In certe situazioni occorre cercare di dissotterrare dalle vicende che oggi viviamo delle verità sepolte e rivelarne le possibili tendenze di fondo non visibili al primo colpo d’occhio.
Sono, queste verità, figlie di un dio minore, deboli, emarginate, prodotte da culture sconfitte dalle narrazioni ufficiali perché giudicate irritanti o avvertite come minacciose per l'egemonia dominante.
La situazione attuale in Italia può essere sintetizzata dalla frase “carne da cannone” di Chateaubriand (cit. da Bonaparte e i Borboni). La citazione condannava lo scarso valore attribuito alla vita dei fanti da parte delle alte sfere militari durante la prima guerra mondiale.
Questo ricordo scolastico mi è apparso in questi tristi giorni di epidemia nel vedere in TV le facce preoccupate degli operai costretti al lavoro, per evitare il blocco della produzione, senza alcun rispetto delle norme anti contagio indicate dall’OMS. Ma la stessa cosa ho provato nei confronti di infermieri, medici e tutti gli altri operatori sanitari che mettono a rischio la propria vita per curare i malati e lo stesso sentimento di pena e di preoccupazione per tutti gli altri lavoratori che rischiano la loro vita senza alcun dispositivo di protezione individuale.
È questo l’aspetto più triviale del neoliberismo che mai può permettersi di fermarsi e la cui unica preoccupazione, non sono i morti, ma la corsa sfrenata ai beni rifugio a salvaguardia dei propri privati capitali, senza alcuna pubblica virtù. Ma come valutare questi accadimenti drammatici causati da un’imprevedibile epidemia che per quanto duri presto o tardi, passerà lasciando dietro di se molti lutti?
Una chiave di lettura potrebbe riguardare le relazioni reciproche fra mondo economico-finanziario, il modello produttivo e le disposizioni normative atte a contenere il diffondersi del contagio addestrando la popolazione a un galateo che va ad incidere su costumi, abitudini, stile di vita e consumo di merci e servizi. Le ricadute sul PIL ci saranno, come pure ci sarà l’innalzamento del debito pubblico, conseguenza necessaria per poter racimolare le risorse atte a coprire l’emergenza.
Alla fine ci sarà un salatissimo conto da pagare che nessuno, al momento attuale, sa indicare come pagheremo, sperando di non ricadere nei soliti meccanismi da mattatoio di beni e servizi. Il nostro paese, al di là delle belle parole piuttosto retoriche e dei flash mob che esaltano la solidarietà nazionale e la nostra capacità a reagire, rimane un paese tisico, gracile, soffocato dalla morsa mortale del debito e dal quale è più che mai urgente svincolarsi, chiedendo perlomeno una moratoria o l’attivazione di un’inchiesta sulla sua struttura per poter scegliere cosa pagare e cosa non pagare. La situazione è illustrata dal incapacità di dotarsi di semplici mascherine FFP2 e FFP3 e di altri presidi sanitari di protezione (Lombardia docet). Vergognoso dover ricorrere a collette private per poter potenziare i posti di terapia intensiva (caso del S.Raffaele). Tutto ciò mentre i nostri esponenti politici continuano le loro schermaglie elettorali e lanciano dai loro balconi mediatici retoriche dichiarazioni di efficienza e si esaltano dall’arrivo di fondi miliardari (a debito) da poter destinare alla sanità pubblica per far fronte all’epidemia promettendo milioni di mascherine ancora oggi introvabili. Per non parlare poi delle drammatiche condizioni strutturali del sud che non sarà in grado di reggere l’urto di un eventuale incremento dei malati da covid-19.
Come la storia mostra le epidemie non hanno mai cambiato il mondo né rovesciato i rapporti di forza tra dominanti e dominati o stravolto egemonie. Sarà lo stesso per il covid-19. L’Europa reggerà l’urto virale tra le nazioni o si assisterà ad un ulteriore sgretolamento dell’unione europea? La domanda non è irrazionale basta vedere l’ordine sparso con cui i paesi dell’unione stanno affrontando il problema. Al momento in cui scrivo, gli unici veri aiuti sono venuti dalla Cina. Strana cosa quest’Europa delle élite economiche e non dei popoli che continua ad affrontare localmente un epidemia globale senza alcun coordinamento!
Una cosa al momento è certa, da questa situazione non si esce da soli!
Il virus spingerà l’attuale sistema neoliberale a prendere contromisure atte alla propria sopravvivenza. Ciò alla luce del fatto che, secondo alcuni studi della comunità scientifica, nel futuro ci potrebbero attendere nuove epidemie e quindi il ripresentarsi di situazioni simili a quelle che oggi patiamo. Alcuni hanno immaginato il ritorno ad un etnonazionalismo che protegga dai contagi ma che mantenga la libera circolazione di merci e capitali, altri una ridelocalizzazione di alcune attività produttive essenziali.
