di Chiara Cruciati – Il Manifesto
L’ultima enclave Isis in Siria è vicina alla liberazione. E vicino alla liberazione sarebbe anche padre Paolo Dall’Oglio.
Le voci che circolano da qualche settimana avrebbero trovato nuove conferme ieri: il
gesuita, rapito a Raqqa il 29 luglio 2013, sarebbe ancora vivo e parte di un gruppo di 23 ostaggi che lo Stato Islamico,
arroccato nel villaggio di Baghuz, sta utilizzando come lasciapassare.
A scriverlo sono il giornale libanese Al-Akhbar e al Mayadeen Tv:
secondo fonti curde vicine alle Sdf (le Forze democratiche siriane
impegnate nella liberazione dell’ultimo pezzo di territorio ancora
occupato dal «califfato»), la battaglia avrebbe rallentato nelle ultime ore proprio per dare una chance alla trattativa in corso «da tre giorni».
«Sarebbe stato concluso un ampio accordo – riporta al-Akhbar –
ma alcune complicazioni ritardano la sua applicazione». Dall’Oglio, il
giornalista britannico Cantlie e altri 21 ostaggi liberi in cambio della
fuga sicura dei miliziani (e tre importanti leader, che spiegano il
negoziato) da Baghuz. Per ora nessuna conferma ma, a differenza
di passate indiscrezioni, stavolta ci sarebbe qualche certezza in più: i
racconti degli ostaggi civili, riusciti a fuggire da Baghuz, comunità
al confine con l’Iraq, confermerebbero.
La leadership Isis è ben consapevole della fine del suo progetto
territoriale, o per lo meno (nella visione del «califfato») di un suo
rinvio: Baghuz, spiegava ieri il portavoce delle Sdf Mustafa Bali, è
ormai circondata su ogni lato. I jihadisti sono arroccati in un’area
molto piccola, senza alternative.
Negli ultimi giorni sono stati evacuati circa 17mila civili:
ridotti in pessime condizioni, affamati e malati, sono stati portati nel
nord-est della Siria, nel campo di al-Hol. Dove però gli aiuti non
bastano perché le grandi organizzazioni internazionali non arrivano: mancano tende, coperte, cibo.
Altri restano a Baghuz, aggiunge Bali, in piena offensiva finale:
«Stiamo rallentando l’avanzata a causa del piccolo numero di civili
usati come scudi umani da Daesh». Tra gli evacuati degli ultimi due
giorni anche miliziani dell’Isis con le famiglie. Le Sdf non danno un bilancio esatto, ma si starebbe parlando di 150-200 islamisti.
Ne sono stati invece liberati 283 nel nord della Siria, spiega
l’amministrazione di Rojava, perché «non coinvolti in crimini» e azioni
armate. Poveri, operai, reintegrati nella società grazie alle attività
di riconciliazione portate avanti nella regione insieme alle tribù.
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