di Stefano Mauro
“Se collaborerete ancora
insieme a Hezbollah, il vostro paese diventerà sempre più instabile”.
Questo il messaggio rivolto a diverse formazioni politiche libanesi da
parte del vice segretario americano per il Medio Oriente, David Satterfield,
arrivato a Beirut la scorsa settimana per preparare la visita in Libano
del Segretario di Stato, Mike Pompeo, prevista per metà marzo.
Il segretario ha incontrato in questi giorni gli “alleati americani” nel paese, tutti appartenenti alla corrente del “14 Marzo”:
le Forze Libanesi di Samir Geagea (incriminato per le stragi di Sabra e
Chatila, ndr), il partito delle Falangi (Kataeb) di Amin Gemayel ed il
Psp del druso Jumblatt. Secondo il quotidiano Al Akhbar
l’obiettivo principale degli incontri era quello di sollecitare nei suoi
interlocutori la necessità di “indebolire l’influenza di Hezbollah nel
governo di unità nazionale” di Saad Hariri. Un obbligo imposto con toni
perentori dall’emissario americano, visto che “gli Usa continuano a
perseguire la loro azione sul Libano che deve inesorabilmente
allontanarsi dalla sfera di influenza di Teheran” e poco importa se
queste pressioni compromettono la stabilità politica del paese.
Satterfield ha implicitamente minacciato i suoi interlocutori
affermando che “la lotta contro l’Iran ed i suoi alleati (Hezbollah)
nella regione è aperta e qualsiasi mezzo è lecito” e ha
ribadito che l’influenza del partito sciita nel paese potrebbe portare a
“sanzioni economiche nei confronti di Beirut”. La missione di
Satterfield si è conclusa con un incontro con il ministro degli esteri
Gebran Bassil e con il primo ministro Saad Hariri, mentre non c’è stato
nessun colloquio ufficiale con il presidente della repubblica Michel
Aoun, considerato dagli americani uno dei più stretti alleati politici
di Hezbollah.
Continua la strategia americana di voler indebolire e
delegittimare Hezbollah, in appoggio agli alleati regionali israeliani e
sauditi. Un’operazione cominciata già lo scorso anno con
l’instaurazione di un’apposita commissione americana che ha il compito di
monitorare e bloccare le entrate economiche estere verso il partito
sciita e che ha coinvolto anche altri paesi europei.
Simultaneamente agli sforzi americani per intensificare una maggiore pressione nei confronti di Hezbollah, infatti, il
ministro degli interni britannico, Sajid Javid, ha annunciato, lo
scorso 25 febbraio, che il governo di Londra aveva interdetto qualsiasi
attività di Hezbollah nel paese, inscrivendo il partito sciita – per il suo ramo politico – nella “lista delle organizzazioni terroriste”.
Indicazioni e pressioni di Washington che, al contrario, non hanno
avuto seguito nel governo di Berlino che si è rifiutato di inserire
Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroriste, riconoscendo al
partito sciita il “proprio impegno nel combattere le organizzazioni
jihadiste” presenti nel Vicino e Medio Oriente: dallo Stato Islamico
(Daesh) ad Al Nusra (denominato ora Hayat Tahrir al Sham, ramo siriano
di Al Qaida).
Nel suo discorso di venerdì 8 Marzo, il segretario generale
di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha indicato che le sanzioni americane e
la classificazione del movimento sciita come organizzazione terrorista
fanno parte di una” nuova strategia contro l’asse della Resistenza al progetto americano-sionista
nella regione”. Secondo Nasrallah gli Usa ed i loro alleati regionali
“tentano in questa maniera di rimediare alle sconfitte sul campo di
questi anni”.
Al di là delle minacce americane, sempre secondo al Akhbar,
crescono le aspettative dei libanesi nei confronti di Hezbollah e di uno
dei suoi principali obiettivi politici: la lotta alla corruzione, uno
dei maggiori problemi del paese dei cedri in un momento di profonda
crisi economica. “Ci troviamo in una situazione che minaccia l’esistenza
stessa del paese – ha avvertito Nasrallah – e ci impegneremo in questa
battaglia per la sopravvivenza del paese come abbiamo fatto nella lotta
contro l’occupazione israeliana”. La lotta alla corruzione e al clientelismo è diventato uno dei principali obiettivi di Hezbollah,
percepito trasversalmente come un partito “onesto e integro” dalla
maggior parte dei libanesi, ed è stata uno dei principali fattori che
hanno portato alla sua vittoria alle elezioni del maggio 2018.
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