Per provare a costruire una comunità di libero scambio che possa mantenere più o meno inalterato il suo surplus commerciale (992 miliardi di USD nel 2024), in attesa che la domanda interna contribuisca maggiormente alla crescita del paese, e per migliorare le relazioni anche con i paesi dell’area sedi di basi militari statunitensi (Giappone, Corea del Sud, Singapore), per allontanare lo spettro di uno scontro nel Pacifico.
Aumentare e mantenere fluidi gli scambi tra gli stati dell’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico (Asean) e della Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep) per Pechino ha dunque una duplice valenza strategica: economica e di sicurezza, come evidenziato dai discorsi che Xi Jinping sta pronunciando durante le sue visite di stato in Vietnam, Malesia e Cambogia.
I vicini asiatici – in particolare i dieci membri dell’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico (oltre al Giappone e la Corea del Sud) – rappresentano quelli con cui la diplomazia e la leadership cinese puntano a rafforzare ulteriormente la cooperazione per minimizzare gli effetti del protezionismo di Donald Trump.
Questa strategia, delineata da Pechino da diversi anni (in risposta al ‘Pivot to Asia’ obamiano del 2011) è diventata più urgente dopo l’imposizione di dazi sulle importazioni cinesi che il presidente degli Stati Uniti ha elevato fino al 145 per cento (la rappresaglia di Pechino si è fermata al 125 per cento, ndr).
Non a caso il primo viaggio all’estero del 2025 (14-18 aprile) ha portato Xi Jinping in tre stati dell’Asean: Vietnam, Malesia e Cambogia. La Cina e l’Asean sono stati il primo partner commerciale l’una dell’altro negli ultimi cinque anni, con un interscambio di 953 miliardi di dollari nel 2024, quasi il doppio dei 582 miliardi tra Cina e Stati Uniti.
Se le tariffe sul made in China dovessero essere confermate al livello attuale o comunque mantenute molto alte, secondo le prime stime Pechino avrà bisogno di uno-due anni per riassorbire la perdita di tutti o parte dei 439 miliardi di USD ricavati dalle esportazioni negli Usa nel 2024.
Incontrando ad Hanoi il segretario generale del partito comunista, To Lam, Xi ha parlato di un mondo «turbolento che sta cambiando», invitando il Vietnam a rafforzare il legami con la Cina non solo nelle catene di fornitura e nell’industria, ma anche nella sicurezza.
Pechino vede il Pacifico anche come il terreno di un possibile scontro futuro con gli Usa e, in quest’ottica, il presidente cinese ha auspicato col Vietnam un coordinamento strategico “3+3”: su diplomazia, difesa e sicurezza pubblica.
Quasi tutti i paesi dell’Asean si sono finora tenuti in equilibrio tra Usa e Cina. I dazi di Trump avranno l’effetto di avvicinarli maggiormente a Pechino, che propone, tra l’altro, di potenziare la Rcep (della quale fanno parte, oltre all’Asean, anche Cina, Giappone e Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda: 15 paesi in tutto, che ospitano il 30 per cento della popolazione e producono il 30 per cento del Pil globale)?
Nella seconda tappa del suo viaggio, a Kuala Lumpur, Xi ha esortato Cina e Malesia a:
promuovere una cooperazione di alta qualità nell’ambito della Belt and Road Initiative e a rafforzare la cooperazione nelle catene industriali e di approvvigionamento. Le due parti devono sostenere il sistema commerciale multilaterale, mantenere stabili le catene industriali e di approvvigionamento globali e preservare un ambiente internazionale di apertura e cooperazione.I suoi vicini asiatici potrebbero assecondare la strategia di Pechino, trattandosi in molti casi di paesi esportatori, in particolare di prodotti tecnologici, pesantemente colpiti dai dazi di Trump, come riassunto nel seguente grafico.
La Cina collaborerà con la Malesia e gli altri paesi dell’Asean per contrastare le correnti sotterranee di scontro geopolitico e di schieramento, nonché le controcorrenti di unilateralismo e protezionismo. La cooperazione Cina-Asean è la più orientata ai risultati e la più produttiva nella regione, la Cina sostiene fermamente l’unità e la costruzione della comunità dell’Asean e ne sostiene la centralità nell’architettura regionale.
Tuttavia Pechino è anche alle prese con una serie di annose controversie territoriali con alcuni paesi dell’Asean. In base al “confine” della cosiddetta “Nine Dash Line” (linea di nove tratti, ndr), la Cina rivendica la sovranità sul 90 per cento del Mar cinese meridionale (Mcm), fondamentale per la pesca di tanti paesi e i cui fondali sono ricchissimi di idrocarburi. Contenziosi che sono fonte di frizioni con le Filippine, il Vietnam la Malesia e Brunei.
Le Filippine, con le quali è più alta la tensione con la Cina sui territori contesi nel Mcm, hanno appena ricevuto dalla Corea del Sud la “Miguel Malvar”, una corvetta armata di missili, per difendere le loro rivendicazioni assieme agli alleati Usa.