Il neoliberismo necessariamente cercherà di vaccinarsi dal contagio per proteggere il funzionamento delle sue strutture di dominio e profitto. Una prima immagine, anche se parziale, delle strategie di difesa messe in campo come avanguardie l'abbiamo già. È lo “smart working”o lavoro agile. La tecnica sappiamo oggi ci domina in tutte le dimensioni e il capitale afferma se stesso utilizzandola per i propri fini. Grazie all’utilizzo delle tecnologie che sfruttano le onde elettromagnetiche si costruiscono autostrade di comunicazione virtuale in fibra di vetro che mettono in contatto in tempi brevissimi i domicili del dipendente con l’ufficio, le utenze, il cliente consumatore di beni e servizi. Il posto di lavoro e le sue attrezzature vengono sradicate. La dolce magione un tempo tempio della vita privata, domestica e intima, viene violata e trasformata in una postazione di lavoro. Tutto a carico del lavoratore salariato con o senza colletto bianco. Scrivanie, schedari, immobili dedicati, strumenti di lavoro, tutto viene buttato e sostituito con il tempio domiciliare dove l’uomo o la donna adeguatamente addestrati mettono il loro bios al servizio del padrone privato o statale che sia, senza limitazioni orarie.
Naturalmente il cambiamento è dettato dallo stato di necessità, dall’economia di guerra biologica che stiamo combattendo. Ciò non toglie che il cambio di paradigma produttivo sia iniziato già da tempo. In un futuro prossimo venturo si può immaginare un domicilio digitale imperniato nel nostro strumento di lavoro (palmare, Ipad, notebook) che ci seguirà in ogni parte del mondo. Con un click si avrà la possibilità da remoto di essere onniscienti e dappertutto con attributi che una volta erano riservati solo agli dei. La mobilità, il nomadismo, l’aggressività che caratterizza questo capitalismo fluido avrà compiuto un ulteriore passo in avanti per affermare il suo dominio senza limiti.
Ma per ritornare all’odierno spostiamo il discorso sul piano etico. Non possiamo non rimanere colpiti da come all’inizio la nostra umana e civile società si è approcciata al virus. Prevaleva la frase : “il virus uccide solo i vecchi è quelli che già sono messi male”. Con questa sorte di morale naturalistica molti si sentivano protetti e immuni al contagio. Tant’è che rimanevano attivi ritmi e abitudini tribali proprie delle tribù urbane che celebrano i loro riti pseudo orgiastici come “baccanti” nelle piazze, sulle spiagge o sulle piste da sci.
Anche lo sport, oramai sfigurato nella sua essenza dal business, non ha dato certo un buon esempio. Tutto insomma continuava a girare come in una giostra carica di pazzia collettiva. Non ci si rendeva conto che si stava andando a schiantarci contro un muro. Poi la paura si è fatta strada negli spiriti grazie anche alla complicità non gratuita dei media e si è trasformata in panico sociale, ma a quel punto la frittata era fatta. L’imprevedibilità e la caducità dell’esistenza domate dalla tecnoscienza riprendevano vigore e cominciavano ad alitarci sul collo tremendamente ogni giorno più vicine man mano che cresceva il numero dei morti e dei contagiati.
L’uomo tecnologico aveva perso tutta la sua arroganza e la sua invulnerabilità sentendosi improvvisamente gettato nudo e senza difese in un mondo dove si entra e si esce dal nulla. La sua illimitata volontà di potenza cozzava contro quel concetto di limite che, una natura troppe volte violentata, reclama da tempo.
Un ultima parola sul versante del controllo biopolitico delle popolazioni e sulle tecnologie preposte. Queste sono state attuate a tappeto in Cina, e non solo, da un capitalismo a due facce centralizzato e liberista, un tipo nuovo di modello di sviluppo rispetto a quello occidentale prettamente neoliberista. Quindi, il versante dello scontro economico potrebbe, in un futuro prossimo, avvenire fra queste due tipologie sistemiche, già in passato venute più volte ai ferri corti anche in conflitti regionali.
Si profilano all’orizzonte scenari allarmanti che fanno presagire oltre alle epidemie anche possibili future guerre tra imperi per il domino sul mondo, scatenata dai nuovi assetti geopolitici, mentre per nulla probabile è il ritorno a vecchi modelli di stato sociale. Il neoliberismo della tecno scienza non solo reggerà l’urto ma si espanderà ulteriormente a meno che non trovi una forza collettiva, organizzata globalmente che possa opporsi al sua volontà di potenza.
Fonte
Osservazioni interessanti seppur in parte scontate e ancora troppo legate al post-moderno.
Sulla Cina, velo pietoso. Quella del "capitalismo a due facce centralizzato e liberista" è una supercazzola priva di qualsiasi senso.
Azzardata anche la previsione sul neoliberismo che terrà botta.
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