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18/03/2020

I giorni che distruggono il vecchio mondo

Velocissimo, senza pause. Il ritmo degli avvenimenti stravolge consuetudini e modi di pensare. E, come sempre, chi si ferma a ieri è perduto.

A ieri, non a un mese fa, ormai un’altra era geologica.

Nulla di quel che ieri era “normale” oggi è più in vigore. Un esempio? Fino a ieri in tutto l’Occidente neoliberista era vietato anche soltanto accennare alla nazionalizzazione delle grandi imprese, anche solo limitatamente ai “settori strategici”. Si rischiava il linciaggio mediatico: “sovranisti” o “veterocomunisti” erano gli epiteti meno corrosivi.

Ieri il ministro dell’economia francese, Bruno Le Maire, esponente di punta del governo ultraliberista di Macron, ha predisposto un piano di intervento da 45 miliardi (il doppio del “bazookino” armato da Giuseppe Conte), garantendo che “utilizzeremo tutti gli strumenti a disposizione” per impedire che le aziende francesi più importanti chiudano o vengano acquisite da capitali esteri.

“Potrà avvenire attraverso una ricapitalizzazione o un acquisto di partecipazioni. Posso usare anche la parola nazionalizzazione, se necessario”.

Il direttore del quotidiano di Confindustria, ossia degli imprenditori italiani, IlSole24Ore, nel suo editoriale si guarda bene dal criticare questa determinazione francese, giustificata con il pericolo che “il crollo delle quotazioni in borsa” le esponga al “rischio scalate”.

È l’esatto opposto dell’antico mantra neoliberista secondo cui tutte le aziende, anche quelle pubbliche, dovevano costitutivamente essere “contendibili”.

Anzi, la critica che viene avanzata al governo Conte è quello di non essere ancora intervenuto “con forza in difesa di quanto resta delle grandi imprese italiane”, ma anche delle piccole e medie, “asse portante” del nostro Paese.

Naturalmente Confindustria non chiede di vedersi nazionalizzare i soci, e spera ancora che una iniezione di “capitali in misura massiccia” permetta di sopravvivere all’attuale “fase di polverizzazione sia della domanda che dell’offerta”.

Come? Nemmeno i padroni sanno più che suggerire, se non l’esigenza generica: “serve inventarsi un meccanismo che permetta di trovare una via d’uscita”. Ma no?...

Con una certezza: “Di sicuro è meglio non farsi illusioni per il fatto che l’Europa [l’Unione Europea, ndr] sta allentando i vincoli di bilancio”, perché alla fin fine “il risultato sarà una crescita importante del debito pubblico e i debiti vanno restituiti”.

Nemmeno una parola, per ora, sul doppio cappio che è stato posto intorno al collo dello Stato italiano fin dal 1981 – da Nino Andreatta – vietando alla Banca d’Italia di partecipare alle aste dei titoli di Stato e consegnando perciò il debito pubblico alla speculazione internazionale. Cui si è aggiunta, dal 2002, l’impossibilità di battere autonomamente moneta, aderendo all’euro, al “patto di stabilità” e in definitiva alle scelte di politica economica più convenienti per i paesi più forti (“l’asse franco-tedesco”).

Tempo qualche giorno, ci potremmo scommettere, e anche questi temi torneranno in prima pagina con il tono di chi l’ha sempre saputa lunga e “perché non si è pensato prima”, dopo aver preteso l’opposto per un trentennio.

Del resto, che vogliamo pretendere da un’associazione di criminali che mentre chiede “misure severe di distanziamento” per la popolazione, contemporaneamente pretende che i lavoratori dipendenti si ammassino sui mezzi pubblici e negli stabilimenti, contagiandosi l’un l’altro e poi rientrando in famiglia a completare l’opera?

Ma sollevandosi dalle miserie italiche, è tutto il mondo ad aver invertito processi economico finanziari ultra-trentennali.

Se Donald Trump, un mese fa, avesse varato un piano di intervento pubblico da 1.000 miliardi di dollari – come ha fatto ieri mattina – i mercati di tutto il mondo sarebbero balzati sulla schiena del “toro” e avrebbero fatto segnare record mai visti.

Stavolta, invece, Wall Street ha fatto segnare un buon “rimbalzo” dopo le perdite sanguinose dei giorni precedenti (+5,2%) dopo aver perso quasi il 30% in meno di un mese. Ma tutte le borse asiatiche ed europee, stamattina, continuano a perdere. In modo abissale Londra (-5%), raggiunta solo ora dalla consapevolezza che il virus sta attaccando una Gran Bretagna dalla sanità quasi completamente privatizzata, e quindi impotente, oltre che da un governo di imbecilli che non dà indicazioni certe sui comportamenti da tenere per limitare il contagio.

Il ragionamento dei “mercati”, davanti a iniezioni di liquidità così imponenti, a livello mondiale, è semplice: “se buttano tanti soldi, la situazione deve essere gravissima, peggiore del 2008”.

E i mercati sono fatti di “capitale fittizio”, che sa bene di essere tale. Un’altra valanga di capitale altrettanto fittizio stavolta non è vista come una manna dal cielo. Non cambia la situazione. E dunque si vende. Si vende ogni tipo di “titolo” (azioni, obbligazioni, titoli di stato di tutti i paesi; meno che quelli giapponesi e statunitensi, ossia dei paesi che stampano moneta a gogo, senza limiti, da decenni).

Ma questa marea di capitale fittizio, enormemente superiore come dimensione al valore delle attività economiche reali (solo quello dei “prodotti derivati”, qualche tempo fa, valeva almeno 12 volte il Pil mondiale...), ha fame di asset reali (aziende, attività immobili, ecc.). Ed ha disponibilità, per quanto fittizie, colossali.

Si capisce che Le Maire lo sappia bene. E che la Francia, come la Germania e in definitiva anche la Gran Bretagna, si possa convertire in poche ora dal “mercato aperto” alle nazionalizzazioni più severe.

C’è da temere, invece, avendo un governo impastato di absolute beginners e funzionari europei “formati” secondo i diktat della Ue, con un'”opposizione” che rappresenta soprattutto i “contoterzisti” delle aziende tedesche.

Quella roba di un’altra era, insomma, che ha già svuotato tantissimo il patrimonio industriale del paese.

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