Di fronte alla possibilità, offerta dal protezionismo di Trump, di rafforzare ulteriormente i legami con l’Asean, Pechino ha subito gettato acqua sul fuoco di queste dispute. Il presidente cinese ha invitato a «perseguire un modello di sicurezza per l’Asia che si basi sulla condivisione della prosperità come delle difficoltà, sulla ricerca di un terreno comune accantonando le differenze e dando priorità al dialogo e alla consultazione come supporto strategico».
La Cina si consola con il Pil a +5,4 per cento nel primo trimestre, in attesa della tempesta dei dazi
Il prodotto interno lordo della Cina è aumentato oltre le aspettative nel primo trimestre 2025: +5,4 per cento, in linea con l’obiettivo indicato dal governo di raggiungere quest’anno una crescita “intorno al 5 per cento”. Nel frattempo però, questo mese, è cambiato il mondo, con la guerra commerciale senza precedenti dichiarata alla Cina dagli Stati Uniti.
Dunque nel nuovo contesto internazionale segnato dai dazi (145 per centro quelli contro le importazioni cinesi negli Usa) raggiungere una crescita intorno al 5 per cento richiederebbe un forte stimolo fiscale. Per capire le intenzioni di Pechino in proposito bisognerà attendere la riunione del mese prossimo dell’ufficio politico del Partito comunista cinese.
Sheng Laiyun, vicedirettore dell’Ufficio nazionale di statistica (Nbs), nell’annunciare oggi i dati relativi al periodo gennaio-marzo 2025 ha affermato che l’economia «ha avuto un avvio positivo e costante e ha mantenuto lo slancio di ripresa, con l’innovazione che gioca un ruolo sempre più determinante».
Sheng ha però avvertito che «il contesto esterno sta diventando più complesso e grave, la spinta alla crescita della domanda interna effettiva è insufficiente e le basi per una ripresa economica e una crescita sostenute devono ancora essere consolidate».
«Dobbiamo attuare politiche macroeconomiche più proattive ed efficaci, espandere e rafforzare l’economia interna, stimolare appieno la vitalità delle entità di mercato di ogni tipo e rispondere attivamente alle incertezze del contesto esterno», ha aggiunto Sheng.
Il Nbs ha reso noto che le vendite al dettaglio sono aumentate del 5,9 per cento su base annua a marzo, rispetto alla crescita del 4 per cento registrata nei primi due mesi.
È nella domanda interna, in particolare nei consumi, che Pechino ripone grande speranza per trainare la crescita economica quest’anno, in un contesto nel quale è altamente improbabile che la Cina raggiunga un surplus commerciale simile a quello del 2024 (992 miliardi di USD). Nel tentativo di stimolare la domanda interna, il mese scorso governo ha varato un piano in 30 punti volto a stimolare la spesa dei consumatori.
Zhang Zhiwei, presidente e capo economista di Pinpoint Asset Management, ha avvertito che, sebbene l’economia abbia superato le previsioni nel rimo trimestre, «i danni della guerra commerciale si faranno sentire nei dati macroeconomici del mese prossimo». «Le catene di approvvigionamento sono interrotte e probabilmente si manifesteranno effetti a catena in molti paesi. L’incertezza è estremamente elevata per aziende e investitori», ha sostenuto Zhang.
Gli investimenti in capitale fisso da gennaio a marzo sono aumentati del 4,2 per cento rispetto all’anno precedente, a fronte di un aumento del 4,1 per cento nei primi due mesi. Persiste la crisi immobiliare, con gli investimenti nel settore che sono diminuiti del 9,9 per cento nel primo trimestre, rispetto a un calo del 9,8 per cento nei primi due mesi.
Gli investimenti privati, un indicatore della fiducia degli investitori, sono cresciuti dello 0,4 per cento nel primo trimestre del 2025.
Gary Ng, economista di Natixis, ha avvertito che «la persistente pressione sul settore immobiliare e la geopolitica causeranno un rallentamento nei prossimi trimestri. A meno che i tassi di interesse non scendano ulteriormente con un maggiore stimolo fiscale dal lato della domanda, la ripresa potrebbe non durare».
Goldman Sachs ha dichiarato giovedì in una nota che Pechino dovrebbe intensificare le misure di allentamento monetario nel corso dell’anno, con tagli dei tassi di interesse pari a 60 punti base e un ulteriore aumento del deficit fiscale (già portato nel 2025 al 4 per cento dal governo).
Tuttavia – a giudizio della banca d’investimento – «è improbabile che anche queste significative misure di allentamento possano compensare completamente gli effetti negativi dei dazi». La banca d’affari Usa ha abbassato le previsioni di crescita del Pil per la Cina al 4 per cento nel 2025 e al 3,5 per cento nel 2026, in entrambi i casi in calo di 0,5 punti percentuali rispetto alle precedenti previsioni.
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