e, spero, l’adesione delle Repubbliche alla Federazione Russa. Ma, molto probabilmente, la guerra si trascinerà per anni a venire. Sarà un conflitto congelato.
S.: – Come in Abkhazia?
– Più o meno come in Transnistria. Abbiamo, naturalmente, una situazione migliore: ancora c’è un confine comune con la Russia, ciò eviterà il blocco economico. Ma ho paura che lo sviluppo della situazione in Ucraina e in Donbass avrà più a che fare con il clima della politica estera. Perché si scontrano gli interessi di molti grandi stati, in primo luogo gli Stati Uniti, che cercano di mantenere il proprio status di unica superpotenza. La vittoria delle Repubbliche per gli Stati Uniti è inaccettabile, sarebbe un segnale per tutto il mondo: “Akela ha perso” (frase tratta da Il Libro della giungla, NdT) Faranno di tutto per evitare che accada...
G.S. E se la Russia riconosce le Repubbliche?
– La Russia non riconoscerà le Repubbliche. Almeno in questa fase è assolutamente escluso. Non serve illudersi. La Russia non lo farà.
S.: – Ma dopo tutto, molti se lo aspettavano...
– Quelli che lo aspettavano sono persone piuttosto ingenue. Credo che a causa di fattori legati alla politica estera la Russia non può permettersi il riconoscimento delle Repubbliche.
S.: – Quando è iniziato il campionato del mondo di calcio, si è espresso il timore che l’esercito ucraino iniziasse l’offensiva. La stessa paura era emersa dopo l’introduzione della legge marziale. Come aveva valutato queste possibilità?
– Sono assolutamente convinto che non vi sarà nessuna offensiva (in qualsiasi modo si possa intendere) da parte dell’Ucraina. Per un semplice motivo: non gli conviene. Spiego: in linea di principio, l’esercito dell’Ucraina, raccogliendo le riserve, può sconfiggere gli eserciti della DNR e LNR: sia da un punto di vista tattico che strategico. Ma loro sono perfettamente consapevoli che, in caso di operazioni di combattimento su larga scala la Russia non resterà in disparte. In caso di scontro con l’esercito russo, non ci sono possibilità per le forze armate ucraine. Ecco, essi usano la tattica dei piccoli passi, a cui la Russia non può rispondere: avanzate di 200-300 metri che non rappresentano un motivo per scatenare un conflitto interstatale. Ma avanzate giornaliere, settimanali, si sommano in un anno fino a rappresentare successi importanti. Questa è la loro tattica: concentrare forze superiori in una determinata zona, raggiungere un determinato successo tattico (non necessariamente una vittoria), dopo di che queste forze passano ad un’altra zona. E’ così che hanno cercato di cacciarci dalle posizioni nella zona della strada Bahmutka, poi da Zhelobok, e ogni volta tutto accade seguendo lo stesso copione. Penso che quest’anno seguiranno una tattica simile. Per noi ora la situazione è molto semplice: dobbiamo tenere su il morale dei combattenti, stringere i denti, ma non ritirarci. Perché il 2019 sarà abbastanza difficile per l'Ucraina. In primo luogo, ci sono le elezioni presidenziali: i ragni si aggrappano l’uno all’altro e avranno meno tempo per farci del male. In secondo luogo, è pienamente operativo il “Nord Stream-2”. In terzo luogo, si conclude un contratto per il pompaggio di gas attraverso il territorio dell’Ucraina, e quindi si perde la possibilità di mandare un ultimatum all’Europa Occidentale, con la chiusura del rubinetto (del gas NdT)... Quando il gas andrà a bypassare l’Ucraina, quest’ultima perderà il suo valore. L’Occidente aiuta l’Ucraina non mosso da motivazioni sentimentali e altruistiche. Hanno bisogno dell’Ucraina per garantire una fornitura ininterrotta di gas. Aiuteranno sicuramente l’Ucraina, ma senza l’entusiasmo di un tempo. E soprattutto: nel 2019-2020 vi sarà il picco dei pagamenti sui prestiti. L’Ucraina dovrà pagare una quantità enorme di denaro che non ha. Pertanto, in Ucraina, saranno costretti a prendere molte decisioni economiche e sociali impopolari.
