L’Italia che ripudia la guerra, e accetta sacrifici e sobrietà, non
rinuncia ai 131 cacciabombardieri F35 di fabbricazione americana: un
mutuo nazionale di 14 anni che costa 15 miliardi di euro. Il governo ha
tergiversato, promesso e ritrattato, finché l’ammiraglio, ministro per
la Difesa, ha rimosso scrupoli e risparmi: “Sbagliato cambiare idea”.
Non poteva smentire se stesso, nonostante le incognite tecnologiche che
turbano gli americani e le ritirate strategiche di Australia, Norvegia e
Danimarca. Il protocollo d’intesa (2002) indica la firma di Di Paola,
all’epoca segretario generale al ministero nonché componente Nato.
Non è mai semplice per la Difesa sigillare operazioni miliardarie. E il
ministro è protagonista di una seconda vicenda. L’’ex responsabile
armamenti Di Paola, che conosceva la pratica per l’incarico che
ricopriva (marzo 2001-marzo 2004), ricorderà il putiferio per l’adesione
italiana al consorzio europeo – con investimenti totali per 25 miliardi
di euro, di cui 8 a carico di Roma – per la costruzione di 175 Airbus A
400 M, un quadrimotore per il trasporto militare. A distanza di 11
anni, oggi, cadono le resistenze diplomatiche e le ritrosie personali,
allora si può raccontare perché l’Italia deluse francesi e tedeschi.
Quelli che aspettano la consegna del primo esemplare con 6 anni di
ritardo, esordio previsto per il 2007 e rimandato al 2013: “Ho avuto
impressione che intorno a quell’affare ci fosse un enorme giro di
tangenti, io ne fui testimone, e così scrissi una lettera al presidente
del Consiglio”, denuncia al Fatto Rocco Buttiglione, ministro per le politiche europee nel governo di Silvio Berlusconi che annusò per primo le maniere sporche.
Torniamo indietro con il calendario: fine 2001, inizio 2002. Il ministro per la Difesa è il professor Antonio Martino, tessera di Forza Italia numero 2. Martino ripercorre l’intricata vicenda nel libro Presidente, ci consenta di Angelo Polimeno: “Divento ministro l’ 11 maggio, il generale Rolando Mosca Moschini mi
dice che l’indomani dovevo siglare l’accordo. Non sapevo di cosa si
parlasse, e chiesi chiarimenti agli ufficiali che se ne occupavano”.
Martino convoca Di Paola (e un generale): “Mi spiegano che si tratta di
un aereo particolare per il trasporto, un prodotto di un progetto
europeo. Domando: ‘Ci serve?’. Le loro risposte non mi paiono
convincenti”. Non si fida, il ministro, e respinge le pressioni. Chiama
il capo di Stato maggiore per l’Aeronautica, Sandro Ferraguti:
“Generale, qui dentro siamo soli, mi spieghi se l’apparecchio è utile
per le nostre esigenze”. Ferraguti è sincero: “Ministro, se me lo
regalassero, non saprei cosa farne”.
Il governo annuncia di voler rivedere il progetto: protestano i
Democratici di Sinistra, la Margherita, Alleanza Nazionale, un pezzo di
Forza Italia e, soprattutto, il ministro Renato Ruggiero
(Esteri). Passa un mese di violente polemiche, audizioni in parlamento,
interrogazioni urgenti, riunioni segrete. In visita al salone
aeronautico di Parigi, dove i francesi mostrano le innovazioni
tecnologiche più raffinate, il 20 giugno 2001, l’ammiraglio Di Paola
rassicura gli alleati: “Non c’è alcun mistero dietro la mancata firma
del governo – riporta l’archivio Ansa – al memorandum di intesa sul
nuovo aereo di trasporto militare realizzato da Airbus. Si sapeva che
non si sarebbe firmato ora, ma spero che prima possibile, entro
settembre, arrivi la firma. Speriamo sia una questione di settimane e
non di mesi”. Il responsabile armamenti dimentica, però, che l’Italia
aveva già stipulato dei contratti per noleggiare velivoli
sostanzialmente identici seppur di vecchia generazione.
Il nervosismo dei ministri ammazza le speranze di Di Paola: il 25
luglio, in Commissione Difesa a Montecitorio, si rifiuta di commentare.
Ruggiero parla per mezzo di comunicati ufficiali: “Il ministro difenderà
fino in fondo le sue tesi: la partecipazione italiana è necessaria”.
L’ex direttore per le relazioni internazionali di Fiat, che
simboleggiava la tregua fra l’avvocato Agnelli e il Cavaliere, si
dimetterà il 6 gennaio 2002. Dice Martino di Ruggiero: “Non aveva
interessi personali, ma intorno a questa operazione c’erano ovviamente
molte attese. La famiglia Agnelli avrebbe guadagnato qualcosa come mille
miliardi di lire (500 milioni di euro, ndr)”. Servono 11 anni per
scoprire perché l’Italia abbandonò quell’operazione, che succhia ancora
milioni a 8 paesi europei. Nel Consiglio dei ministri decisivo, Martino
indica l’onestà di Buttiglione, e un fallito tentativo di corruzione.
Tutti sanno l’origine dei dubbi, nessuno, però, si rivolge ai
magistrati. Il vicepresidente di Montecitorio Buttiglione ricostruisce
l’episodio: “Una persona notoriamente vicina al governo francese, quando
cominciai il mio mandato (e dunque a metà 2001, ndr), aveva iniziato un
discorso non proprio impeccabile. Mi faceva intuire che fossero pronte
cospicue offerte in denaro se avessimo sostenuto il consorzio per
l’Airbus. A quel punto, interruppi il discorso. Ritenni mio dovere
avvertire Berlusconi. In quei giorni circolavano voci sui modi poco
trasparenti per coinvolgere nel progetto gli altri paesi europei. Ho
avuto impressione che intorno a questa commessa ci fosse un enorme giro
di tangenti. Quell’affare poteva compromettere i nostri rapporti
diplomatici con alcuni alleati europei”. E così l’Italia ha risparmiato 8
miliardi di euro e un investimento pericoloso. Già nel 2002, in
Germania, la Corte federale dei Conti giudicò eccessiva e costosa la
commessa di 73 A 400 M pagati 8, 3 miliardi di euro. Con il tempo che
s’è perso, la Germania con quei soldi potrà ricevere 60 esemplari.
La spesa complessiva supererà i 25 miliardi di euro: per l’esercito
tedesco, il primo modello di A 400 M è in fase di collaudo, e ci resterà
per tre anni. La commessa è fuori controllo: diminuisce la quantità,
crescono i costi. Un problemino che riguarda pure il caccia F 35, che si
vendeva a 80 milioni e adesso sfiora i 130. Prima di accendere un mutuo
di 15 miliardi, forse Di Paola potrebbe rifletterci ancora un pochino.
Fonte.
Lo scandalo Lockeed è un sempreverde della nostra pseudo democrazia.
Nessun commento:
Posta un commento