Per le autorità ucraine la guerra è vantaggiosa, perché attraverso di essa è possibile cancellare tutti i loro problemi. Ma, d’altra parte, la cosa più svantaggiosa per l’Ucraina odierna sarebbe la vittoria nella guerra in Donbass. Perché dopo la vittoria avrebbe bisogno di fare qualcosa... soldi per la ricostruzione e il pagamento delle pensioni non ci sono e non ci saranno.
S.: – Si potrebbe pensare, la Russia ha un sacco di soldi in più...
– Beh, la Russia, in primo luogo, è molto più grande e più ricca dell’Ucraina. In secondo luogo, un Donbass integrato nella Russia avrà possibilità di sostentamento, se avrà un attimo di respiro. Sì, ci sono problemi di corruzione, di mentalità, ma la terra è ricca, l’industria è ben sviluppata, c’è personale qualificato. Date del tempo al Donbass e in qualche anno l’industria sarà ripristinata, così come il commercio e l’agricoltura. Non rappresenterà una zavorra per nessuno.
G.S.- Chi lo lascerà andare così facilmente?
– E ‘ questo il punto. L’Ucraina non lascerà andare il Donbass, perché questo rappresenterebbe un riconoscimento ufficiale dell’incapacità dello Stato. Nessun politico ucraino giungerebbe questo.
S.: – D’altra parte hanno “lasciato andare” la Crimea...
– E’ stata la stessa Crimea ad “andarsene” e l’Ucraina non è mai riuscita ad accettarlo. Come non si è rassegnata la Serbia con la separazione di fatto del Kosovo. Ma la Crimea è sempre stata un «territorio separato», lì da sempre è vissuta una popolazione con un’altra mentalità, mentalità tutt’altro che ucraina. Mentre in Ucraina continuano ostinatamente a considerare il Donbass come la propria antichissima terra. Quindi qualsiasi potere si installi a Kiev dopo elezioni, molto probabilmente, userà il conflitto in Donbass come una valvola di sfogo, indirizzando lì il malcontento del popolo.
A.S. – Cosa dovrebbe fare a tal proposito la Russia?
– La Russia, purtroppo, non ha una strategia per il Donbass e reagisce alla situazione secondo il principio: quando qualcosa accadrà, a quel punto ci penseremo, o forse si risolverà tutto per conto proprio.
S.: – E’ a causa di questo che il progetto “Novorossija” a suo tempo non si è concretizzato?
– Ora è difficile meditare fino in fondo sul perché siano state prese certe decisioni e non altre. Per quanto ne so, quando Kernes e Dobkin sono andati in Russia con la seguente domanda, che reazioni ci sarebbero state lì alla creazione di una repubblica popolare di Kharkov, a loro è stato detto: voi agite e noi vedremo il da farsi a seconda dei risultati. Mentre in Ucraina hanno dato loro la garanzia che se Kharkov rimane nella sfera di influenza di Kiev, poi, naturalmente, dovranno rinunciare a qualcosa, ma tuttavia non saranno né arrestati, né uccisi, e rimarranno legittimati da un punto di vista politico... Dato che Kharkov è una città assolutamente filo russa, penso che la Novorossija sarebbe potuta sorgere raggruppando tre repubbliche con capitale a Kharkov. Forse si sarebbero unite le regioni di Nicolaevsk, Odessa, Zaporozhe. In Russia in quel momento nessuno sapeva cosa fare in una situazione simile. Cioè la decisione è stata evidentemente necessaria, inevitabile, ma coraggiosa a proposito della Crimea e, da quello che ho capito, loro stessi erano sorpresi del risultato del referendum....
S.: – Nel nostro talk show politico spesso si sente ”ancora un po’ e Kharkov, Odessa, Nikolaev si solleveranno...” ci credete?
– So per certo che non succederà.
S.: – Hanno “ripulito” così bene tutto in Ucraina?
– Per quattro anni la maggior parte di chi era pronto ad una sollevazione o è stato ucciso, arrestato o cacciato fuori dal paese. Semplicemente non vi è nessuno a guidare rivolte nelle retrovie…
Nonostante il fatto che il potere politico dell’Ucraina sembra un raduno di schizofrenici, l’SBU (il servizio di sicurezza) da loro funziona benissimo.
S.: – Sì, a quanto pare, le opinioni di alcuni dei nostri politici a proposito delle autorità ucraine, per usare un eufemismo, non corrispondono alla realtà...
– I nostri patrioti sono soliti trattare l’Ucraina in maniera beffarda, ironica. Ecco come la vedo io: sì, la politica dell’Ucraina è folle. Sì, l’ideologia dell’attuale Ucraina è evidentemente primitiva, come qualsiasi nazionalismo, ma le autorità ucraine si pongono obiettivi chiari. La vittoria militare nel Donbass, il rastrellamento della popolazione di lingua russa, la rappresentazione di tutti i russi come nemici tradizionali dell’Ucraina, il divieto della lingua russa e la sua graduale eliminazione non solo dalla sfera ufficiale, ma anche dalla vita quotidiana. Se consideriamo questo piano stanno ottenendo successi. Ridere di loro è molto stupido. Fra 5 anni tutta l’Ucraina diventerà assolutamente russofobica. Già ora la generazione più giovane è in gran parte cresciuta nell’ambito di una tradizione russofobica. Le persone di 40-45 anni ricordano ancora L’URSS, dove tutte le nazionalità vivevano come una famiglia. Ma i ragazzi di 20 anni sono cresciuti già nell’atmosfera della russofobia, per loro è naturale, e i loro figli cresceranno nello stesso spirito.
Non stiamo perdendo ora la parte militare del conflitto, stiamo perdendo la guerra per l’anima. La Russia non ha contrastato il progetto russofobico e cannibale ucraino. Non esiste un progetto filo-russo. Ora semplicemente siamo seduti e aspettiamo che tutto finisca. E finirà con la nostra sconfitta ideologica. L'Ucraina in tal modo diventerà uno stato assolutamente nemico. Avremo un’altra Polonia, solo pezzente e proprio a fianco.
S.: – E come viene percepito in Donbass lo scisma della chiesa ortodossa, il “tomos” (un decreto della Chiesa Ortodossa, NdT) e tutta la questione della Chiesa Ortodossa di Ucraina?
– Beh, in verità in nessun modo. Non abbiamo questo problema in linea di principio. Le chiese scismatiche non svolgono alcun ruolo speciale. Ed al fronte questi battibecchi tra singole associazioni religiose semplicemente non importano a nessuno. Là dove le persone stanno solo cercando di sopravvivere, non si arriva a riflettere su questo.
S.: – Alexei, lei si trova quasi costantemente sulla linea di delimitazione. Di fronte, le posizioni dell’esercito ucraino. Come ti riferisci ai tuoi avversari: con rispetto, con odio?
– Per noi, l’Ucraina e gli ucraini sono ancora un paese e un popolo fratelli, in cui al potere sono salite persone apertamente nazionaliste. Come dice il proverbio « i nazisti vanno e vengono, ma l’Ucraina rimane»
A.S: – Quindi siete in guerra con il regime?
– Siamo in guerra contro l’ideologia nazista, che ora ha il sopravvento in Ucraina... Qui ho un vice-capo, ha prima prestato servizio per gli ucraini e ora dice apertamente: « Combatto non contro l’Ucraina, combatto per l’Ucraina, per la mia Ucraina, libera da fascisti e nazisti». E queste parole possono essere ripetute dalla stragrande maggioranza dei miei combattenti. Ma la situazione non è speculare: se consideriamo gli ucraini, i soldati delle forze armate, siano essi semplicemente ingannati o pazzi, ad ogni modo loro in noi non vedono persone. Tutta l’ideologia, tutta la propaganda dalla parte Ucraina sono mirate a dare una rappresentazione degli abitanti del Donbass. Per loro non siamo più persone – “Kolorady” (“Dorifore”, riferito a una specie di coleotteri dannosi per le colture, con colorazione a strisce arancioni e nere, n.d.t.), “separatisti”, "terroristi", siamo tutto tranne che persone. Un numero enorme di case, villaggi semplicemente cancellati dalla faccia della terra, spesso insieme con i residenti, e gli «Ukropi» non sono minimamente toccati da un punto di vista morale rispetto a questo... Ogni civile ucciso per loro è un nemico ucciso. Noi non abbiamo il diritto morale di aprire il fuoco verso insediamenti civili dal loro lato, anche se sappiamo dove si trovano artiglieria, militari, basi, perché possono subirne le conseguenze i cittadini, cittadini che consideriamo “gente nostra”.
Se parliamo della vita di tutti i giorni, non mi sento di dire che esista un odio nei confronti dell’Ucraina. Inoltre, per parte dei miei combattenti l’ucraino è la lingua di tutti i giorni usata per le relazioni sociali, tra loro parlano in ucraino, e questo non rappresenta un fastidio per nessuno.
S.: – E in che lingua parla il vostro avversario?
– Quasi esclusivamente in russo, questa è la cosa più divertente, risulta chiaro dalle intercettazioni radio. E i prigionieri con noi parlano anche in russo puro.
S.: Si può dire quindi che la guerra in Donbass non è un conflitto interetnico?
– Direi più di civiltà. Dobbiamo capire che la civiltà occidentale è in gran parte basata sul cannibalismo e l’ipocrisia. L’Occidente non ha considerato un crimine la distruzione di popoli che non facevano parte del “mondo occidentale”. Questo vale non solo per gli asiatici, indiani e neri, ma anche per i bianchi, guardate ad esempio gli stessi boeri. Non appena i boeri cessarono di far parte della civiltà occidentale, entrarono automaticamente nella categoria di «indigeni», e con gli indigeni puoi fare qualsiasi cosa – non sono persone. Gli ucraini contemporanei hanno fatto di tutto per diventare parte del mondo occidentale. Ma l’Occidente non li tratta come propri simili. Per loro sono dei semplici indigeni utili. Due grandi tribù di nativi combattono tra di loro, ma alcuni nativi sono per «il signore bianco», altri non vogliono obbedire al «signore bianco». Quindi, ai primi indigeni diamo fucili, polvere da sparo, affinché uccidano i secondi nativi.
S.: – Ora è diventato estremamente difficile ottenere informazioni su ciò che sta accadendo all’interno delle Repubbliche autoproclamate. I media russi stanno cercando di affrontare i temi del Donbass il meno possibile. Perché?
– In Russia non c’è una politica chiara rispetto al Donbass... Se sulla Siria circolano molte notizie, là infatti sono inviati volutamente dei giornalisti, sono forniti di immagini esplicative che mostrano la situazione in Siria, qua, invece, dal 2015 i giornalisti russi si possono contare sulle dita della mano. Nel 2014 erano molti, mentre dopo Debaltsevo non ricordo se dalla Russia ne sia arrivato qualcuno. Molto raramente alcuni canali minori hanno fornito una piccola narrazione. L’impressione è che al governo russo non interessino gli eventi in Donbass.
S.: – Ora gli importanti «esperti» sul Donbass sono quelli che dal Donbass sono andati via. Sono loro che commentano ciò che sta accadendo nella DNR e LNR. Altri dicono che hanno lasciato quelle zone perché non hanno nulla da fare in una guerra di trincea. Ecco, per esempio, se inizia l’offensiva-torneremo di sicuro. Cosa ne pensa di questa posizione?
– Sono sempre molti quelli che vorrebbero partire all’attacco: quando vinciamo, si raccolgono i trofei, gli «Ukropi» scappano, «Urrà! rompiamo; gli svedesi cedono.»… (da una poesia di Pushkin, traduzione di Landolfi NdT) Ma la guerra non è fatta solo di vittorie e offensive. C’è anche il faticoso combattimento di posizione, quando ogni giorno sei seduto sotto attacco con solo piccoli avanzamenti di cento-duecento metri avanti o indietro. La resistenza dei combattenti, la resistenza delle unità, dipende proprio da questo tipo di guerra. Quindi, se un uomo è pronto a combattere solo a condizione che «vinciamo noi» e «attaccheremo» – allora non ha nulla a che vedere con la guerra. La guerra non si adatta al desiderio delle persone. O combatti o aspetti che la guerra si adatti alle tue esigenze...
Beh, come sarebbe dire ai miei ragazzi: “combattete senza di me”? Ovvero, sopportate le perdite, soffrite al fronte, e quando la cosa comincerà ad interessarmi, allora verrò. Non credo a queste conversazioni. Quando qualcosa prende avvio veramente, a qualcuno fa male la pancia, altri hanno i bambini a scuola, la moglie dalla dacia che li chiama, si trovano un sacco di motivi per cui non vale la pena andare. Si’, forse e ‘meglio cosi’. La zavorra non è necessaria qui...
G.S.- Alexey, lei è in prima linea da tempo. Non è stanco? Non emerge il desiderio di tornare ad una vita tranquilla? Soprattutto perché non è di Donetsk...
– Non sono un militare. Fino al 2014 i miei interessi si concentravano sulla fisica, la matematica, l’informatica. Quando il Donbass si infiammò, ho cominciato ad aiutare le famiglie dei poliziotti, e altre vittime a Donetsk e Lugansk. E poi avvenne il fatto della Casa dei sindacati a Odessa. E questo è diventato un punto di svolta per me. E non solo perché hanno ucciso cinquanta persone innocenti. Mi ha colpito la reazione degli ucraini a questo evento. I social network si sono riempiti di urla gioiose ”Ah! Hanno incendiato l’ovatta! Sono caduti, gli scarafaggi!” E mi sono reso conto che il fascismo che conobbi nei libri e al cinema era lì, tornato. La guerra è finita, ma il fascismo non è finito. E’ così che sono entrato nella milizia. E combatto ancora. Fatica... Voi che ne dite: quando non esiste più il tempo da dedicare alla propria vita personale, ad un normale pasto, al sonno... Ma non penso alla stanchezza. Faccio il mio lavoro e cerco di farlo bene. Perché da questo dipende non solo la mia vita, ma anche la vita dei miei subordinati, dei miei compagni di combattimento. E tornerò ad una vita tranquilla quando verrà la pace. A quel punto con piacere mi toglierò la divisa e tornerò al computer. Ma penso che questo non avverrà presto... Purtroppo...
Note: La conversazione è stata condotta da Andrei Shiroglazov e Galina Shapkina per Literaturnaia Gazeta – dossier
Il Battaglione (Brigata) «Prizrak»”Fantasma”è una delle formazioni militari di partigiani nella Repubblica Popolare di Lugansk. Il leader più famoso è stato Alexey Mozgovoi, caduto nella primavera dell’anno 2015 a seguito di un attacco terroristico. Il battaglione è nato nell’anno 2014, ha partecipato alle operazioni di combattimento contro le forze armate ucraine nel territorio delle regioni di Lugansk e Donetsk. In tempi diversi è stata composta da 600 a 1000 combattenti. Attualmente fa parte della Milizia Popolare della LNR. Oltre ai residenti di Ucraina e Donbass, la divisione è composta da volontari provenienti da Russia, Bulgaria, Slovacchia e altri paesi d’Europa
* Articolo apparso su Literaturnaia Gazeta http://www.lgz.ru/article/-4-6676-30-01-2019/voyna-upushchennykh-vozmozhnostey/ Traduzione a cura del Comitato Ucraina Antifascista di Bologna https://www.facebook.com/ucraina.antifascista.bo/ con il supporto di Riccardo Sotgia Alena Afanasyeva
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